Esiste qualcosa che si chiama onore nazionale, e che non è fascismo. Chiamatelo come volete: esigenza d’una comunità di non soggiacere a colpe o vergogne collettive; desiderio di rigore etico d’un gruppo d’uomini. Per converso una nazione che, addirittura recidivando, lascia condannare un innocente, è una nazione che ha perduto l’onore. E il presidente Napolitano che in modo subdolo, e pertanto vile, ha collaborato alla regía del disonore, è un lacchè che agisce su comando. Sì: gli apparatčik erano e sono fatti per obbedire.
Certo, ora c’è la crisi; e tutti sanno, anche se nessuno lo dice, che questo è il seguito di quel quid che fece ricco il ʺdottʺ. Di Pietro. Qui bisognerebbe capire come mai le stesse ricompense e gli stessi compensi benefichino ancora e sempre tanta… gente. Ma de hoc satis. La faccenda viene di lontano e andrà ancora lontano.
Più facile è capire come il suddetto segreto di Pulcinella ʺleghiʺ tanto bene con il miserevole stato della situazione italiana. Una prima spiegazione, generica, c’è: è più facile soggiogare i deboli, uno Stato quasi inesistente. E da noi le cose vanno proprio cosí: ignobile disordine, anomia e conformismi, ingiustizie su ingiustizie travestite da legalità. Sopportiamo da sempre questa immondizia tanto comoda agli altri. Ma – le cause lontane? E’ forse possibile intravvederle.
La prima probabilmente è la tradizione italiana dell’anarchismo generato dall’eccessiva, storica ingiustizia sociale. Lasciamo da parte Pisacane, Malatesta, Cafiero, Costa, Bresci, Passanante, Sacco, Vanzetti, e chi più ne ha più ne metta. Quando l’innocuo anarco-cattolico Giovanni Papini dichiara di preferire la disordinata cacofonia dell’orchestra che accorda gli strumenti al successivo programma sinfonico, credo esprima abbastanza bene, anche se ʺalla buonaʺ, una situazione sociopsicologica di cui si occuparono anche Gramsci e Gobetti. Altra causa: su tale terreno anarcoide s’è depositato il nihilismo delle due classi emerse dall’industrialismo, la piccola borghesia e la plebe. Certo questo nihilismo è un male europeo, ma da noi talmente grave, da rasentare il suicidio sociale.
In questa atmosfera di generica anomia fiorisce la reviviscenza della ʺmodaʺ comunista, di cui ora è portatore il Napolitano. Il quale dirige la baracca, dicevo, da vero apparatčik. Il che conferma ció che già sappiamo: il comunismo muore proprio in questo modo. La ʺteoriaʺ finalmente defunge, ma resta il ripugnante costume totalitario: metodi coercitivi, anche obliqui; e obbedienza. Anche il PD s’è trasformato in un ʺqualsiasiʺ partito, ma con questa peculiarità dello stile. Vedi il pactum sceleris coi togati. Vent’anni fa lasciammo crocifiggere Craxi. Poco dopo la Ariosto risuscitó la sagra delle menzogne contro Berlusconi. La magistratura ora s’abbandona al delirio di onnipotenza predisposto dal lungimirante Togliatti.
Insomma: Menenio Agrippa aveva ragione: la società è un organismo. Al quale però, come precisa Antonio de Guevara, il cinquecentesco inquisitore di Carlo V°, occorrono soggetti ʺmultipli nell’unitàʺ, una discorde concordia. La patria è questo: un amore che faccia convergere vari programmi e prospettive di vita.
Il verme della mela è proprio qui. Il marxismo è stato sempre nemico dell’idea di nazione; il suo internazionalismo esige quella disgregazione per anomia, la discorde discordia (generata dall’assenza del sentimento di patria) che facilita il contagio. Il suo scopo storico collima con l’ideologia della plebaglia. Del resto le due cose (comunismo, idearî spiccioli delle moltitudini industriali) sono nate da un parto. Si tratta di ʺrimeʺ ormai note. Da noi tutto ció, dicevamo, facilita le ʺviolenze viliʺ di Napolitano. Giorni fa abbiamo visto torpedoni di manifestanti bloccati; striscioni strappati dalla polizia, la minaccia della galera a chi avesse osato protestare. Ma come! Il Presidente fino a ierl’altro tanto puntigliosamente super partes!? Ció è significativo. Il fifone si fa coraggioso e abbaia quando obbedisce a qualcuno.
Orbene, sbaglia chi crede che noi consideriamo Berlusconi un duce. Uomo forte!? Macché. Egli è semplicemente l’unica persona che usa senza vergognarsene parole come amore, bontà, patria. ʺL’amore vince sull’odioʺ, osa dire. Occorre capire che egli è un uomo finalmente diverso da noi – perché assolutamente disobbediente (la prova: vuole eliminare l’euro) dunque indispensabile per spezzare il diabolico incantesimo che ci impedisce quello che sarebbe un vero e proprio ʺritorno alla vitaʺ. In luogo di ció, ora lo manderemo in galera. Ci attendono anni di rimorso e, come sempre, di ʺobbedienza allo stranieroʺ. Amen.
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