Ancora un’ennesima (forse ultima?) meditazione a due tempi su Napolitano.
Primo tempo: Sartre, seguace del signor de Lapalisse, afferma che la qualità d’una persona dipende dall’importanza che le accorda la platea. Questo non è affatto vero; è vero solo per metafora, nel caso dei politici, la cui qualità spesso sta solo nella loro ʺsimpatiaʺ sociale. O viceversa: ad es. qui da noi, contro la nostra plebea, colpevole anomia, il rispetto per il Presidente sarebbe un farmaco d’importanza vitale. Ma lui non ha fatto molto per suscitare durevoli simpatie.
Secondo tempo: forse anche per problemi del genere sarebbe bene cominciare seguendo la falsariga di problemi colossali, come quello cui accennò Benedetto XVI a Ratisbona nel 2006: Dio è per definizione a legibus solutus -, ma tuttavia non può trasgredire alle leggi che noi chiamiamo valori: la bontà, l’amore, la parola data, la difesa del debole etc. C’è qui contraddizione?
La risposta maomettana sarebbe: no, non c’è, perché Dio fa e disfa le leggi a suo piacimento, e pertanto ad esse – ivi compresa la legge delle leggi, ch’è quella del mantener fede alle leggi promulgate – obbedisce solo se vuole. In altri termini, egli può persino, mancando alla parola data, disobbedire a se stesso.
La risposta cristiana è ancora no, ma stavolta perché Dio ʺèʺ quelle leggi. Sono infatti le leggi i valori che fondano la sua divinità. Questo è il Dio cristiano, neotestamentario, che amiamo proprio perché egli letteralmente ʺèʺ l’insieme delle leggi sulle quali riposano la nostra civiltà e la nostra coscienza.
Veniamo ora, avvalendoci (si parva licet…etc.) delle nostre meditazioni inesperte, alla questione di re Giorgio. Fin dove si può redarguirlo severamente senza ledere l‘istituzione ch’egli impersona? Per noi non maomettani, finché egli coincide con la figura presidenziale costituita dalle leggi delle quali gli fu affidata la custodia o, meglio detto, con le leggi che egli è, egli è legibus solutus; ma se le trasgredisce, perde questo privilegio perché perde se stesso.
Vi piace il mio forbito argomentare teologico-giuridico-istituzionale? Spero di sì e, forte di tale speranza, esclamo: io mi sento uomo d’ordine, e pertanto sento che la figura istituzionale va difesa, anche se deficitaria, purché non ceda sui valori fondanti, ovvero sulla causa finale che fonda il suo stesso essere.
Questa aristotelica causa finale consiste in ciò: il Presidente viene scelto per guidare e difendere la Nazione, e sorvegliare sul suo buon mantenimento e sviluppo (non ridete!). Si noti: ciò mostra che la questione dirimente è di natura ben più che politica: essa è addirittura ontologica se, come abbiamo detto più sopra, il presidente è le leggi che costituiscono la sua persona istituzionale.
Tutto ciò dilegua qualora la figura fisica del presidente diverga da quella istituzionale: come allorquando, ad es., leda la legge della libertà ed autonomia dello Stato predisponendone magari ʺl’asservimento allo stranieroʺ, etc.
Il caso Napolitano è tutto qui. In effetti, fu in maniera tutt’altro che ortodossa ch’egli fu insediato e poi operò: tutto avvenne su mandato ʺesteroʺ, e per fini estranei a quelli connaturati con la sua presidenza. Per es. come può essere intima ratio d’una elezione presidenziale il condividere con assordanti silenzi il compito di procedere alla distruzione di Berlusconi (magari su mandato USA)? Una figura istituzionale non è più intangibile e indiscutibile allorquando opera contro i valori fondanti ad essa affidati, idest contro se stessa, perdendosi dietro scopi di chiara natura allogena, se non a carattere addirittura…ʺmafiosoʺ.
Napolitano potrebbe bene essere il presidente, ad esempio, del costituendo Califfato dell’Isis, dove vige la libertà della trasgressione, propria alla pura ʺforzaʺ, come Allah: quella libertà che è licenza. Ma non cosí da noi.
In nuce: il proverbiale savetier ha in sé la determinazione sine qua non del ʺsaper fare scarpeʺ. Per quel che riguarda noi, suoi clienti, egli ʺèʺ il saper fare scarpe. Se egli non sa farle, è evidentemente da sostituire non appena possibile. ʺRispettareʺ un savetier che non sa fare la savate!? Ma insomma…! Altrimenti basterebbe metter ritto uno spaventapasseri di paglia con appesa al collo la scritta ʺPresidenteʺ, per poi genuflettersi innanzi ad esso con stolida idolatria.
Infine, tornando a Sartre: Napolitano non ha emesso né moniti né ʺdiscretiʺ inviti a punire i colpevoli quando si trattava di martoriare illegalmente Berlusconi, o quando furono costruiti all’Aquila migliaia di micidiali balconi di cartone pressato per le case dei terremotati, o quando ci si magnó i miliardi da destinare al drenaggio di Genova. Gravissime mancanze e furfanterie. Per converso, l’incontro con Bagarella e Riina assolutamente non sarebbe stato da fare: accostarsi a delinquenti non fa parte delle note costitutive della figura presidenziale. Siamo estremamente scontenti di King Giorgio, certamente, ma non della figura istituzionale che, troppo importante e utile per ricostituire la nostra semi-dissacrata Nazione, non va trascinata nel fango tra le sbarre delle galere siciliane. I giudici palermitani danno l’impressione di soffrire d’una grave mancanza di sale in zucca, carenza del resto spesso rilevabile anche tra i loro colleghi. Vogliono seppellire l’Italia? Sarà l’Italia, io spero, a seppellire loro (e compagni della parrocchia).
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