IL SECCHIO SFONDATO

La gravità della situazione politico-economica esige che si parli soltanto di problemi ad essa inerenti? Io non credo: perché, a parte la penuria di beni fisici, che fortunatamente ora non riguarda l’Occidente, ritengo che anche i problemi più «concreti» (miseria, disamministrazione, etc.) abbiano origine nel mondo delle convinzioni e delle volizioni (crisi della famosa «fiducia» e per conseguenza degli incentivi al «fare»; volontà perversa dei soliti ignoti; egoismo dei fortunati…). Bisogna aver presente che l’equilibrio socioeconomico non è un dato naturale, dev’essere di volta in volta costruito o, meglio, ricostruito. La situazione iniziale (diciamo, la «situazione zero», o preistorica) fu già di tremenda ingiustizia perché necessariamente fondata sul ciclo biologico, ciclo in cui regna l’unica legge in vigore secondo natura: quella del più forte (Hobbes; ma Hegel, etc., contra l’ipotesi dei «diritti naturali»; per es. Croce).

Intanto, anche l’attuale crollo delle sinistre, tendendo ad eliminare il secolare stucchevole gioco sinistra/destra, contribuisce a dimostrare la rilevanza delle componenti «culturali» dell’attuale crisi: il tramonto delle sinistre comporta una remissione delle vuote chiacchiere ed un ritorno alla discussione obiettiva. Di ciò l’ultimo Ballarò è stato esempio e riprova. Floris ha dovuto gettare, del tutto a casaccio e “fuori tempo”, qualche schizzo di veleno in direzione di Berlusconi, per dissimulare il fatto che un accordo Berlusconi/Monti c’è stato e c’è. In realtà: non già tardivi effetti, ma bensì persistenza di problemi e, precipuamente, continuità nei modi di risolverli.

Oggi riemerge Keynes. Bisogna incrementare il ciclo economico reperendo “moltiplicatori” dove si può. Ma anche smetterla di gettare denaro dalla finestra (=ancora un motivo «culturale» della crisi!).

In Italia, anziché moltiplicatori, di solito sono stati ideati rallentatori. E’ estremamente facile fare degli esempi:

– Il 150ario dell’unità d’Italia. Quanto denaro gettato in balletti idioti e rievocazioni di pessimo gusto, quando invece si poteva ad es. restaurare un paio di monumenti o riattare un paio di musei, con “moltiplicazione” del turismo!

– La miriade di “cattedrali nel deserto”. Esempio tra tutti, citato ieri: a Isernia, città di 90.000 abitanti, il sindaco (PdL, tra l’altro) ha fatto erigere un mega-teatro che andrebbe bene a New York, con poltrone che automaticamente (e a spese nostre) d’estate rinfrescano e d’inverno riscaldano le terga degli spettatori. Un altro esempio ce l’ho sottomano al mio paese (1000 abitanti), dove si è costruita una scuola che potrebbe ospitare scolaretti diciamo di dieci villaggi alla volta; etc.

– Il Festival di Sanremo, con le sue 40.000 canzoni e 60.000 cantanti, capitanati dal Molleggiato. S’è trattato di cinque giorni di cacofonia spinta, e cattivo gusto, pacchianate, scemenze, poi mandate in eurovisione affinché tutto il mondo sappia e veda quanto facciamo ridere noi Italiani quando ci affidiamo agli spontaneismi piccoloborghesi. Si dice che si tratti di musica. Musica!? Sí, la dolce musica dei quattrini. La sbrodolatura di Celentano va benissimo, però non là, a peso d’oro. Ma «la banalità non è il mio forte», come diceva quel personaggio di Monsieur Teste.

– I cosiddetti musei d’arte contemporanea, considerati doverosi per tenersi à la page, dove si profondono miliardi per esibire qualche scopino per WC, qualche equilibrismo alla Carter, qualche pentola ammaccata e ridipinta, qualche tela sfondata, qualche seggiola rotta e messa sossopra, ed altre migliaia di trash-opere. Una mia amica, penetrata in uno di questi sacrarî, a Napoli, ha creduto di far cosa buona rimettendo a posto una scopa rotta che intralciava il passaggio; ma ecco un custode arriva e la sgrida severamente: ha manomesso un’opera d’arte in esposizione! Si dirà: ma questa è scemenza collettiva; ormai, da Tokio a New York, è tutto un esporre «spregiate crete» sbreccate, spaghetti mummificati e spugne per detergere stoviglie. Dite che lo si fa ovunque!? Bene, sarebbe una ragione di più per non farlo noi. E poi basta informarsi: anche all’estero, i musei d’arte contemporanea hanno un pubblico sempre più scarso, alla lunga la contemplazione dell’immondizia stanca.

– Le architetture d’avanguardia per edifici pubblici: vedi il miliardario non-edificio del santuario nuovo di San Giovanni Rotondo, la colossale «lumaca bianca» di Ravello, la deturpazione della Villa Reale di Napoli, e i cento vuoti sanatorî, ospedali, reclusorî che imputridiscono e cadono a pezzi dalle Alpi al Lilibeo. E tutto questo tende irresistibilmente alla recidiva. Situazione avvilente.

Mentre io espongo con sicumera il costosissimo bidet lesionato ed edifico a suon di miliardi l’inesistente Santuario di Padre Pio, ecco che sulle vie d’Italia continuano ad avanzare a fatica migliaia di pensionati a 500 euro al mese. « Populismo », accuserete voi? E quand’anche, che importa? Noi siamo sdegnati e stanchi di vedere pensionati in grave sofferenza – e artisti, architetti, scultori esporre padelle sporche e colapasta ridipinti; e musicisti emettere borborigmi, rutti e ululati a centomila euro la botta.

Ma attenzione: qualcosa di nuovo c’è. Io me ne avvedo dalla mia modificata considerazione per Mario Monti. Considerazione che, confesso, è in forte aumento. Ma bisogna avere il coraggio di contraddirsi.

Ho sempre considerato Monti un benintenzionato maldestro, un sognatore involontariamente crudele. Dirò ora: forse mi sbagliavo. Il suo liberalismo era (sembrava?) debole; la sua signorilità, inerme. Invece ecco che, nel suo recente discorso americano, ha mandato chiaro e tondo al diavolo l’Europa, o meglio i due comprimari Merkel-Sarkozy; e l’ha fatto con diagnosi precisa e giudizio severo. L’occhio, solitamente amichevole, gli si è fatto repentinamente minace. Ha dato chiari segni di sapere dove e come fiorisce la corruzione (e qui, audentes fortuna juvat, il tedesco Wulff gli ha dato una mano!), sottolineando ciò che di buono c’è in Italia e quel che di male c’è altrove, e anche permettendosi di largire reprimende e consigli. Ha fatto ben capire che cosa egli intende, e vuole, quando parla di Europa. Guarda caso, vuole quello che vogliamo noi. Resta la grave, gravissima pecca: deve soccorrere subito i redditi minimi.

Dulcis in fundo, ha spedito dove si merita il progetto delle Olimpiadi romane, lasciando a bocca asciutta le folle di profittatori che già si leccavano i baffi. E questa è una cosa talmente entusiasmante, che si stenta a credere che gli riuscirà. Lo attendiamo comunque al varco: perché dovrà pure fare in modo di eliminare una volta per tutte, con eradicazione totale e impietosa, le male piante festivaliere che ovunque verdeggiano e, tra tutte, il mai abbastanza lodato Festival di Sanremo. Ci sono mille modi, meno rumorosi tra l’altro, di favorire l’inflazione dell’Io del Molleggiato. E poi: sat prata bibere, ci ha già annaffiati abbastanza.

Un segno piccolo, a parte, lo ha dato anche il nostro inimitabile Napolitano. Sì, ha osato tossire in modo non troppo amichevole verso i suoi magistrati. Mi sono detto: se osa lui, allora vuol dire che qualcosa sta cambiando davvero. Come è di rigore tra liberali, se il lupo cambia il pelo attendiamo, certo, attendiamo a lungo…, ma poi, qualora il carnivoro la smetta, siamo anche pronti a perdonargli.


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