“Sia fatta la volontà dell’impotente”.
(zi Filomena)
Si ha paura di mille cose, dei dolori, dei giudizi, del proprio cuore, del risveglio, della solitudine, del freddo, della pazzia, della morte… specie di questa, della morte. Ma tutto ciò è maschera e travestimento.
In realtà c’è una cosa sola della quale si ha paura: del lasciarsi cadere, del passo incerto, del breve passo sopra tutte le assicurazioni esistenti. E chi una volta sola si è donato, chi una volta sola si è affidato alla sorte, questi è libero. Egli non obbedisce più alla legge terrena, è caduto nella spazio universale e partecipa alla ridda delle stelle.
(H. Hesse)
Eccheè!
Nonostante impazzi la calura ed un manipoli di fortunati se ne stia ad annerir la trippa sul bagnasciuga, in tutto lo stivale si respira aria da Apocalisse. Gli altoparlanti, invece dei soliti dischi per l’estate, diffondono i listini, sui giornali gli economisti in giacca, cravatta, paltò ci fanno sudar freddo solo a dare un’occhiatina, Cav scomparso, Sallusti boccheggiante, i pali della cuccagna tramutati in pali della micragna, la cannottiera di Bossi è cotta a 90° in lavatrice, e noi balliamo.
Di fronte a catastrofi grandi e piccine, siamo portati a perdere la trebisonda, ed ora che abbiamo perduto insieme a lei pure Bertolaso, ritrovare sangue freddo e ragionamento sembra un’impresa disperata. Ricordo il terremoto dell’ottanta: ero in casa di amici, per festeggiare la ristrutturazione mirabile operata in quelle stanze da un famoso architetto (di cui non diro’ il nome per carità di Patria). Orbene, l’appartamento era stato interamente foderato in mogano, si componeva di un ambiente centrale elegante contornato di invisibili porte, pure in mogano. Ad un tratto tutto comincio’ a ballare. I festeggianti, presi dal panico, cercavano l’uscita: macchè. Un uscio visibile, non è elegante. Cercando la salvezza si finiva nello stipone, nel boudoir, nel vano scope, nella ritirata del gatto, tutti a girare in tondo e la maledetta porta d’ingresso non si trovava. Ho visto atei incalliti inginocchiati sul parquet ad invocare la Madonna di Pompei. La Santa Vergine dovette avere molta pietà delle vittime del panico e delle ristrutturazioni colte, e ci salvò, portandoci dopo il lungo carosello, “a riveder le stelle”.
Mi torna in mente questa singolare esperienza, giacchè mi sembra di riviverla, in chiave finanziario-politica, in questi giorni. Il girogirotondo è forse più frenetico di allora, la Madonna non s’intende di Bond, il problema è trovare l’uscita. Invece di star tutti a fare i polli di Renzo, bisognerebbe fermarsi un attimo e ragionare. I nostri nonni dicevano che dalle grandi disgrazie puo’ nascere talora una cosa buona, se se ne trae un insegnamento. Una mia prozia semicentenaria e devota un giorno torno’ a casa col cappellino di traverso ed un occhio al burro, gridando festante: “miracolo! miracolo!”
“Che miracolo, Zietta?” domando’ tutta la famiglia incuriosita.
Mi hanno scipppata, hanno preso la borsetta, sono caduta, mi fa male il ginocchio e ho preso una botta in faccia”. Rispose giuliva.
“E dov’è il miracolo?”
“Che non sono morta”.
Giusto. Visse ancora per molti anni a dispensar perle di saggezza e novene per gli scettici.
Anche noi, non siamo morti. Che abbiamo preso la botta in testa è evidente, visti i ragionamenti che si sentono in giro. C’è chi vaneggia di comunità autogestite con l’orto in terrazzo, chi predica l’abolizione di tutte le tasse, chi pensa che Gheddafi stia perdendo la guerra, chi riempie la dispensa di derrate, chi attende gli alieni. Ci sono jettatori, monatti, predicatori, nordisti, sudisti, canottiere, tappezziere, carrozziere, mazziere, teaparty, caffèaparty, camomillaparty, participii e partiincausa.
Naturalmente, mentre cio’ accade, ogni Italiano che si rispetti continua a farsi i cavolacci suoi, mettendo in sicurezza la sua “minicasta” familiare.
Posto che la tempesta monetaria un bel giorno finirà, e posto che la storia c’insegna che gli assetti geopolitici sono precari e cio’ che permane è la cultura – se c’è -, noi dovremmo porci poche ma sentite domande: chi siamo, che vogliamo, dove andiamo. Perchè se vogliamo gattopardescamente che non cambi un fico, forse ci ritroveremo un po’ più poveri, magari in un altra confederazione, magari non tutti insieme, ma semre muniti, più o meno, di pasta e fagioli e telefonino.
Se invece volessimo cogliere l’insegnamento della prozia, allora questo sarebbe il momento di dare una bella sterzata allo stato panzone ed a tutti i bulimici (compresi i cittadini comuni, mica parlo solo dei vips!) e farlo diventare filiforme ed operoso. La politica non puo’ continuare ad essere un ammortizzatore sociale (soprattutto al Sud) perchè altrimenti non possiamo chiederne altri di ammortizzatori sociali. Quelli che in queste ore si stanno strappando le vesti sull’abolizione di certi piccoli comuni e di alcune province, a pretesto delle proteste adducono il fatto che in tal modo scomparirebbero le identità locali: mistificazione gigantesca. La cattiva amministrazione e lo sperpero di danaro pubblico sono nemici giurati della cultura e dell’identità. Sono i principali veicoli dell’appiattimento generale, della desertificazione delle menti e dei luoghi, dell’assassinio dello spirito di iniziativa.
E lo spirito di iniziativa è indispensabile per lanciare la vera sfida coraggiosa, quella di smettere di inseguire un vecchio modello industriale-assistenziale con il quale non potremo essere competitivi mai più e ricominciare da cio’ che abbiamo: teste pensanti, piccole industrie ed artigianato di qualità, paesaggio, beni culturali, gioia di vivere. Assistiti, certo, ma solo e soltanto dalle nuove tecnologie avanzate.
E se proprio la poltrona ci manca, se tutti abbiamo la voglia pazza di sederci, allora facciamo cosi’: le cariche elettive di ogni amministrazione e di ogni grado, siano retribuite solo a rendimento. L’eletto conservi lo stipendio o il reddito che aveva all’atto dell’elezione, nulla di più. Se pero’ sarà in grado di progettare una comunità più produttiva e più prospera, sui guadagni della collettività riceverà un bel premio di produzione. Se invece sbaglierà dovrà pagare di tasca sua. Semplice, no? Sono certa che avremmo un numero di candidati molto inferiore, ma qualitativamente scelto, i nostri paesi non sarebbero più imbrattati da orrendi manifesti elettorali, e non ci riempirebbero di chiacchiere idiote. Ai benintenzionati dico, per verificare la fondatezza della mia proposta, andatevi a fare un giretto in un qualsiasi comune o altro ente consimile. Capirete in un clic come gira. Che i malintenzionati non ne hanno bisogno. Lo sanno bene, benissimo.
Il problema non è eludibile, il resto son chiacchiere. Se in questi giorni “finanziari” dai giornali e dai media è sparito tutto – mafia, magistratura, bunga bunga, tutto tace -, è perchè al di là degli schieramenti politici e delle faide italiane, l’aria da apocalisse serve ad alzare il polverone necessario per uccidere il pensiero e restaurare la poltrona. Paura che nasca il partito della prozia? Prozie di tutta Italia, unitevi!, inforchiamo gli occhialetti, raddrizziamo il cappellino. Se arriva il Giudizio Universale, saremo pronti.
Angela Piscitelli, 20 agosto 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
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