Destra, sinistra, alto, basso è tutto uno stracciar di vesti, un coro da stadio indignato nei confronti della Moratti rea di aver riesumato una vecchia storia di Giuliano Pisapia. La faccenda è ormai nota e le accuse che portarono Pisapia a farsi addirittura quattro mesi di carcere erano di partecipazione semplice a banda armata e di aver progettato insieme ad altri un sequestro di persona per il cui scopo era stato rubato un furgone. L’obiettivo era di dare una bella lezione a Walter Sisti, capo del servizio d’ordine del Movimento dei Lavoratori per il Socialismo, divenuto nemico del popolo. Accuse per le quali Pisapia venne prima amnistiato e poi assolto in secondo grado.
Seppur assolto, i compagni di merende di Pisapia furono Massimiliano Barbieri, Marco Donat Cattin (colpevole dell’omicidio del magistrato Emilio Alessandrini) e l’ideologo di Prima Linea Roberto Rosso. Prima Linea è stata una formazione terroristica macchiatasi di decine di omicidi tra il 1976 e il 1980. Massimo Trolli e Giuliano Pisapia erano (oltre che cugini) gli esponenti principali del collettivo milanese di via Decembrio.
Tutto bene quindi, e non bisognava parlarne? È stato di cattivo gusto tirare fuori gli scheletri dagli armadi? Ma neanche per sogno. Stiamo parlando di un possibile sindaco per la città di Milano e delle sue idee, come pure della sua vita trascorsa, si deve conoscere tutto, perlomeno quello che investe la sfera pubblica. E Prima Linea eccome se investì la sfera pubblica, seminando morti, disperazione e terrore.
Pisapia non ha mai preso le distanze da quel periodo, ha semplicemente negato – mentendo – di aver frequentato dei terroristi. Non ha chiesto scusa, non ha mai ribadito d’aver sbagliato. Non solo, ma nel marzo del 1997 si fece promotore, in qualità di presidente della commissione Giustizia della Camera, di un indulto per gli ex terroristi. Nella sua attività di avvocato può vantare clienti come Abdullah Öcalan (condannato all’ergastolo in Turchia per terrorismo) e della famiglia di Carlo Giuliani, morto durante gli scontri di piazza avvenuti in concomitanza del vertice del G8 tenutosi a Genova nel 2001.
Una parte politica giudicherà questi fatti di poco conto, calunnie, macchina del fango. Immagino la stessa parte politica che è rimasta in silenzio per gli incarichi assegnati a Silvia Baraldini da Walter Veltroni per curare l’allestimento delle mostre al museo «Macro» del Comune di Roma, gli stessi che non hanno impedito ad Oreste Scalzone di tenere lezione ad una assemblea nell’Aula Magna della Statale di Milano, o i medesimi che vanno in brodo di giuggiole ogni volta che parla Toni Negri. A ciò si aggiungano i molti ex brigatisti che, complice medesima parte politica, siedono o sedettero in Parlamento come Sergio D’Elia, Giovanni Senzani e Susanna Ronconi.
Alcuni di questi personaggi si sono dissociati dagli anni di piombo e non si può condannare a vita una persona per degli errori, seppur gravi. Ogni caso deve essere valutato a sé, ma appunto per poter giudicare bisogna sapere. E se si vuole frugare fin nelle mutande del Cav, quindi in aspetti privati, non ci si può indignare se qualcuno solleva dubbi per dei pubblici comportamenti trascorsi – quantomeno discutibili – di un candidato sindaco.
D’accordo, non è stato Pisapia a sottrarre il furgone, ma siamo sicuri il problema sia il furto di un furgone?
Paolo Visnoviz, 12 maggio 2011
da Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
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