Se io fossi un leader politico, di destra o di sinistra, innanzitutto chiederei scusa agli italiani per tutto il male, pur senza disconoscerne i non pochi meriti, che la classe politica ha fatto all’Italia, dai Governi provvisori sorti dopo la caduta del fascismo (1943) ai Parlamenti repubblicani, fino ai tempi nostri, passando per la Costituente. Tutte le forze politiche – ma specialmente le maggiori, Dc e Pci – hanno badato più al loro “particulare” che non all’interesse generale, più protese alla conquista e mantenimento del potere che a modernizzare il Paese al passo delle democrazie evolute dell’Occidente. Ad esempio, pur essendo tra i fondatori della Convenzione europea dei diritti umani – che nel 1950 delineò un mirabile modello di legalità europea -, non solo non abbiamo adeguato le strutture istituzionali a quel modello ma siamo il Paese più condannato dalla Corte di Strasburgo per ogni tipo di violazione di quella Convenzione.
A prescindere da tale ed altre simili manchevolezze delle forze politiche, se io fossi al posto di qualsiasi leader della sinistra chiederei scusa per le menzogne propinate agli italiani dal Pci, che prometteva il paradiso in terra. Tutto falso, come ha dimostrato la parabola del regime sovietico: diceva Alexander Solzenicyn (F. Furet,“Il passato di un’illusione”) la menzogna, più che l’oppressione, è il connotato più odioso del comunismo, connotato che è nel dna di ogni partito comunista (oggi i comunisti non si chiamano più così, ma “democratici”, epperò il nuovo acronimo non vale a dissimulare la realtà del vecchio regime comunista, realtà che non riescono o non vogliono rottamare). Il guaio è che non si è trattato di una innocua illusione, ma di una ideologia (e di una pratica politica) che ha permeato di sé il nostro sistema politico-istituzionale e buona parte della cultura, impedendo l’evoluzione dell’Italia verso i lidi di una democrazia occidentale, evoluta e garante per tutti.
E bisogna pure ricordare la corresponsabilità, a questo riguardo, della Dc, che, in tutt’altre faccende affaccendata, ha lasciato campo libero ai comunisti, consentendone l’egemonia nelle istituzioni pubbliche e nel campo della comunicazione. Anche i reduci di quel partito, ormai relitto storico, dovrebbero chiedere scusa a milioni di italiani.
Se poi fossi leader del centrodestra, chiederei scusa al suo elettorato per il mancato cambiamento del sovietizzato sistema Italia. Berlusconi, che nel 1994 prometteva di fare dell’Italia un Paese liberale, non tanto conosceva poco l’ideologia liberale ed il relativo sistema politico-istituzionale, quanto non si rendeva conto che in Italia esisteva un poderoso blocco di potere ostile a qualsiasi cambiamento che mettesse in pericolo interessi costituiti. E tale blocco di potere ha il suo perno nel partito comunista, comunque ora questo si chiami.
E, inoltre, chiederei scusa per il fatto di avere esso Berlusconi abbandonato il proprio popolo in mezzo alla grave crisi economica, a carattere supernazionale, lasciandolo in balia di interessi estranei alle esigenze popolari.
Senso di responsabilità? Ma non è il popolo in democrazia arbitro di decidere della propria sorte? Certo non è il Presidente della Repubblica o il Presidente del Consiglio e tanto meno la Cancelliera tedesca: se erano necessari grandi sacrifici, cui i cittadini sarebbero dovuti sottostare, la relativa decisione politica avrebbe dovuto avere il consenso del popolo, non avrebbe dovuto essere imposta, ancorché per il tramite del nostro Capo dello Stato, da un Governo che non è stato eletto dal popolo e che al popolo avrebbe dovuto esporre un programma ed averne il consenso ed al popolo dovrebbe rendere conto.
Se io fossi stato il presidente Berlusconi avrei riattivato, nell’emergenza, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), che è organo costituzionale (art.99 Cost.) ausiliario del Governo e del Parlamento, composto di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del capo del Governo.
Senza questi doverosi atti di contrizione i politici – tutti i politici che hanno consentito il Governo dei tecnici e, quindi, la sospensione della democrazia – non potranno sperare di riconquistare la fiducia del popolo sovrano.
Ma sarebbe, questa, la più grande iattura per il nostro Paese perché potrebbe preludere al ritorno della dittatura (che molti italiani sono tentati di desiderare). I partiti sono strutture essenziali della democrazia, per il suo essere tramite tra il popolo e le istituzioni sempre, bene intesi, che siano gestiti con metodo democratico (art. 49 Cost.) e da persone capaci ed oneste, che mirino al soddisfacimento dell’interesse generale e…non rubino: l’arrembaggio senza ritegno alle casse dello Stato, come sta accadendo da noi da molti lustri, è un danno per la collettività, maggiormente grave ed intollerabile in questo momento critico dell’economia, moralmente inaccettabile, quando si chiedono ai cittadini (ma solo ad essi, non alla casta) sacrifici fatti di lagrime e sangue. Ed il fenomeno è andato oltre ogni limite di tolleranza, è diventato indecente; onde se io fossi legislatore farei una legge draconiana: chi ruba va fuori dal Parlamento, da ogni altra istituzione pubblica, senza pietà.
Ma – sempre se io fossi un leader deputato a governare – presenterei agli elettori, oltre alle scuse, un programma di poche ed essenziali cose, concrete e fattibili, non le solite promesse, peraltro sfornite di indicazioni circa il modo per realizzarle.
Una primaria esigenza è quella di rimettere in moto il sistema produttivo: se si ricomincia a produrre ricchezza (il famoso Pil) e si esce, quindi, dalla recessione, il primo aspetto della crisi, che ora ci attanaglia, sarà superato. Io, solo orecchiante di economia, ma sono convinto che per uscire dal tunnel occorra diminuire la spesa pubblica, enormemente lievitata sia per attuare un Welfare eccessivo e non plausibile, sia per soddisfare le fameliche attese di una pletorica classe politica (e relativa clientela), Taglierei, quindi, non con le forbici ma con l’accetta, a cominciare dai parlamentari, essendo sufficienti cento-duecento deputati e cinquanta-cento senatori (prenderei esempio dagli Usa). E abolirei i senatori a vita (art.59 Cost.) perché, a prescindere dal loro costo, alterano, come osservò Terracini all’Assemblea costituente, la fisionomia politica del Senato quale risulta dalle elezioni.
Le modifiche, in tal senso, del Parlamento non solo farebbe risparmiare alle esangui casse dello Stato risorse che potrebbero essere impiegate in investimenti produttivi, quanto renderebbe più funzionale questa importante istituzione democratica. Oggi, specialmente se si irrobustisse il ruolo del Governo e si avesse il capo dello Stato eletto dal popolo, come da più parti si auspica, le funzioni del Parlamento conseguentemente si modificherebbero e si ridimensionerebbero.
Altri problemi urgono, attinenti alla configurazione liberale dello Stato.come ho sostenuto in varie sedi: qui mi limito a ricordarne solo due, a mio avviso essenziali in uno Stato di diritto a stampo liberale: l’assetto della magistratura ordinaria e quello della Corte costituzionale, oggi organi intinti nella politica ed in particolare nella sinistra, che impediscono il corretto funzionamento del sistema democratico, giungendo persino a sovrapporsi alla volontà popolare.
Se io fossi nelle condizioni di prendere delle decisioni, opterei per la elettività dei 15 giudici costituzionali: il criterio attuale di nomina (5 nominati dal Parlamento in seduta comune, 5 dal Presidente della Repubblica, 5 dalle Supreme magistrature ordinarie ed amministrative), è, a mio modesto avviso, alla base della degenerazione della funzione nel controllo politico dei provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionalità. Per altro, la Corte è esente da ogni rendiconto democratico: il che significa irresponsabilità dei giudici per l’esercizio del potere, classica anomalia nel sistema democratico.
Ma il più grave dei problemi è dato dall’attuale, incostituzionale, assetto del potere giudiziario (la magistratura), che configura un super potere, sia perché incorpora l’ufficio della pubblica accusa, di pertinenza invece del potere esecutivo, al quale è sottratto, sia perché è potere burocratico e, tuttavia, illimitatamente irresponsabile. Come tutti possano constatare i pubblici ministeri, in quanto si sono attribuiti la stessa indipendenza dei giudici, sono in grado di rivoltare a loro piacimento sia il sistema politico che la società civile. Situazione questa intollerabile in una democrazia basata sul principio della responsabilità.
Onde se io fossi… darei scacco matto a questo potere incostituzionale attuando la Costituzione, tradita dai cattocomunisti, portando la giustizia ai livelli di un grande Paese dalle gloriose, millenarie tradizioni di civiltà giuridica.
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