Per carità, la cerchia delle mie amicizie virtuali e reali non può essere considerata un campione rappresentativo di alcunché. Neppure i blog che scorro sono molto significativi, pur leggendo di tutto e di qualsiasi polarizzazione. Però, da quanto “annuso” in giro, quotare Monti al 25% – seppur potenzialmente -, ma anche solo al 12%, mi sembra lunare. Mi rendo conto che il Corriere, Repubblica, la Rai nella sua quasi interezza, Il Sole24Ore abbiano un peso enorme, ma far passare per “nuovi”, “riformisti” e “innovatori” personaggi come Casini e Fini è una operazione anche più difficile di riuscire a convincere l’opinione pubblica che Cicciolina sia ancora vergine.
Indubbiamente qualcuno che voterà per il senatore a vita ci sarà, ma credo che, allo stato attuale, il Professore potrebbe avere dei problemi anche a superare l’8% dello sbarramento al Senato. Alla Camera è anche peggio. Fli, con il nome di Fini ben stampigliato sul simbolo, potrebbe anche fare a meno di partecipare: quasi tutti i sondaggi lo danno tra l’1% e il 2%. Casini, di poco sopra lo sbarramento del 4%, rischia pure lui. Riccardi e Montezemolo (o chi per loro), unici alla Camera a poter fregiarsi del simbolo di Monti, non sono facilmente misurabili, ma anche in questo caso i sondaggisti, soprattutto alcuni, sembrano fin troppo generosi.
Se il successo elettorale di Monti non è affatto evidente e scontato, comunque tutto da dimostrare, una cosa è però già riuscita perfettamente al Professore: rianimare un Cav. dato troppo presto per morto e sepolto. Sul piano della comunicazione politica gli ha spalancato intere praterie. Mentre l’ex advisor di Goldman Sachs si trastullava con le faccine di Twitter, Berlusconi sparava ad alzo zero un efficacissimo slogan contro Monti, Fini e Casini, definendoli «trio-sciagura». Semplice, sinteticissima e azzeccata definizione che faranno molta fatica a scrollarsi di dosso per tutta la campagna elettorale. Definizione che da sola vale milioni di faccine.
Oscar Giannino, già nipotino di Cuccia, si è tagliato le gambe da solo chiedendo dialogo al Professore e non ricevendo risposta alcuna. L’effetto trasmesso alla potenziale base elettorale – che per troppo tempo è rimasta disorientata, non sapendo se Giannetto si sarebbe schierato contro o pro Monti – è stato disastroso: “Vengo anch’io.” “No tu no” “E perché?” “Manco ti rispondo”. Colpito e affondato, anzi auto-affondato. Spiace per i molti amici di grande valore che si stanno dannando per far crescere questa lista, ma la loro campagna elettorale si potrebbe fermare anche qui. A ciò si deve aggiungere l’offerta equivalente e competitiva di “Fratelli d’Italia”, almeno nella parte rappresentata da Guido Crosetto, e che sottrarrà non pochi voti a “Fare”, rimanendo satellitare al Pdl.
Ingroia è piuttosto in difficoltà, dovendo già registrare delle defezioni, e forse solo qualche rito Maya sarà in grado di evitarci il suo ritorno al mestiere di pm. Grillo ha fermato la sua crescita che sembrava inarrestabile quando ha dato prova di una sua personalissima concezione di democrazia di stampo hitleriano e il suo consenso, allo stato un pesantissimo 15% -16%, in Parlamento conterà in modo episodico e tutto da vedere, data la politica aventiniana imposta al movimento.
Bersani, finché il gradimento regge, abbastanza al riparo con Grasso dai colpi della magistratura (la quale prima o poi, in queste elezioni, entrerà a gamba tesa), giustamente sta alla finestra, preoccupato soltanto di tenere a freno Vendola.
Pure Tremonti si è fatto il suo partitino «3L-Lista Lavoro Libertà» e la sua prima iniziativa (priva di speranza alcuna) è quella di ricorrere alla Consulta contro la tassa sugli immobili considerata “incostituzionale”. Non è dato a sapere cosa ne pensi Marco Milanese, mentre Maroni pare ne sia rimasto entusiasta. Proprio la Lega Nord è una incognita, vera mina vagante di queste elezioni, sotto attacco della magistratura, ma sempre forte del suo storico “zoccolo duro”. Di errori ne ha compiuti tantissimi, non ultima la candidatura di Roberto Maroni alla presidenza della regione Lombardia: mai un leader politico, vertice di partito, dovrebbe darsi un obiettivo minimo, locale e circoscritto anche se questo è rappresentato da una Regione importantissima come quella lombarda. Berlusconi, da sempre ammalato di ecumenismo improprio e mai pago dei propri errori, dovrebbe semplicemente ignorare la Lega Nord, non inseguirla. È la Lega che si è rinchiusa da sola nelle valli, è la Lega che senza Berlusconi non può nemmeno sperare di vincere in Lombardia. Ed è sempre la Lega che per governare Veneto e Piemonte ha bisogno del Pdl.
Berlusconi dovrebbe solo aspettare, la sua crescita è inevitabile (e quindi la sua forza di gravità) perché – piaccia o non piaccia – è l’unica alternativa che non sia di taglia bonsai ad opporsi a Monti e Bersani. E in questo Paese non si vota per qualcuno, ma contro. Quasi sempre.
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