Mi propongo di richiamare brevemente l’attenzione del lettore su certe dichiarazioni di Lucia Annunziata, politicamente insignificanti, ma che tradiscono con chiarezza l’origine non eccelsa della mentalità della giornalista. E’ un argomento di pregio nullo, neppure «di nicchia»: a chi preme l’ideario dell’Annunziata? Ma la nota, assai breve, sarà istruttiva per mostrare quanto sia difficile liberarsi delle stigmate succhiate col latte.
Nota brevissima, dunque. Tanto che ne approfitto per infilare qui, anzitutto, un altro breve intervento dedicato alla incompletezza di quanto ho scritto qualche giorno fa sul «pensiero unico». Una incompletezza che ha forse ingenerato nel lettore legittime perplessità.
Il tema del mio precedente scritto, che qui intendo completare, riguardava il fatto che finalmente siamo di fronte ad un superamento “per stanchezza” del pensiero unico di sinistra. Forse accolsi tale superamento in modo troppo festoso, e pertanto ottimistico…; un modo fuori luogo, data la tragica severità del presente? Ma vediamo.
Anzitutto, tralasciai di registrare i consimili sfaldamenti, anch’essi gravi, che si notano a destra: vedi caso PdL-Lega, ad esempio. Ma non sono stati prodotti da fissazioni teoriche. E poi il fatto è che la perdita del senso della realtà, a sinistra, è malattia vecchia, una malattia che ha fatto danni per mezzo secolo e più nella vita politica italiana.
E’ vero, nel mio articolo mancava la considerazione finale riassuntiva, ch’è la seguente. Il pensiero unico è un contenitore pericoloso, nel quale si può infilare di tutto. Tutto può diventarvi fissazione maniacale. Così, nel pensiero unico di sinistra si cominciò con l’idea che il proletariato sia la classe «liberatrice»; che la struttura faccia sempre premio sulla sovrastruttura; che la religione è «oppio»; che la storia porta irresistibilmente al «regno della libertà», etc. Ma il progressivo cadere d’ogni illusione, e pertanto della corrispondente fissazione, ha portato – come sempre accade col pensiero unico – non al progressivo liberarsi del pensiero stesso, ma bensì all’inserimento di nuove fissazioni succedanee. Certo: dove il pensiero diventa «munizione» (come accade appunto nel pensiero unico), ogni proiettile è buono per far la guerra. E così si è giunti all’esame dei costumi sessuali di Berlusconi; alla valutazione dell’età media delle escort; al controllo del numero di ragazze invitate alle feste, minorenni o supponibili tali; allo stato delle sale da toilette sia di Arcore che delle ville di Sardegna, etc. Voi direte: ma quanto è strano tutto ciò! Sì, d’accordo, è molto strano, ma bisogna chiedere spiegazioni non a noi, bensì a persone bene informate quali Michele Santoro, Marco Travaglio etc.
La situazione economica è grave, gravissima, da molto tempo; ma, finché c’è stata questa fissazione maniacale «contro» Berlusconi, alle dolenti note della economia nostra e mondiale si continuava a rispondere descrivendo con indignazione la attività sessuale che si teneva ad Arcore, l’età delle fanciulle invitare a pranzo ed a cena; le inammissibili festicciole in Sardegna e non so più dove; le zoomate che un fotografo attento e paziente scattava per descrivere in qual modo Topolanek si faceva il bagno chez Berlusconi; la qualità della biancheria intima di tutti i partecipanti ed al grado di nitore e pulizia della medesima, etc. etc. Tale l’ispirazione del «pensiero unico» allora vigente.
Oggi, anche dopo i fiaschi politici ed economici registrati in Europa e nel mondo intero, si continuerebbe ancora così se il «pensiero unico di sinistra» continuasse ad imperversare sovrano. La gravità della situazione esige di smetterla con indagini tra lenzuola e materassi? E’ vero, ma queste stramberie erano assolutamente fuori luogo anche prima. Non è dalla gravità dell’economia nostra e mondiale che si può dedurre se «il pensiero unico di sinistra» sia o non sia autorizzato a frugare nelle faccende di sesso, ovvero se sia o non sia piuttosto idiota.
Il pensiero unico, proprio per restare fedele alle sue polemiche esigenze di ininterrotta calunnia, macina ogni grano ed ogni loglio; e dunque avrebbe continuato ad occuparsi di biancheria intima, di serate porno, di escort e di Tarantini. Poco male? Sì, è vero; in sé, poco male. Ma questo trattenersi tra le nuvole, pornografiche o non pornografiche che siano, significa simmetricamente non occuparsi di cose serie. In altre parole, continuare ad occuparsi di stupidaggini, perdersi negli astrattismi del pettegolezzo e nei piaceri plebei del gossip, significava inoltrarsi sempre di più in zone lontane dalla realtà, perdere ogni legame con l’oggettività dei fatti e con i problemi reali dell’Italia, dell’Europa, del mondo.
Se le cose stanno così, e così stanno, ecco emergere nel mio intervento sul pensiero unico una linea di ragionamento ottimistica, ottimistica non a vànvera perché realistica: certo, siamo nei guai come prima e più di prima, ma se si continuava, come prima, a frugare solo tra le sagre di sesso, tra l’altro immaginarie, nella biancheria intima, nelle notti lussuriose, avremmo continuato a galleggiare stupidamente in alto mare, perdendo ulteriormente di vista i nostri gravi problemi reali e ogni loro possibile soluzione. Ma forse è proprio questo uno degli scopi che perseguivano i pornomani dell’altro ieri e di ieri.
Dunque liberarsi del pensiero unico – pornografico o non, ciò non conta – significa, né più né meno, ritornare all’obiettività, unica e sola precondizione d’una politica efficace. E se ciò comincia a accadere, questo costituisce un tale progresso del «dibattito» politico, che si è autorizzati a provare un cauto ottimismo. A questo si riduceva il senso di ottimismo che traspariva dal mio scritto. E’ poco, ma è più di qualcosa.
Il pensiero unico, tipico dei totalitarismi, è infatti definibile come un irreparabile allontanamento dalla realtà, con conseguente condanna alla inefficacia di ogni possibile politica. Resta sì la politica della violenza: che è appunto il modo col quale i totalitarismi tentano di costringere la realtà politica, sempre mutevole, ad obbedire alle loro paralisi mentali. Non per nulla una delle avvertenze del pensiero liberale è quella di seguire senza dottrinarismi lo stato di fatto, per poter agire su di esso con appropriatezza ed efficacia.
Qui finisce la mia prima nota, ed ha inizio la seconda, quella relativa alla mentalità della Annunziata. Mi accorgo con stupore che tra i due temi c’è una certa affinità, ma non è colpa mia.
Dunque la Annunziata, non so in quale conciliabolo TV, ha mostrato di essere sdegnata dal fatto che la Chiesa diventa comprensiva verso gli omosessuali solo certe volte, ovvero le volte in cui le conviene di esserlo.
Ebbene, qui casca la Annunziata. Perché la Chiesa, e noi con essa, pensiamo la cosa in modo del tutto diverso e, ci si permetta di affermare, molto più elegante. E questo modo è il seguente: i costumi sessuali miei, tuoi, suoi dell’Annunziata, sono fatti rispettivamente miei, tuoi, e suoi, dei quali non frega a nessuno. E finché io, tu e Lucia Annunziata provvediamo «a modo nostro» a soddisfare i nostri pruriti genitali, la cosa «peccato non è», come si sgola a dichiarare la canzone. Dio perdona tutti, perché il bisogno di farci grattare dove sappiamo ce l’ha inflitto lui. Dove invece Dio, e noi persone chic, ci incacchiamo, è quando Tizio o Caio fanno sfoggio delle loro inclinazioni intime, ovvero dei modi da loro prescelti per grattarsi a dovere, allo scopo di mostrarsi à la page (quali infatti sono, perché oggi mostrarsi imbecilli significa appunto essere à la page). Questo sì che «è peccato», peccato di lesa eleganza, di leso buon gusto, di lesa signorilità, etc. Ed anche di lesa religione, se è vero che la nostra religione è un modo raffinato di sentire il dramma dell’esistenza e dunque di rispettarne i caratteri, anche se talora incomprensibili.
La Chiesa molto opportunamente consente a Dalla ed ai suoi amici di essere quali furono: ovvero riservati e pertanto eleganti. La Chiesa, ed io, ci incacchiamo molto, invece, quando i nuovi Gay pretendono di fare le loro porcheriole in pubblico, quasi per insegnare a noi poveri uomini e donne «vecchio stile» come si campa. Questo sì è inammissibile! Ed è incurabilmente pacchiano e cafone. Come disse Petronio a Nerone: «uccidi, ma non cantare!»
Con i suoi ridicoli biasimi e insensate reprimende la Annunziata ha dunque solo mostrato, ovviamente senza volerlo, che la sua mentalità è misero ideario da meza cazetta, come diciamo noi a Napoli e si dice, immagino, a Sarno pure.
Quanti «pederasti», come si diceva quando l’ipocrisia non era di moda, ho avuti io tra i miei amici, lungo la mia lunga vita! E, guarda caso, erano persone di grande qualità in fatto di cultura e di buona educazione: gli amici migliori. Mi facevano persino da orologio biologico: usavano, con elegante simulata distrazione, pizzicarmi appena il sedere finché questo fu degno di essere pizzicato. Un bel giorno, quasi si fossero passati una parola d’ordine, smisero tutti insieme; e fu allora che, con stretta al cuore, compresi che «era finita la giovinezza»!
Tutto si può fare, con un minimo di garbo! Persino, come si augura Carlo d’Inghilterra, sognare di essere un tampax.
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