A circa 70 anni dall’ultima guerra continuano a insultarci: ʺfascista!” Argomento ad pudorem idiota. Servono verifiche biografiche:
Comincio da notizie sicure, cioè dalle mie. Nato nel 1930, i mie primi ricordi, come poi i successivi, non furono fascisti. Mio nonno, avvocato del Foro napoletano, rischiò noie con le squadracce: un suo fratello, già consigliere di governo della Somalia e poi della Tripolitania, fotografato con Mussolini e altri Capi di Stato a Losanna, scrisse sotto la foto quell’Eja eja alal…àrga! che non piacque al Duce. Mio padre, chirurgo, si occupava non di politica ma di gozzi e tumori; mia madre, pittrice, pensava a Cézanne, a Klimt, a Kokoschka, e quando sentiva parlare di fascismo smaniava, non sopportava il cattivo gusto.
Un dei miei primi ricordi: mio nonno che sbraitava contro il duca d.P., nostro ʺcapopalazzoʺ, che pretendeva mi mandassero la domenica in Villa Comunale, con tanto di fez sulla zucca, a cantare Faccetta Nera. Non ci andai mai. Per evitare indottrinamenti, i miei mi fecero studiare privatamente. Siccome in ambiente liberale mi avevano allevato sia contro il fascismo che (ci mancherebbe altro) contro il comunismo, al mio primo impiego, fine anni ’50, e poi nei successivi, i ceffi marxisti mi battezzarono fascista, e tale rimasi fino all’età della ragione (degli altri, che non maturò), cioè fino a ierlaltro e ad oggi.
Fu cosí che, mentre Scalfari e non pochi miei coetanei e tonti assortiti furono prima fascisti, poi stalinisti, infine incazzati e basta, io restai liberale. Tutti i miei amici, Parente, Assunto, Franchini, Magnani, Orsini, Chiusano etc., detestavano l’ammasso dei cervelli; e cosí anche gli amici che coltivo oggi.
Perché avrei dovuto essere fascista, dunque? O poi comunista, se quasi venti lustri mi hanno confermato che il comunismo non ha fatto bene a nessuno, tranne che agli ʺintellettualiʺ, tipi svergognati che lo professarono e lo professano perché fonte di privilegi e di svanziche? Ancor oggi qualche cerebroleso inveisce perché non fui comunista e pertanto (questo il bel ragionamento) fui fascista. Con simili soriti vogliono dimostrarmi che sono dei poveri fessi? Inutile: lo so già.
Ma abbandono il campo delle opinioni coatte e vengo ai fatti. Linee generali del mio comportamento: ho sempre cercato di trattare con brave persone (scusatemi l’arcaismo) che detestano i ragionamenti a merletto o a biscotto, tipici dei cervelli di meze cazette varie e comunque all’ammasso. Come certo sapete, presso i miserabili le passioni umane sono miserabili, e poi trattare con gli scerebrati è noioso. Sí, perché il tempo stringe, e bisognerebbe operare secondo ragione senza perderne altro. Esempio: la Tav? Fàtela, e zitti. Centrali nucleari? Idem. Immigrati? Siamo già in troppi, dunque se ne accolgano pochi. Etc.
Ma basta negazioni; veniamo al positivo. Insomma, da che parte sto, io? Ebbene, sto a sinistra (non ʺa sinistraʺ: le virgolette qui sono eloquenti, perché denotano la traduzione in conformismo di massa). Ed ecco perché:
– Detesto la violenza.
– Ritengo che la persistente povertà, o ingiustizia sociale, sia un’atroce vergogna della quale la società dovrebbe, deve, dovrà finalmente emendarsi.
– Trovo che i poveri solitamente mostrano meglio dei ricchi l’essenza di ciò che chiamiamo umano, e dunque detesto quei ricchi che altrettanto solitamente mostrano non il volto dell’umano, ma il postprandiale ceffo dell’egoismo sazio.
– Detesto le ciarle ideologiche che furono e sono adoperate per perpetuare le sciagure dei diseredati, le ben note fesserie che, sostituendosi ai valori (definiti ʺsovrastruttureʺ), hanno perpetuato l’ingiustizia.
– Va dunque messo in opera tutto l’umanamente possibile per ovviare alla tragica vergogna della miseria; tutto, tranne il vaniloquio e la fessaggine organizzati.
Orbene, tornando al problema generale, da tutte queste ʺnovecentescheʺ vergogne bisognerebbe trarre qualche lezione. Oggi indispensabile, e indifferibile, perché incombe l’Isis. Ma qui casca l’ultimo, più preoccupante somaro: siamo moralmente e culturalmente terribilmente impreparati. Ripenso sempre a Céline: ʺl’umanità è frivolaʺ. Qui da noi, la futilità è diventata ormai una malattia cronica. Mentre si tagliano teste, si impicca gente, si inviano verso le nostre sponde migliaia (ora si dice milioni) di individui tra cui facilmente possono nascondersi assassini, noi, invece, eccoci indaffarati con permanente inbecille foga a darci scambievolmente del ʺfascista!”, a sollazzarci di nuovo con la truffa del Rubygate, a indebolire la nazione rubando tutto il rubabile, a spiegare come debbono essere le desinenze degli aggettivi in epoca cosí colpevolmente antifemminista… Tipicità che fa tremare: quos perdere vult, amentat Deus. Traduzione: Dio istupidisce quelli che vuol perdere. Povera Italia! Ventre non solo molle, ma ormai senz’altro cretino d’Europa!
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