Un giorno assai triste: è morto don Orlando Di Tella, il sacerdote nativo di Capracotta, l’omone buono che aiutava coi suoi scarsi mezzi tutti i Molisani che lo meritavano e che non lo meritavano.
Non dirò, per lui, il pacchiano ʺMi manchi!” oggi in uso per mostrare ancora una volta, innanzi alla morte, la cretina reclusione nel proprio Io tipica di noi screanzati consumatori.
Un don Camillo meno bisbetico, munito d’una piccola utilitaria che filava rapida come la bicicletta di don Matteo ovunque qualcuno patisse. Cólto della solida cultura d’una volta, che mescolava la parola dei padri della chiesa e inforazioni sulle virtu’ di piante selvatiche, versetti dei Salmi ed esigenze del maggese, il bel latino dei ʺginnasiʺ di cento anni fa e i dimenicati versetti di messe pretèrite. ʺLaetificavit juventutem meamʺ, veniva da pensare osservando l’atletico otantenne.L’aspetto della sua bibliotechina, tenuta in ordine amorevole, stringeva il cuore: alcune centinaia di libri, ma tutti letti e riletti.
Quando nel Molise s’è fatto quacosa di benefico, c’era sempre lui tra le quinte. Veniva a trovarci talora, nei ritagli di tempo; invitato a colazione, finiva per bere quasi solo un caffè. Sempre in fretta. Io penso che anche domani, a Capracotta, nella messa celebata per l’addio (senza fiori; solo ʺdenaro per i bisognosiʺ), la sua anima sia passata rapida tra i fedeli per poi correr via ad esorcizzare qualche sofferente.
Io lo abbraccio di tutto cuore. S’è portato con sé un altro pezzo di quell’Italia campestre, le valli appenniniche profumate di ʺmentucciaʺ, che tanto amo.
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