Quello che emerge delle molte intercettazioni pubblicate in libertà dai quotidiani è ben povera cosa e proprio non si comprende come e perché la maggior parte di queste, pur non contenendo notizie di reato, siano state trascritte. Unica logica e plausibile funzione rimane quella di sputtanamento mezzo stampa.
Che l’inchiesta su Luigi Bisignani sia debole sembra assolutamente evidente, diversamente il procuratore capo Lepore non avrebbe sentito l’esigenza di giustificarla in una trasmissione televisiva quale Ottoemezzo della Gruber.
«Come è possibile che un personaggio – ha dichiarato Lepore dalla Gruber – che non ha titolo particolare è un frequentatore dei ministeri, della presidenza del Consiglio, viene interpellato nelle nomine di Generali, di personaggi… ? E quindi naturalmente è un personaggio che ha delle mani in pasta… quantomeno conoscenze che possono costituire una situazione particolare». “Ma a lui che gliene frega?” (copyright Facci) Si tratta di moralismo d’accatto e opinionismo da bar sport, pure mal espresso, quello che Lepore, vestito dei panni istituzionali di Procuratore della Repubblica, ha pubblicamente esternato.
Al momento il fatto più imbarazzante di tutta l’indagine (non per chi si è letto sui giornali) risulta l’acquisto di dubbi orologi presso dubbie fonti da parte di Alfonso Papa. Responsabilità penale, questa sì da accertare, ma ovviamente individuale. Ma anche questo fatto è marginale, il vero fulcro dell’inchiesta è rappresentato dalle accuse al capo di Stato maggiore Michele Adinolfi e al comandante Bardi, entrambi della Guardia di finanza, che avrebbero passato informazioni a Pippo Marra, direttore AdnKronos, che le avrebbe poi riferite a Bisignani. A parte alcune indiscrezioni su un confronto tra Adinolfi e Marco Milanese (ex GdF ora deputato Pdl) nulla è trapelato. Non una intercettazione è uscita sull’argomento, non una confidenza, nulla di più della generica accusa della fuga di notizie contestata agli inquisiti. Sappiamo delle chiacchierate tra Bisignani e la Prestigiacomo – e quindi Galli della Loggia può arabescare di presunte insicurezze caratteriali della parlamentare – sappiamo cosa pensi Bisignani della Brambilla – e Repubblica può così stracciarsi le vesti per il linguaggio triviale -, ma di tutto quello che conta veramente non sappiamo nulla. Ammesso e non concesso si debba essere a conoscenza delle tesi dell’accusa prima divengano oggetto di dibattimento, tutto il Paese può dilettarsi di gossip, ma non farsi una precisa idea della fondatezza o meno dell’indagine.
Non basta. Giovandomenico Lepore è uno che non sta con le mani in mano e pochi giorni fa ha reso noto, urbi et orbi, dell’esistenza di un’altra inchiesta che vede indagato per favoreggiamento addirittura il capo della squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani. Principale accusatore Salvatore Lo Russo, ex capoclan e ora collaboratore di giustizia. Salvatore ha pure un fratello, Giuseppe, arrestato proprio da Pisani. L’accusa al funzionario, ora esiliato a Roma, è quella di favoreggiamento e amicizia con gli Iorio e i Lo Russo. Ora, se l’ex capo della mobile partenopea gli amici li sbatte in galera, ai nemici che fa, spara direttamente?
Non so se sia casuale o meno, ma da quando De Magistris è divenuto sindaco di Napoli e un pm come Giuseppe Narducci lo ha affiancato in giunta, la procura condotta da Lepore sembra preda ad un delirio di onnipotenza, alzando il tiro di certe inchieste che sembrano dirette più a svolgere ruolo di spoil system mezzo avviso di garanzia e gogna mediatica, piuttosto che combattere la camorra.
Angelino Alfano, ministro di giustizia, purtroppo non può nulla. Mandasse una ispezione presso quella procura verrebbe giù il mondo, ma il Csm e lo stesso Presidente della Repubblica si rendono conto che comportamenti come quello di Lepore (il quale è in buona compagnia) oltre a devastare importanti indagini in corso, indeboliscono pure le istituzioni che rappresentano?
Paolo Visnoviz, 2 luglio 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
02 luglio 2011
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