Il patto del Nazareno era diventato, in questi ultimi giorni, una specie di terzo segreto di Fatima. Non c’è da stupirsi, il nostro smandrappato strapaese è uso alla politica come incrocio tra incontri di boxe ed estatica adesione a confraternite vuote, dove il senso della res publica si è perso del tutto, tra cialtroni immobilisti e tifoserie coatte. C’è chi demonizza i contraenti, chi buffamente si propone di inventarsi un candidato contra-pacta, chi minaccia la scissione, chi inventa notti dell’onestà, insomma uno spettacolino da tre soldi fatto per attizzar discordie e nascondere il fatto che tutti questi commedianti d’accatto hanno un obiettivo comune: eleggere un fantoccio in supremo spregio del Popolo Sovrano. Il fatto che ormai non si voti più, li ha liberati da ogni remora di decenza. Non si preoccupano nemmeno di far finta di dar conto, noi siamo nulla. Se tutta quella brava gente che in buona fede diede tanto tempo fa il voto a Grillo, riflettesse sull’uso che ne è stato fatto, probabilmente smetterebbe di applaudire e metterebbe mano agli ortaggi. Ma da ieri non c’è bisogno di veggenti e decriptatori, la nebbia si è dissolta, si è capito che il famigerato patto era un misero bancariello del gioco delle tre tavolette. Renzie a girare l’asso è un assone; e mammola-Cav, ipnotizzato dal volteggio si è fatto turlupinare un’altra volta. Ed eccolo confinato ad Arcore, in questo “tranquillo week end di paura” in cui si perfeziona la repubblica giudiziaria bacchettona nel tripudio dei talebani.
Si da il caso che la Presidenza della Repubblica, oggetto in questi giorni di mercimonio e vilipendio, è l’Istituzione massimamente rappresentativa, agli occhi del mondo, di ciascuno di noi Italiani. Ed in mancanza di elezione diretta – che non avremo mai fino all’estinzione della razza cattocomunista che detesta la Patria – rischia di essere occupata militarmente dagli interessi di chi, per una serie di sfavorevoli congiunture, tutto può essere, ma non Patriota. Nulla è cambiato, signori, da quei giorni d’infausto scenario che portarono alla rielezione di Re Giorgio. Nulla, se non che questa volta c’è un nome – Antonio Martino – che per storia, tempra e qualità avrebbe meritato il conferimento della carica a maggioranza assoluta e alla prima votazione. Infatti gli affossatori della Repubblica evitano accuratamente di farlo, quel nome, giacché non si presta ai loro siparietti d’accatto. Come pure i boss della carta stampata che guardano con bonaria ironia chi, per ottimismo della volontà, crede che un nome così non possa essere speso invano, o peggio, per coprire future nefandezze.
La domanda è: potrà mai darsi che siffatti “grandi elettori” abbiano un rigurgito di coscienza e scelgano in nostra vece, e non “pro-domo ” loro? Certamente, se la scelta dipendesse unicamente da loro, la risposta sarebbe “no”. Ma c’era il patto. Possibile che il Cav abbia sottoscritto un accordo-capestro, per contentarsi delle briciole, spendendo il miglior nome che ha a vanvera, disgustando definitivamente tutti? Alla storiella della riabilitazione non credo, con questa giustizia non è riabilitabile, una grazia non fa indulgenza plenaria per i toghebani, si darebbero subito un gran daffare per inventarsi altri crimini, pure se sostenesse quel topaccio lì, quello del prelievo. Non resta che la seconda ragione. Cav aveva gran voglia di passare alla storia. E per ciò fare, l’unica riabilitazione possibile passava per la politica ”alta”.
Dal ’94 non ha combinato un tubo. Ha fatto strangolare l’anima liberale da un’orda di cattocomunisti agguerritissimi; ha annullato in una botta tutte le sue costruzioni ed intuizioni di politica estera contribuendo all’omicidio di Gheddafi, ci ha fatto votare gli invotabili, ci ha costretto pure – diciamo la verità – qualche volta a fare i pagliacci insieme a lui. Questo era l’ultimo treno. Ma la politica alta, come l’amore si fa almeno in due.
I nostri, e non solo, vogliono che Antonio Martino sia il dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana. Lo vogliono perché sono stanchi di non avere una Patria, stanchi di essere diaspora, fazione, derisione, stanchi di essere colonia. Lo vogliono perché il suo volto sereno è quello dell’Italia migliore, educata, elegante, gentile ed autorevole; perché non tradirebbe e non ha mai tradito la delega che gli abbiamo conferito, sempre votando secondo coscienza. Noi lo vogliamo perchè vogliamo riprendere ad amare l’Italia. Lo vogliamo oggi – e lo diremo in Piazza Montecitorio -, con maggiore forza e convinzione, mentre dentro al palazzo si celebra l’ennesima messa nera di una partitocrazia furente, autoreferenziale, che disprezza il popolo sovrano.
Se il Cav manterrà il punto, farà saltare il banchetto coll’imbroglioncello e si batterà al nostro fianco come un leone. Riabilitando la Patria, riabiliterà se stesso. Patrioti si nasce. Si sta scrivendo un’altra pagina nera. Non vogliamo concorrere. Non in nostro nome.
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