Voci di corridoio danno per certa la partenza di Masi dalla Rai. Persona degna ma senza guizzo di genio e il piglio di Napoleone. Stare sul ponte di una fregata (in senso di battello, et ultra) gigantesca con tutto l’equipaggio che si ammutina, mica semplice. C’è da fare il saluto militare e colare dritto dritto tra i flutti.
La funzione del servizio pubblico è radicalmente cambiata sotto il naso dei sindacalisti.
Quando nella preistoria ci lavoravamo anche noi alla Rai, ognuno aveva le sue mansioni, chi parlava, chi scriveva, chi andava in video. Ameni programmetti con inchieste pittoresche sul modo di cucinare la melanzana, sull’esercito di maghi, veggenti ed assistiti operanti in Campania ed altre frivolezze simili. Eravamo giulivi e distesi: riuscivamo perfino nei tempi morti a sorbire spettegolando il caffè alla buvette. Nulla di paragonabile al superlavoro complicato che svolgono oggi gli operatori del settore.
De factu, i piemme sono diventati lavoratori dello spettacolo. Aspirazione legittima, figlia della “fantasia al potere” di sessantottina memoria. Inutile stare a cincischiare sulla carta per le fotocopie e la mancanza di fondi, il pauroso arretrato della giustizia dipende da questo singolare, seppur apprezzabile, slittamento dei ruoli. Occorreva quindi colmare in tutta fretta il vuoto investigativo.
Ed ecco che i conduttori, Vespa in testa, si sono riciclati in piemme, ma senza la toga: inchieste accuratissime, criminologhe avvenenti ed acute, psichiatri, testimoni, zie dei testimoni, nonni dei testimoni, avvocati, medici legali, pezzi di cadaveri, reperti, ricostruzioni, plastici. E noi, in poltrona, a disagio perché continuamente chiamati in causa – chi sa, parli – ci mortifichiamo di non aver ricevuto manco una letterina da Zio Michè, di non aver preso nell’occhio passando un pezzo del registratore di Schepps, di non poter insomma contribuire, modestamente, all’esito delle indagini.
Mentre il povero Vespa sempre più lucido si lambicca il cervello con i frequentatori della palestra di Brembate, il procuratore di Bergamo va in scena con il suo spettacolino e relativo monologo: “Non so una mazza: non ho trovato una mazza. Ma la cosa più importante, signore e signori è che, se io sapessi la mazza, se avessi acciuffato la mazza, con questa riforma della giustizia qui, la mazza sarebbe avvantaggiata”. (Spettacolo dal titolo: se mio nonno avesse un trolley, sarebbe un tram elettrico e sarebbe colpa di Berlusconi).
Alla giusta obiezione: “manco Vespa cava un ragno dal buco”, concorderemmo, ricordando pero’ che senza la Polizia e i Carabinieri a disposizione, senza mandati di perquisizione, senza interrogatori fa quel che può. Ed inoltre non pianta manco una vertenza sindacale e non avversa la riforma della giustizia. I piemme invece, che hanno tutto questo, sono persuasi che le indagini si facciano da sole, mentre loro sono in teatro, in piazza ed in televisione, rivendicano e avversano.
A questa incresciosa situazione si può ovviare facilmente: la giustizia si riforma in un clic: mettiamo Santoro a capo dell’ANM. Vespa lo facciamo superprocuratore ai delitti, con poteri speciali, e tutti quelli di chi l’ha visto, Report etc etc, in organico alle procure.
E diamo incarico alla Ventura di organizzare una bella (pen)Isola dei Piemme. Sarebbe un plebiscito di audience: fantastici Ingroia e la Boccassini in costume adamitico che si contendono il pescetto pescato, Palamara abbarbicato a un albero che cerca di afferrare un ananasso che cadendo, finisce sulla zucca di de Magistris contaminando la brillantina, Woodcock che zompetta con l’arco e la freccia per intercettare un coniglio selvatico. E Genchi in cima all’atollo, con un casco di banane in testa, a spiare chi si è pappato il mango di Caselli, chi ha nascosto il perizoma di Spadaro. Ogni tanto, qual premio per cotanti naufraghi, una discesa in elicottero di Dario Fo travestito da profeta biblico per distribuire ai più meritevoli immaginette incoraggianti di Di Pietro e bambolette di Cav con annesso set di spilli da appuntare. Tra le prove di resistenza più ardue, una notte intera à la Belle Étoile in compagnia di un pappagallo che imita la voce di Apicella. O in alternativa, con Lele Mora che legge la costituzione. E l’occhio attento della telecamera ad indugiar su ogni dettaglio, espressioni del volto, funzioni corporali, corrispondenze d’amorosi sensi, litigi. Share alle stelle.
Chi sarà il novello “er mutanda”? Difficile dirlo. Un’edizione con cotanti big rende difficile pronosticare. E poi, il successo inarrestabile porterà di sicuro il proliferare di reality di questo tipo ed il momento di gloria non sarà negato a nessuno. Ed un giorno o l’altro, vedrete, Bruno Vespa finemente dotato di giusta toga, acciufferà il primo assassino della sua nuova carriera. E vissero tutti felici e contenti.
Angela Piscitelli, 27 marzo 2011
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