VILLA RUFFO

Oggi parlare di Napoli purtroppo significa prevalentemente ricordare (o… cercar di non ricordare) la Camorra, la mostruosa speculazione edilizia subito ripresa nel dopoguerra, la distruzione sistematica di monumenti e contesti urbani insigni: la chiesa gotica della Maddalena, la stupenda piazza Mercato, l’antico Castel Sant’Elmo oggi trasformato in insipido belvedere per turisti-che-non-vengono-più, la deturpata Torre Ranieri, lo svisato convento di Sant’Eframo Vecchio, il distrutto teatro dei Fiorentini col borgo spagnolo che da rua Catalana giungeva al vicolo del Baglivo Uries ed a via Toledo, etc.etc.

Peggio: insieme alle sue pietre, anche l’anima della città è stata svisata. È ormai facile dimenticare che Napoli è stata una delle grandi capitali della cultura Europea: in essa fiorì non solo l’illuminismo italiano, l’abate Galiani, Genovesi, Filangieri, ma anche il grandissimo Vico che del superamento dell’illuminismo pose le basi, dando inizio a quello che sarebbe diventato il moderno storicismo.

Napoli è stata importante fino all’ultima guerra mondiale. In essa ha vissuto il grande Croce; ed essa ha ospitato esponenti della letteratura europea, uno dei quali è stato Gustavo Herling Grudzinski, scrittore massimo della Polonia del ‘900, eroe di guerra e animatore della rivista Kultura.

Fu nella villa Ruffo, ch’era stata della famiglia di Paola del Belgio, alla via Crispi, una delle strade eleganti della vecchia Napoli colta, che fu creata, alla metà del 900, la residenza estiva di Benendetto Croce, e nella stessa villa Ruffo visse anche per lunghi anni Gustavo Herling. Lo studio e la biblioteca di Herling, importante testimonianza, esistono ancora al pianterreno dell’edificio. Dunque, ecco che per due diversi motivi, amici della famiglia Croce, e esuli polacchi, ammiratori e collaboratori di Kultura e del ʺsamizdatʺ, frequentarono villa Ruffo e potettero ammirare il golfo dai viali del suo parco.

Ebbene, sembra che questa villa, per tali importanti motivi diventata un ʺluogo dello spiritoʺ di cui Napoli potrebbe e dovrebbe andar fiera, stia per essere deturpata, e forse peggio trasformata, per i soliti interessati motivi. Nulla si può ancora sapere di certo, ma non promettono nulla di buono le paratie in legno, i tavolati e le chiusure che oggi circondano l’edificio impedendo l’accesso. È forse presto per dare l’allarme? Purtroppo non sembra, dato il costume incivile che ormai infetta la città, e poi attentati del genere vanno bloccati sul nascere. Quando si tratta di cultura, di testimonianze, di luoghi e di pietre che sono importanti ricordi, tentare di impedire il peggio non è mai troppo tardi.

È stato così, con colpi di mano e sotterfugi, che Napoli è stata in gran parte travolta. Bisogna impedire che il peggio continui a trionfare; che, mentre altrove si conservano gelosamente tutte le possibili testimonianze di ciò che ha formato la nostra civiltà, a Napoli tutto invece sia gettato nel nulla, per dar spazio ai consueti stomachevoli episodi di speculazione.


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