IL CORAGGIO È LA VIRTÙ DEI FORTI

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.” Lucio Anneo Seneca

Un uomo, ogni uomo ha bisogno d’una lanterna interiore nel suo incedere goffo in un mondo che conosce poco. Possono infrangersi su uno scoglio tutte le nostre certezze. L’urto apre una falla nell’anima, ed il terrore paralizza la coscienza.

E’ un dramma “umano, troppo umano” quello della Concordia. Con buona pace dei dietrologi e metaforologi d’accatto la fuga del Capitano Schettino è la sconfitta di un uomo contro se stesso: un piccolo uomo al comando di una grande nave. Rassicurante nel suo sfarzo a sei piani, nelle sue straordinarie attrazioni, le sue luci mirabolanti, l’ammiraglia sembrava badare a se stessa, bisognosa più d’un Maitre d’Hotel che di un vero comandante. Di commandanti dalle nostre parti non ce ne sono più. E questo spiega anche l’ovazione per il capitano De Falco, meritevole semplicemente di avere tentato di esercitare una persuasione morale in nome dell’etica del mare e di un principio di autorità. Naturalmente non è stato ascoltato: coraggio ed obbedienza sono parole in disuso nel vocabolario farraginoso del pressappochismo contemporaneo.

Tutte le chiacchiere che sentiamo, mentre la Concordia giace come una balena spiaggiata nascondendo i suoi morti nel ventre metallico, sono un segno del deterioramento irreversibile della qualità degli uomini. L’ossessiva ripetizione di quelle tragicomiche registrazioni, la volgarità dei commenti, la comparsa delle invereconde t-shorts trasformano il dramma in un immenso reality ed il naufragio in un episodio particolarmente spettacolare che alza gli ascolti e droga il senso critico. Sarà derubricato abbastanza in fretta con il prossimo delitto impunito, la prossima disgrazia. Non credevamo alle nostre orecchie quando qualcuno in televisione ha dichiarato giulivo: “quest’estate avremo turisti, verranno a fotografare il relitto”. Già. I tours operator si attrezzino: pullmann per Avetrana, safari per Garlasco, battelli per relitti con tanto di animatore a bordo e maglietta.

I naufraghi siamo noi. Se si perde la bussola, il destino è segnato. Ricordo che per simili sciagure, in un tempo ormai troppo lontano, si mettevano le bandiere a mezz’asta e le televisione trasmetteva solo musica classica. Ed era forse per questi dettagli, apparentemente insignificanti, che un comandante si sarebbe di guardato bene di fuggire su una barchetta come in un cinepanettone raccontando di esserci caduto dentro per caso. Se l’Italia si è trasformata nella penisola dei famosi è perchè responsabilità, autorità ed obbedienza sono scomparse dalla nostra educazione, e del bene e del male non si sa più nulla: tutto è possibile. La legge morale è stata abrogata dall’immaginario collettivo, sostituita da un giustizialismo di cassetta contrario alla giustizia, propizio a certi portafogli. Prima della punizione viene la spiegazione. Perché il codice civile, penale, di navigazione, della strada sono norme eludibili se non sono sostenute dalla coscienza. Potremmo accettare gli arresti domiciliari se a Sorrento fosse inviato un precettore con il compito di risvegliare nell’animula del comandante il rimorso ed il desiderio di riscattarsi, la consapevolezza che la paura è corredo delle umane cose, ma il dovere, per essere, è il solo modo per vincerla. Invece probabilmente diventerà un personaggio da copertina, nel calderone confusionale con Zio Michè, Ciancimino, Spatuzza, colpevole od innocente per ragioni ignote. La coscienza non si vede, non va in onda, non fa ascolti. E’ un fastidio che si può neutralizzare con gli ansiolitici e qualche seduta di psicoterapia. Meno se ne parla, meglio è. In Francia il Ministero dell’istruzione si chiama Ministero dell’educazione nazionale. Le etichette sono utili per capire, qualche volta.

Nessuno ha altro modo di sapere se possiede il coraggio se non quello di essere sfidato dal destino. Lo sapeva bene Ulisse che dovette più volte darne prova per vincere l’iracondo Poseidone e tornare alla sua Itaca. Lo sapevano gli antichi naviganti che scolpivano nel legno della prua l’effigie d’una Dea protettrice perché liberasse le onde da ogni insidia e maleficio.

Schettino è un poveraccio senza qualità e senza bussola, come tanti. Il Concordia non aveva polena. Le luci della ribalta non accendono le fiammelle dello spirito, le sole che possano guidarci nelle tenebre dell’esistenza. Da noi molti l’hanno scordato, eppure ce ne sono tanti che rispondono ogni giorno all’appello dell’angelo, non curandosi del chiasso e della fatica, che combattono la paura perché sanno che esiste e perché sanno che “si deve”.

Il mare si è preso la sua vendetta contro la cecità degli ominidi e dei loro inchini fasulli, non ha risparmiato gli innocenti. La natura è mistero, spesso doloroso che ci incalza con le sue domande, ogni giorno senza mai ricevere una parvenza di risposta sensata. Chissà cosa scriveranno di noi nei libri di storia. Forse, semplicemente, un bel nulla.


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