ABDICAZIONI

Le cronache blasonate danno conto di possibili abdicazioni. Si dice che Elisabetta ceda lo scettro a Natale, che è cosa da gossip reale e del noto capo indiano Estiqatsi.

Ma pure lo stivale freme. Il vecchio monarca l’ha detto agli ambasciatori: “Guagliù, me ne vado in pensione, vi saluto e suono”.

Beati coloro che sono muniti di Regine con cappellini, di delfini con accasata prole prolificante, di principesse col pancino – mai una caviglia gonfia o una voglia di mirtillo controtempo. Noi, no. Il rampollo di Gorgio e Cleo non è in linea successoria, per fortuna. Ci ha già propinato la Madia come lascito e può bastarci. Però rischiamo di trovarci uno scorfano o una capitone al Quirinale.

Il Pidì fa assopigliatutto, in barba all’adagio che “il Presidente deve rappresentare tutti”, si gioca la partita in famiglia. All’uopo Matteo Renzi ha già schierato ministresse e deputatesse nuè nguè, Boschi in testa, per sentenziare su tutte le reti che “il patto del Nazareno non include l’elezione del capo dello stato”, che tradotto dal politichese vuol dire: “dei cittadini diversamente sinistri ce ne impipiamo. Il quirinale è nostro e lo gestiamo noi, come l’utero d’antan”. Cav, più ecumenico che mai (propongo uno scambio con Francesco, così almeno non avremo Benigni vescovo), ha l’aria di lasciarsi sedurre dalla proposta “Amato” – orrore degli orrori e occhio al portafogli! – o da quella “casini” forse per un criterio estetico visto che pare, piaccia alle signore (esclusa la scrivente: pussavia, frullato di cloney stracotto con occhio di triglia pescata col botto!). Poi si dice che i nomi che circolano sono bruciati ed è così che si saranno pure liberati del Maestro Muti, alle volte ci potessimo ritrovare con un capo dello stato che desse lustro ed onore alla Nazione. L’odore della mortadella persiste tuttavia ad ogni trombatura preventiva, come pure la puzzetta di grasso, Diocenescampi.

Sappiate, Italiani, che l’epoca dei moniti e dei nastri è tramontata. Qui si elegge un re e purtroppo, la nostra è una monarchia non costituzionale d’un regno senza sovranità. Il vecchio monarca si è inchinato all’Europa, ha piazzato i suoi faccendieri a custodire questo patto insano a nostre spese, ed ora si prepara a complottare insieme ai suoi per scegliere un re di cartone che faccia altrettanto e pure peggio. Siccome poi questo re continuerà a chiamarsi “presidente della Repubblica”, sarà eletto dai deputati alla faccia del popolo bue e dei suoi desiderata. Ho sentito qualche giornalaio sarcasticare in tivi “se il presidente fosse eletto dal popolo, nessuno dei presidentabili avrebbe gradimento e si aprirebbero scenari inquietanti”. Conciossiacosachè la democrazia – splendida utopica forma di governo che fu inventata nella terra di Omero – è diventata “scenario inquietante”. Prendiamone atto, siamo uno stato da operetta che conta un piffero nello scacchiere internazionale. Tiranno con i propri figli, servile con gli altri. IL pidì è funzionale a questa forma ed è per questo che, anche se si scanneranno tra di loro, la quadra alle nostre spalle la trovaranno sempre: la loro patria è stata sempre altrove.

Allora, cari Compatrioti, conosciamo abbastanza noi stessi per ammettere che la colpa anche nostra. La democrazia, abbandonata a se stessa senza il controllo dei cittadini, si ammala e muore. Se vogliamo rianimarla dobbiamo smettere di salotteggiare inutilmente sui social, premere con il ditino “mi piace” e credere così di aver fatto opinione. L’Italia se ne sta andando via, tristemente con la valigia di cartone, come gli emigranti di un tempo, se ne va perché nessuno più la riconosce per strada, nessuno la rispetta. Che cosa vuol dire essere Italiani? Lo chiedo a me, e lo chiedo pure a voi, obbligatorio rispondere e non a nome di qualche partito, ma con la coscienza e il cuore, giusto per vedere, come in una famiglia, se ci sono cose importanti da salvare. Perché se poi non ce ne sono, inutile lagnarsi se arriverà il topo, lo scorfano, la mortadella o tutti e tre.


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