C’era una volta un paesello innevato, un comunello sperduto in montagna. Il comune in cassa non aveva mai soldi ed il Natale dei bimbi e degli anziani sempre molto triste. Ci sono posti dove la slitta non passa per tutti e i piccoli ostentano faccine malinconiche che non hanno mai sorriso per un giocattolo. In quell’anno c’erano state le elezioni e per strane coincidenze alchemiche, al consiglio comunale erano stati eletti dei bravi ragazzi digiuni di politica e di politichese.
La prima cosa da fare era comprare una nuova macchina per la spazzatura. Si misero all’opera e chiamarono le imprese costruttrici. “La macchina costa settanta milioni”. I ragazzi annuirono. “Voi naturalmente farete la delibera per 90”. I ragazzi si stupirono: «Perché?»
«Come perché!? 70 per la macchina e venti per voi.» I ragazzi strabuzzarono gli occhi. Il più intemperante stava per tirare un pugno al malcapitato “compattartricioforo”. «Lei è matto!» dissero in coro. «Si accomodi fuori, chiameremo un altro.»
«Io mi accomodo pure, ma voi non avrete mai la macchina» l’uomo li guardava pietoso «Non l’avrete, perché tutte le compattatrici vengono comprate in questo modo; per cui, o delibera da 90 o niente». Si rimise il cappello e giro’ sui tacchi. I ragazzi si misero al telefono solerti e contattarono altre ditte. Stessa risposta. Il sindaco riunì il consiglio. Che fare? La vecchia ferraglia stava cedendo e bisognava trovare a tutti i costi il modo di procedere all’acquisto. Beninteso, senza intascare gli stramaledetti venti milioni.
E venne dicembre. L’autocompattatrice nuova fiammante caracollava nelle viuzze ingoiando col suo rullo vorace i bidoni pieni e rimettendoli vuoti al loro posto. Ma non furono le meraviglie delle nuove tecniche di nettezza urbana a stupire i cittadini, fu l’arrivo di un gigantesco abete che fu riempito in men che non si dica di sfavillanti stelle luminose ed una cascata di palle multicolori. Ghirlande di luci furono sistemate sul campanile, sulle porte antiche ed in piazza. Ed il 22 dicembre, mentre cominciava a fioccare, i bambini della scuola videro nel bianco paesaggio fuori della finestra comparire una rossa sagoma grassoccia che somigliava all’assessore. Ma era Babbo Natale, lui in persona, lo accompagnava la macchina del comune, è vero, ma era lui. Nel sacco c’erano regali per tutti, perfino per le maestre. Dispensando “oh-oh” e suon di campanella, inciampando negli spigoli dei banchi perché aveva fretta, mantenendosi il barbone che ogni tanto andava sghimbescio, il simpaticone, finite le consegne, si infilo’ di nuovo nell’auto del vigile per recarsi all’asilo, dove era imbandito un succulento pranzo per i vecchietti. Ancora un sacco pieno di doni, “oh-oh”, campanella, piroetta e via. Babbo Natale è sempre indaffarato e non ama le chiacchiere.
Fu un bel Natale, davvero. Di quelli da ricordare. Nei paesini di una cosa cosi’ se ne parla per anni e, qualche volta, diventa una leggenda da raccontare ai piccoli davanti al camino, quando fa freddo.
Una bella mattina di qualche mese dopo al Comune squillo’ il telefono. Era un piemme. «Vorrei parlarle, signor sindaco. Per sapere come mai non c’è la delibera per le spese natalizie.» Il signor sindaco sorrise. «Lietissimo. Ho molte cose da raccontare. Mi dica il come e il quando.» Non ci fu mai né come, né quando. Da quel lontano giorno, molte autocompattatrici sono passate ed anche molti Natali.
Se il mondo fosse governato dai bambini, ci sarebbero meno bugie. Perché noi, pellacce vecchie, abbiamo perso la paura di vedere il nostro naso crescere smisuratamente come quello di Pinocchio. E poi c’è sempre la chirurgia plastica. Ed il mondo sarebbe più bello perché non ci sarebbe cinismo, solo stupore per la bellezza. Pero’ siccome noi, vecchie canaglie, non abbiamo ancora del tutto strangolato il bimbo che ci portiamo dentro, scriveremo a babbo Natale chiedendogli un miracolo: che i burattini diventino creature, che lo specchio dell’ipocrisia si spezzi e rifletta nei suoi frammenti, come un cielo stellato, tutte le verità prigioniere del sortilegio dei malvagi. Che l’Italia torni ad essere la Patria di Peppone e Don Camillo. Piena di inventiva, di modestia, di operosità: un’Italia sorridente, umana, compassionevole. Disordinata, certo, ma piena di poesia. In fondo, basta poco. La notte della festa, finita la cena, spacchettati i regali, la tavola imbandita di dolci per onorare quelli che non sono più tra noi, il silenzio del Natale scende e le luci si abbassano. Allora, complici le vecchie foto che immancabili risorgono dai cassetti, possiamo ricordare ciò che eravamo e ritrovarci. E ci sentiremo subito più ricchi. Buon Natale!
Angela Piscitelli, 24 dicembre 2011
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