UN IRRIPETIBILE PEZZO D’EUROPA

Immagino, questo “botta-e-risposta” tra il letterato belga François de Croisset, e Marcel Proust:

De Croisset: -Dieu créa le monde, et ensuite sculpta l’Italie.-

Proust: -Oui, mais les Italiens détestent la beauté.-

Nulla di più vero: dopo 150 anni di esperienza, dobbiamo concludere anche noi che, affidata agli Italiani, l’Italia, questa armoniosa sorridente bellezza, sta per perdere se stessa. Io per mio conto, lungo la mia esistenza ormai non breve, non ho visto che deturpazioni, offese, sparizione di capolavori irripetibili, colpi e ferite, vere e proprie “sputazze”, sul bel volto della nostra “Italia-scultura”.

Bisogna tirarsi su le maniche, dire “basta!” e, con le necessarie severità e aggressività, scacciare dal Tempio i mercanti, i camorristi, e quei mafiosi spontanei che sono gli Italiani incolti. Perché ci dobbiamo difendere non soltanto dai malintenzionati, ma anche dai fessi.

Il filosofo Rosario Assunto, strenuo difensore della bellezza nato non si sa come proprio tra noi Italiani, famoso anche all’estero per i suoi molti libri, ci aveva instancabilmente avvertiti: la bellezza dei nostri paesaggi, dei nostri monumenti, dei nostri musei, sta nei nostri cuori, non altrove. Non là, tra monumenti e musei, ma qui, tra noi e in noi. Per difendere tali preziosi doni culturali, dobbiamo difendere noi stessi da noi stessi, dalla nostra volgarità montante. Sgarbi non fa che ripeterlo, invano: è come se ormai fossimo colpiti da sordità, quella sordità terribile che è l’imbecillaggine.

Prendo ad esempio Napoli, che è “casa mia”. Dove è più la bella, elegante (si’, elegante) città d’un tempo? Dove, la meravigliosa chiesa Gotica della Maddalena e il piccolo colle sul quale era edificata, ubicati nel centro stesso della città, e rasi al suolo ai tempi del famigerato Comandante Lauro e del suo lanzichenecco Ottieri? Dove, la Torre Ranieri, il monastero di Sant’Eframo, che parlavano con la voce e l’accento del Basile e del suo Pentamerone? Dove, le vecchie bare ricoperte di antichi broccati, in cui i re Aragonesi dormivano il loro misterioso sonno, a san Domenico Maggiore, oggi trasformate in pacchiane bomboniere per finti cadaveri, grosse bambole ridipinte a nuovo? Dove, la spada bronzea del Marchese di Pescara, strappata dal petto dell’illustre gisant? Dove, la stupenda Piazza Mercato, con le sue sfingi e piramidi di marmo bianco e piperno nero, vero miracolo di armonia urbanistico-cromatica aperta a ferro di cavallo sul mare? E dove, il palazzo Marigliano oggi traformato in pattumiera nerastra? Dove, i piccoli “affluenti” del Nilo, che ornavano la statua ormai mutilata del Dio fluviale? Dove, le braccia, le teste, le dita, persino i nasi, di decine e decine di statue tormentate, amputate e parzialmente trafugate un po’ ovunque da mascalzoni o da ineffabili “arredatori” noleggiati dai camorristi? Dove, i rosseggianti Granili, sensazionale struttura borbonica lunga quasi un chilometro, al Ponte della Maddalena? Dove, quel nostro castel Sant’Elmo, il più “drammatico” dei castelli europei, dal profilo obliquo, quasi gigantesca caravella inclinata sui marosi della fantasia, oggi “razionalizzato”, “normalizzato” con tanto di linee a squadro? Dove, l’arco di trionfo del Laurana, ora sabbiato e dunque lisciato e imbolsito a dovere, passato a lucido come una stoviglia qualsiasi? Dove, il borgo del Sannazaro e i vicoli del Vomero Vecchio? E dove, dove l’anima, il genius loci di tutto cio’ e di tutto il resto, fuggiti via per sempre?

Perché mai a Napoli, come del resto in giro per l’Italia tutta, sventrare e svecchiare non ha almeno significato, come altrove in Europa, aprire spaziosi varchi e congiungere arterie viarie, ma (triste comicità) soltanto sostituirne la trama con ancor più fitti e angusti intrichi, destinati solo a moltiplicare gli spazi (“spazi”!?) edificabili per miserabili appartamenti, sottoscala, topaie e terrazzi da vendere a prezzi possibilmente maggiorati?

Sappiate che, per chilometri e chilometri, tali orrori e tragedie dell’estetica vengono ripetuti ed aggravati. Tragedie “estetiche” che poi ad animi non volgari si rivelano essere tragedie non “decorative”, ma concrete, esiziali perdite di “pezzi” di civiltà, di verità, di consapevolezza ed identità culturale.

Posseggo una pubblicazione, credo del Banco di Napoli, che con ricchezza di particolari e di documentazione fotografica mostra la scomparsa, a Napoli, di migliaia di monumenti, quadri, statue, fontane, distrutti, deturpati, trafugati. Roba con la quale gli avari Francesi, capaci di organizzare un museo e due sale per conferenze intorno ad uno striminzito paio di pietre celtiche, metterebbero su pinacoteche, gliptoteche e biblioteche per decine di chilometri.

Moltiplicate per cento queste tragedie dell’estetica, che poi, ripeto, ad animi non imbecilli si rivelano essere non disavventure ornamentali, non menomazioni puramente decorative, ma essenziali scomparse di pezzi di civiltà, di verità, di consapevolezza esistenziale e di identità culturale, ed avrete ciò che oggi sta diventando l’Italia. Perché è anche da sapere che la scomparsa del carattere di uomini e cose apre la strada al nulla della volgarità, allo zero dei cervelli, alla vita anonima vissuta da craniolesi che, come dice Petrarca, più non sono che “tramiti per cibi” che, come idealmente rincara Hegel, si nutrono come vermi di polvere e d’acqua. Polvere: ad esempio i nostri programmi televisivi. Acqua (di solito sporca): ad esempio la filosofia dei nostri maîtres à penser.

Orbene: attenzione! Retorica a parte, la celebrazione del 150enario può rivelarsi una colossale carnevalata messa su a freddo per miserabili motivi di cassetta, oppure (il che farebbe lo stesso) una cerimonia funebre, la deposizione d’una immensa lapide su ciò che fu una insostituibile componente, un irripetibile pezzo di Europa.

Leonardo Cammarano, 16 marzo 2011

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