LEGHISTA PER FORZA

«Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon âme; l’Espoir,
Vaincu, pleure, et l’Angoisse atroce, despotique,
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.»

C.Baudelaire

«Tuppete e tappete a meliune
le deva paccare e secuzzune,
schiaffe, ponie e perepesse
scoppolune, fecozze e cunnesse,
sceverechiune, sicutennosse
e ll’ammaccaie osse e pilosse.
Venimmoncenne ch’a lo rummore
pariente e amice ascettere fore,
chi co mazze, cortielle e cortelle,
chi co spate, spatune e spatelle,
chiste cu barre e chille cu spite,
chi co ammennole e chi cu antrite,
chi cu tenaglie e chi cu martielle,
chi cu turrone e susamielle.
Patre, figlie marite e mugliere
s’azzuffajeno comm’a fere.
A meliune currevano a strisce,
de ‘stu partito e de chillo li pisce.

(Anonimo)

Confesso, sono verde dalla testa ai piedi: mi sento leghista. Curioso che ad alzare la bandiera della fierezza nazionale sia rimasto un partito presunto “secessionista” E da Padania libera, il passo ad Italia libera è naturale. In fondo la Lega ha sempre rivendicato il diritto del Nord di non farsi carico per intero dei pasticci altrui: come potrebbe essere d’accordo a che l’Italia si cali le braghe in nome di un’Europa che non c’è se non per dettare regole finanziare strafottendosene della cultura, della diversità dei suoi cittadini, del benessere, dell’umore, e della storia. I padani con questo “atto mancato” si dimostrano, loro malgrado, più italiani degli altri. Non sono inclini, per DNA a genuflettersi all’occupante straniero.

C’è qualcosa di profondamente innaturale in questa ammucchiata variopinta che vota la fiducia ad un governo di persone certo qualificatissime, ma asetticamente persuase che l’Euro sia l’Europa e che entrambi vadano salvati per cio’ che sono, costi quel che costi.

Se prima ci siamo sentiti talora malrappresentati, ora non lo siamo per nulla. Per carità, nulla di personale contro il professore: eloquio fluido, bacchetta in mano, gelidi sorrisi e risposte taglienti a chi osi ricordargli che il suo governo non scende da Marte, ma da altre misteriose e temibili galassie che si divertono con lo spread ad affossare popoli sovrani. Per noi, un po’ scettici sul parlamentarismo ad oltranza, questa non è che un’ennesima conferma che il parlamento è forse un ente inutile cosi’ com’è, da rottamare per risparmiare.

In un clima bipolare abbiamo assistito al parossismo del pregiudizio, si parlava inutilmente senza riconoscere le rispettive legittimità e non c’è stato mai modo di far passare un provvedimento utile al paese con i voti di tutti. Ed ora, a democrazia sospesa si parla tanto per parlare, anzi qualcuno sibila gli antichi odii e poi si vota compatti per un governo le cui vere idee sono ignote a tutti. Chissà come intenderà il Professor Monti sviluppare la crescita nella bell’Italia. L’unica parola magica che avrebbe potuto pronunciare non s’è sentita: meritocrazia. Attenzione alle riserve indiane delle donne e dei giovani: molto generico. Quali giovani e quali donne? Monti fa parte di quei docenti che danno i voti o i giudizi? Perchè c’è una bella differenza: se è uno che incolla uno zero spaccato alla Marcegaglia ed un trenta e lode a Marchionne, allora lo spread tra noi e lui diminuisce. Se sbatte fuori a calci dall’Aula quelli che salgono sui tetti e promuove chi fa ricerca seria anche gratis, e magari fa due lavori per mantenersi agli studi, tutto cambia.

L’impressione “sulla botta” è che non vi sia nessuno slancio sincero verso un cambiamento autentico e che se prima abbiamo avuto tre monti, ora ne abbiamo uno solo più grosso e con delega in bianco.

Certo, la democrazia va ripensata – non siamo fanatici, tutt’altro – ma non in questi modi ed in questi termini. Se uno dietro l’altro, come in un castello di carta si arrendono i popoli sovrani è segno che l’idea è gravemente malata. Tuttavia più che ad una cura, si ha l’impressione di assistere ad un caso grave di malasanità. E i cittadini? Sempre più soli e disincantati. Sempre più numeri e sempre meno coscienze, gioie, dolori, passioni e pensiero. Il Cav ha rappresentato forse l’ultimo rigurgito umano in un mondo di automi: che meraviglia!, aveva difetti e non li nascondeva, nessuno riusciva a farlo star zitto, con la sua imprendibile libertà difendeva la nostra, anche quella di chi, della libertà non sa che farsene. Si dice che sia stato il Pdl ad impedirgli di parlare oggi alla Camera. Non ci crediamo. Ora che finalmente tra gli “evviva” e gli “hurrà”, tutto è diventato di plastica per davvero cosa avrebbe dovuto dire? Le sole parole consentite avrebbero tradito la sua e la nostra storia. Meglio tacere. Adesso tocca a noi parlare, sorvegliare, militare. Vedremo finalmente se esiste un popolo per la libertà. O se è stato un abbaglio preso da un sognatore prestato alla politica.


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