Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine.[…]
(Giacomo Leopardi)
Non mi piace questo secolo, ma non credo sia per il fatto che sto invecchiando e mi ritrovo come tutti a lodare i tempi passati. I miei nonni avevano nostalgie della loro giovinezza. Nostalgie private, individuali, il rammarico di non avere più la stessa forza giovanile. Teneri ricordi dei volti perduti, di consuetudini cadute nell’oblio, di fatiche scomparse, di sogni realizzati poco a poco. Continuare a costruire lo spazio e il tempo intorno a loro era rassicurante e carezzevole, aveva un nome meravigliosamente significante: tradizione. Ci consegnavano ogni giorno ciò che a loro era stato consegnato: un’eredita immateriale e preziosa. Quella dei costumi, degli affetti e del buon senso. Pietre angolari sulle quali le famiglie si costruivano e l’insieme delle famiglie, costruiva le Patrie.
In poco tempo tutto si è dissolto. Dei nonni non resta più nulla. Il buon senso è stato ucciso dalle regole. Nulla è più sentito, tutto è prescritto; mi sono spesso chiesta se qualcuno di questi legislatori e regolai abbiano mai provato ad immedesimarsi in qualcun altro, e se si siano mai chiesti se intrufolarsi negli affari altrui, senza peraltro fregarsene un granché, non sia gravissimo, indebito sconfinamento in una sfera personale tanto delicata quanto infrangibile.
Le norme su tutto, funzionano esattamente come la cattiva moneta, la quale, si sa, uccide quella buona. Così ci stanno costringendo in uno sgabuzzino fetido, dove tutto è prescritto a perfezione e con lo stesso metodo liberticida: dalle banane alla famiglia.
Già, la famiglia. Gli omosessuali sono sempre esistiti, io stessa ho avuto coppie meravigliose di amici che vivevano senza ostentare i loro costumi sessuali, nè volerli imporre per legge. Fra di loro, c’è stato anche qualcuno che non ha resistito alla perdita del compagno e ha scelto di morire subito dopo di lui. Qualche volta, queste persone adottavano dei ragazzini, educandoli e pagando loro gli studi, con discrezione e li avviavano perfino, da zii lungimiranti, al matrimonio. Tutto con garbo. Brave persone, che sarebbero inorridite all’idea che il loro comportamento – seppur ineccepibile – fosse assimilato ad una famiglia vera per legge. Perchè la legge – che dovrebbe essere uguale per tutti – non può esserlo nella sfera privata dei sentimenti, proprio perchè ciascuno di noi è diverso da un altro, e paradossalmente può favorire chi di buoni sentimenti è sprovvisto. Un legislatore ragionevole predisporrebbe senza indugio i sacrosanti diritti alle coppie di fatto, punto. Matrimonio, lancio del bouquet, ed altre simili pacchianerie – spesso foriere di cattivi presagi anche per coppie etero, non possono e non devono entrare nei codici.
Anche l’eutanasia è sempre esistita. Discretamente e con molto dolore, i malati sofferenti e senza speranza si accompagnavano in cielo sotto lo sguardo pietoso del medico di famiglia, che era sempre un amico, e che aveva sempre gli occhi umidi anche lui. Un atto d’amore estremo, lacerante, privatissimo. Ho ancora nelle orecchie i singhiozzi di mio nonno, lo sguardo compunto della tata, che fissava il suo ferro da stiro per non guardarci in faccia, mentre diceva: “la nonna se n’è andata. Ora non soffre più, è tra gli angeli. Ed ora, preghiamo”. E noi, piccoli, a farci il segno della croce più contrariati che tristi perchè certo, chi va in Cielo sta meglio, ma valla a trovare, lei, che stava sempre in giro con la gonna svolazzante e gli orecchini che si sarebbe messa di nuovo, ora che non era più tanto malata da non poter neppure sorridere.
Sarebbe assai facile se si potesse far eutanasia per legge, favorire tutti quei figuri senza amore e senza compassione, ansiosi di sbarazzarsi di un congiunto sofferente, di un anziano scomodo. La legge non guarda dentro le coscienze individuali, irrompe nelle nostre vite come una ruspa per regolarizzare ogni destino.
Più si legifera, più il mondo si oscura. La religione della regola è il peggiore degli integralismi: uccide le coscienze, dopo averle bandite come fuorilegge.
Ma poi a quale titolo e per quali sconosciuti meriti i potenti si arrogano il diritto di imporci il loro prestampato di amore, di famiglia, di vita e di morte? Quale nefasto disegno muove l’iconoclastia sistematica di ogni simbolo di bellezza? L’unicità dell’individuo, nel bene e nel male, è il grande mistero e il grande capolavoro della creazione. Non siamo categorie burocratiche e non siamo statistiche. Siamo pensiero, emozioni e sogni, anche se fanno di tutto per farcelo dimenticare. Cielo stellato, e legge morale, buonanotte al secchio. Siamo tutti “ignoti 1,2,3…” obbligati ad ottemperare il nulla.
Vi siete mai chiesti se per incanto queste infinite prescrizioni, vessazioni, imposizioni venissero all’unisono cancellate, il mondo sarebbe peggiore?
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