La fisiognomica è una ʺscienzaʺ vecchia, che pretenderebbe rispondere al quesito: si puó dall’aspetto fisico d’una persona, e dal suo volto, dedurre le qualità del suo animo? Fino a Cesare Lombroso, et ultra, la risposta è stata spesso positiva. Hegel, che non era affatto convinto dell’asserto fisiognomico, in un noto passo spiega che talora sembra che tale scienza esista sí, ma a contrario e in modo imprevisto: come quando, egli dice, la scostumatezza d’una donna genera subito due fisiognomiche bozze frontali -, ma sulla fronte del marito. Uno Hegel lepido è merce rara, dunque davvero interessante!
Giovanbattista Della Porta, Lavater e fisiognomica a parte, la nostra epoca massmediatica spesso dà ragione ai fisiognomisti: l’umanità attuale tende a perdere la vecchia ricca varietà di aspetti fisici. L’uniformarsi delle coscienze va generando l’uniformarsi del soma. In Francia, ad esempio, il diffondersi della mentalità ʺmoderno-contemporaneaʺ sta allevando un tipo d’uomo inedito. I giovani non somigliano più ai propri genitori, ma si uniformano ad un tipo standard: un roseo spilungone dolicocefalo, dinoccolato, dalle orecchie a manici di pentola e dall’aspetto un po’ assente.
Vien da pensare, cosi’ in modo superficiale, che l’umanità ideale dovrebbe essere si’ variegata, ma non troppo: proprio perché si dovrebbero coltivare idee di genere diverso ma di specie affine. La concordia discors è l’ambiente più adatto all’uomo civile. Riconosco pero’ che queste sono chiacchiere. Da noi in Italia, dove vige – credo da secoli – la fertile dissonanza del ʺtutti contro tuttiʺ, ditemi voi quale dovrebbe essere il ʺtipoʺ italiano? La diversità delle etnie storicamente stratificatesi spiega il nostro polimorfismo solo in parte.
Dunque: in Italia, diversificazione spinta. Ma – un momento. Si sta creando da noi un fenomeno di tipo inedito: spunta il ʺsomaʺ da collocazione sociale ed etica annessa, quasi un soma da professione, strato o ʺclasseʺ. La sociologia tradizionalmente di sinistra va conquistando forse una stramba realizzazione?
No so. Ma io un ʺsessantottinoʺ lo riconosco da lontano: volto, barba, tono di voce protervo-belante, scemenza galoppante, ahimé quasi ʺcoloreʺ della pelle (sono tutti un po’ palliducci). Cosi’ come riconosco il sopravvivente fascista, faccione un po’ da prepotente ipocrita, tono insinuante ma tonto, barba mal fatta e un zeste mortuario. Céline, sempre esagerato, sosteneva che ʺi fascisti si portano dietro il proprio cadavereʺ.
Il tipo democristiano è un classico della fisiognomica: lasciamo perdere. Non oso tentare di caratterizzarlo: passo a voi il compito. Diro’ solo, cosi’ a titolo indicativo, che è facile ritrovarlo sui tratti di un Casini. Oppure volete il tipo umano ʺsubdolo convergente-paralleloʺ? Eccovelo: Veltroni. C’è del cattolico giaculante nel suo vendicativo sorrisetto sebaceo.
Mi direte: altolà, stai dando nel razzismo. Si’, lo ammetto, ma a contrario. Sono un tipico razzista che si pregia di pertenere al campo dei non-razzisti. Mi fa accapponare la pelle il conformismo, ogni conformismo, e orribilmente quello politicalcorretto. Riconosco i miei confratelli, ʺrazzisti sottosopraʺ, nelle persone del seguente tipo: un po’ sudaticce, un po’ timide, estranee ad ogni logica di comando o comportamento prepotente, troppo pigre e fin dall’inizio smagate per darsi da fare nella perpetua lotta sociologica del primeggiare. Un aneddoto appartenente al mio passato illumina bene questo modo d’essere:
Da giovane studiai medicina, e nel ’58 mi trovai mio malgrado alle prese coi cadaveri di Sant’Andrea delle Dame. La Facoltà di Medicina di Napoli a quei tempi era ancora prescelta, anche da stranieri, proprio per questa ricchezza di spoglie umane, dovuta alla miseria della gente. Vi era, all’Ospedale degli Incurabili e altrove, il triste uso di proporre ai moribondi e ai loro congiunti l’acquisto del ʺmaccabeoʺ prossimo venturo. Terribile.
Il Direttore di Facoltà, il famoso anatomista e anatomopatologo Gastone Lambertini, un bel giorno affido’ al sottoscritto ed a un altro paio di somari il compito di ʺpreparareʺ (=nel gergo anatomico, dissezionare un organo in modo da evidenziarne le componenti) tre encefali, uno per ciascuno. Colpo di fortuna: avevo studiato da poco la topografia della base cranica e del cervello, e dunque il compito mi riusci’ abbastanza facile. Diro’, con qualche orgoglio, che la mia ʺtestaʺ riusci’ un vero modello di ʺpreparatoʺ anatomico.
Il professor Lambertini, incacchiato nero, mi fece chiamare e mi intimo’ con severità di confessargli a quale degli assistenti avessi fatto ricorso per ottenere un encefalo cosi’ ʺbelloʺ. Risposi ovviamente, sudato fin nel collo della camicia, che era tutta… opera mia. Lambertini si mise a stranazzare come un pollo ammattito: ero dunque non solo un impostore, ma anche un incallito bugiardo!
La mia disperata battaglia in difesa della verità duro’ ancora solo pochi secondi, e poi ʺconfessaiʺ, mentendo pro bono pacis e, diro’ ancora, ʺper quieti viveriʺ , che mi ero fatto colpevolmente aiutare dal dottor Goglia. E questo è tanto: quello qui sopra descritto è il mio modo di convivere col resto degli umani. La pace anzitutto, e saluti a casa.
Come volete che un tipo simile sia ʺrazzistaʺ alla maniera consueta? Io sono naturalmente razzista a favore dei ʺmosciʺ come me, e basta. Mosci che, peró, di solito hanno il solo pregio di non essere faziosi.
Ma basta con le questioni personali. Torno alla diversificazione per ʺcetiʺ o strati o classi, tipica degli Italiani d’oggi. E, per non farla troppo lunga, vi chiedo in tutta coscienza quanto segue: non avete notato, tra un Belsito, un Lusi, un Fiorito, una incredibile, inaudita analogia morfologica? Dite la verità: sembrano fratelli sputati: stesse cervici, stesse collottole grasse, stesso sottogola bombé, stesso sorriso appena accennato ma molto spalmato di sugna…; diciamola tutta: stesso stessissimo tipo norcino.
Prevedo già la vostra protesta: ʺmacché, se cosi’ fosse i mascalzoni, in Italia, non sarebbero poi tanti!…” Ebbene, ho la risposta pronta, ed è a due tempi: primo, sidera inclinant, non destinant, che, tradotto alla maniera libera, significa: non è detto che per essere mascalzoni si debba essere cosi’ tanto norcini, senno’ avremmo i parlamenti, i partiti, le assemblee politiche, le riunioni ammistrative di Stato e non, tutti zeppi e strapieni di maiali piccoli, medi e voluminosi.
Senonché – risposta seconda – come suona il detto partenopeo: ʺRicette ‘o pàppece ‘mbacci’a noce: ramm’o tiempe ca te spertosoʺ, cio’ che, tradotto ʺa sensoʺ, vuol dire: il maialesco fenomeno è in corso, anche se in rapido sviluppo -; dico che siamo solo agli inizi, date tempo al tempo e vedrete quale pullulare di maiali italici! Altro che Parma e San Daniele! Il Prosciutto di Mascalzone sarà il più diffuso, anche se forse proprio per questo il meno richiesto.
Prosciuttifici del genere, poi, abbisognano di molte e complesse unità produttive ʺa monteʺ. Una delle più indispensabili è una Magistratura adatta allo scopo di creare la materia prima: suini sempre più perfettamente tali, facce ʺdi cornoʺ sempre più impunite, alla Ciancimino, sensibilità sempre più vergognosamente spietate, fauci sempre più spalancate, dignità sempre più assenti. Aspettate e vedrete, ci siamo quasi. Il nuovo tipo sta già intasando le catene di produzione.
Un’ultima domanda, rispettosa e dimessa: non pensa il Presidente Giorgio che sarebbe il caso di regolare la materia? Per carità, non nel senso di creare una postprandiale certificazione d’origine (ch’è del tutto superflua); ma nel senso opposto di limitare per legge la produzione stessa, cosi’ come si fa coi vini di pregio. Il troppo storpia, e un popolo di mascalzoni troppo gremito di mascalzoni rischia di funzionare male. Sta già accadendo, domandatelo ai pensionati (quelli a 600 euro al mese, neh, non quegli altri alla non so chi, dico quelli a tremila euro al giorno). Certo, il filosofo che diceva che la rivoluzione e le relative batoste non sono suscitate e prodotte dalla fame, ma ʺdal ricordo della fameʺ, forse non aveva torto (Italo Svevo era d’accordo con lui); ma d’altra parte dovete riconoscere che porcaggine come quella odierna è cosa del tutto nuova; i filosofi che sapranno analizzarla sono ancora di là da venire; la specializzazione in porcologia, benché urgente, è ancora da istituire.
Io posso parlare del mio modesto avviso. E dirò che questa società di maiali, di giorno in giorno più folta e proterva, ormai mi fa non solo sanguinare il cuore, ma girare la testa e rivoltare lo stomaco. Basta ingiustizia, basta dolore, basta miseria senza scampo. Basta, basta, per carità! Porconi (cazzoni, dice Ferrara), giù in ginocchio; pentitevi, e cercate di tornare alla Casa del Padre! E ho trovato ancora una nuova forma di razzismo, che mi va a pennello: sono un razzista che simpatizza coi diseredati, coi pensionati, con la gente pulita costretta ad economizzare persino il sapone.
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