«Il Ministro della Cultura Popolare propone al Duce di abolire la parola “ano” e sostituirla con la più italiana parola “culo”.
Il Duce riflette, poi respinge l’idea. Convoca il Ministro e gli spiega che la cosa gli avrebbe creato troppi problemi:
Passi per il Ministro Ciano che avrebbe dovuto chiamare Ciculo, o per Sua maestà il Re che si sarebbe rivolto al Ciambellano, chiamandolo Ciambelculo, ma quello che lo preoccupava veramente era il rapporto col Vaticano, che sarebbe diventato Vatinculo. E poi, come spiegare al papa che i fedeli invece di pregare S.Ambrogio da Milano, avrebbero dovuto dire S.Ambrogio da Milculo?»barzelletta antifascista
Avete già preparato le mazzesse di mimose? Il Presidento Mattarello, che quando piove esceapiediconl’ombrello, ha complimentato le donne dicendo che sono le motoresse del cambiamento. Infatti siamo onoratesse di veder assisa sul più alto scranno della Cameressa l’onorevolessa Boldrina che oltre ad essere l’espressionessa piangenta della più alta poetessa contemporanea Nikessa Vendola, è la promotricessa della campagna per la riforma della lingua italiana.
‘Sto fatto, dice lei, che le professioni, mansioni, qualità, allocuzioni, onoreficenze siano declinati al maschile, proprio non va, è discriminaziona. Quale migliore occasionessa dunque, l’otta marzessa, per onorare la sessa femminila correggendo finalmente l’odiosa grammatica e la sintassessa sessista, discriminanta, insultanta?
È giusto, la lingua, come tutto cambia. Mica siamo come i Francesi noi, che traducono meticolosamente ogni anglicismo e che conservano ancora la “mademoiselle”?
Signorina. Le signorine furono uccise dal ’68, che trovò la parola discriminatoria perché faceva capire immediatamente che la fanciulla era sprovvista di marito e magari, a pensar male, era proprio zitella. Così diventammo tutte signore e cominciammo a stingerci nell’indistinto. Per fortuna la struggente “signorinella pallida, dolce dirimpettaia del quinto piano” sfuggì alla carneficina perché era stata scritta ben prima. Fosse diventata “signora pallida”, sarebbe finita nella categoria delle confinanti frustrate, che sbattono i tappeti appena ti vedono che prendi i caffè sul balconcino saturandolo di acari.
Ma noi abbiamo ancora velleità e nostalgie poetiche fuori luogo. L’inde-fessa presidentessa, suffragata dai soliti manuali editi dalla solita Repubblica, sentenzia che “l’uso del linguaggio è una scelta politica”. È quindi cosa buona e giusta che il popolo bue sia istruito ai nuovi totalitarismi della scemenza, e si pieghi a declinare al femminile il declinabile e pure l’indeclinabile. Così, mentre oltre il mare l’iconoclastia e il sangue avanzano inesorabili, qui ci si gingilla con la glossoclastia, ottimo preludio per un’occupazione in grande stile. Avremo forse, quando l’Isis arriverà a prenderci, idraulichesse, carpentieresse, pilotesse, commendatoresse, cavalieresse col velo o con la velessa, magari. Per avere una prova della bontà del metodo, si dia uno sguardo al numero di signore ammazzate dopo che i soloni e le solonesse del parlamento hanno introdotto l’orrido neologismo “femminicidio”. Un crimine contro la sintassi e contro le donne, ridotte a femmine, private della specie. E non è ancora finita.
Le parole subiscono da noi la stessa sorte del paesaggio. Per ognuna che muore, ne nasce un’altra. Sgraziata, informe, ma sempre in linea con l’appiattimeto al nulla che ci fa schiavi della chiacchiera e ci toglie i sogni perché i manovratori non vanno disturbati. Non oso immaginare cosa sarà “la buona scuola”. Demonizzata la nozione umanistica, che è quella che ci permette scientemente di scegliere tra tante culture la nostra personale di individuo, saremo programmati per barrare caselle di prestampati ed obbedire, vedendo ciò che ci fanno vedere, sapendo ciò che vogliono che si sappia.
Alle donne, quelle vere, che delle desinenze se ne fottono, auguro tempi migliori, una pagina del libro Cuore oppure di D’annunzio. Per le altre, vogliata gradira le mie più sentite felicitazionesse per un’otta marzessa boccassinica, boldrinica, supercazzola con la scappellamenta sempre più a sinistra, chepiùasinistranonsipuòcomesefosse boldrina. Ecco.
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