
Noi poi, ormai, non possiamo più sentirlo, l’inno nazionale, che ci vien proprio da piangere. E non è solo commozione. Dell’Italia che lasciammo sdegnati e obbligati da non poche ingiustizie – che ancora riusciva a meravigliarci per qualità di tanti uomini e bellezza persistente -, non resta più nulla.
Rotte le fila, gli italiani sono in ordine sparso, come quando si perde una guerra. Ciascuno vaga disorientato e senza meta. La nazione è sociologicamente implosa e non c’è nessuno che si attardi a contare e identificare le vittime né a riorganizzare i superstiti. L’Europa nata per essere la panacea d’ogni stortura, è diventata una malattia che impesta tutti, ma uccide i più deboli. La deitalianizzazione viene da lontano. Dannata ogni memoria storica e fierezza identitaria dopo il fascismo, l’istruzione pubblica fu distrutta poco a poco, sostituendo al pensiero ogni sorta di luogo comune elevato a dogma. Si è creato così uno stivale di asini, governato da asini.
La Nostra Patria (o quella che fu, la Nostra Patria) ebbe nobili natali: genitori furono la lingua e l’arte, di tutto ciò che da noi si è fatto col sangue, non resta traccia. Era “un’idea” l’Italia, artificiale e meravigliosa che necessitava di abbeverarsi alla sua stessa sorgente ed in modo costante, per sopravvivere. Bombardamenti di beceraggine cattocomunista ne hanno fatto un deserto, materiale e morale. Per distruggere una nazione non serve la guerra, è sufficiente sciogliere subdolamente il collante, e tutto crolla a cascata.
Vi siete chiesti perché mai ogni giorno sotto i nostri occhi si compiono ruberie pacchiane, ingiustizie senza senso, delitti mostruosi, senza che nessuno resti più di tanto impressionato? Il sacco di Roma e il delitto di Ragusa non sono dissimili, nuove pazzie e nuove delinquenze raccontano coscienze piatte, stipate di fantasie meschine, immuni a qualsivoglia poesia. Di bambini e di donne e di famiglia si parla troppo e a vanvera, mentre si rimuovono i presepi. La famiglia non è più sacra e la sacra famiglia viene espulsa dalle scuole, bandita da banditi. Dov’è finita la stella cometa? E cosa faranno ancora?Copriranno le splendide natività in ogni chiesa, o luogo pubblico in nome della cattiva novella del multiculturalismo? Finché civiltà fu, l’arte parlava ai cuori semplici e li conduceva per mano. Grandi cicli di affreschi accostavano il popolo alle sacre scritture, la vertigine della bellezza e del mistero era l’insegnamento cui ogni anima poteva attingere. E poi c’era anche l’Inferno che inghiottiva senza troppe storie ogni assassino, ladro, ricattatore senza che alcun leguleio o strizzacervelli del piffero invocassero il disagio sociale a discolpa. A dispetto di tutti i roboanti e costosi baracconi, enti, istituzioni, associazioni, neologismi ed altre porcherie varie, scomparso l’uomo c’è più violenza, più sangue più odio. E noi, “gli Italiani” siamo la spugna più assorbente d’ogni ideologia strampalata e d’ogni moda volgare, smemorati e senza bussola.
Ben prima di un’etica della società e della politica, è un’estetica che andrebbe rifondata. La classe dirigente è null’altro che il nostro ritratto. Può non piacere, ma la democrazia, che certo, si è capito, non è più il migliore dei mondi possibili, diventa il peggiore se continua a delegare cattive intenzioni a pessimi soggetti. Anche questa è una legge di mercato. Noi non sapremo e non vorremo esercitare il necessario controllo dei rappresentanti finché non cominceremo ad attrezzarci per essere migliori di loro. Inutile lagnarsi se poi ci colonizzano. Cosa facciamo noi, per impedirlo?