Guardo le immagini dei tg e provo rabbia, come, immagino, tutti. Ma non sensi di colpa. No. Leggo il bollettino dei morti. E sono solidale coi miei fratelli del mediterraneo annegati in mare, anche se di questa solidarietà non sanno che farsene, ora, ma in realtà anche prima. Sono vicino a loro, di una vicinanza inutile, certo. Ma non provo anche sensi di colpa. No. No, fratello, non sono stato io ad ucciderti, anche se scrivo queste parole comodamente dal mio pc di casa, con l’illusione di essere più libero di te. E nemmeno è stata il ministro Kyenge o la Boldrini, sebbene la loro retorica dell’accoglienza sia insopportabile, come l’idea ridicola che gli italiani siano dei razzisti da mandare ai campi di educazione (ma se agli abitanti di Lampedusa dovrebbe essere dato quel premio Nobel erroneamente inviato ad altri!).
Nemmeno ti hanno ammazzato quelli che vorrebbero, stupidamente, erigere un muro, che si illudono di stare al sicuro da tutto ciò sigillandoci in casa, e nemmeno è colpa di una legge, la Fini-Bossi, per quanto sbagliata e da mettere in soffitta. No.
Ad ucciderti sono stati la fame, la disperazione, la guerra, ciò che ti ha spinto a lasciare la tua terra e i tuoi cari, i tuoi figli, per poter giungere laddove avresti potuto mandare loro qualche spicciolo, solo da questo attirato, non certo dalle depravazioni e dalla “cultura dei diritti”. Come del resto facevano i nostri connazionali e – non lo dimentichiamo – fanno ancora tanti tuoi fratelli del meridione di questo piccolo paese verso cui eri diretto.
Un paese che non ha voce in capitolo su nulla, guidato da nullità contro cui per decenni i suoi cittadini – manipolati dai mass media – hanno lanciato i loro strali con accuse fuorvianti, superficiali di corruzione, omettendo di concentrare la loro attenzione sul crimine maggiore di quella classe politica, la totale assenza di visione del futuro e di amore della loro Patria. Perché, a rifletterci bene, ad ammazzarci tutti, a te in modo straziante ed orribile, a noi in maniera più graduale, lenta, come l’agnello che si cuoce nel forno, è questa povertà di visione, questa assenza di una progettazione del futuro dei nostri figli e di voi che siete sull’altra sponda del mare nostro (tuo e mio).
Non i drones né il multiculturalismo d’accatto vi salveranno e ci salveranno, e nemmeno il fondamentalismo che attecchisce sempre di più nella tua terra, ma solo la capacità di realizzare un Mediterraneo libero, quindi un vero ponte tra occidente e oriente, con scambi commerciali e un colloquio franco e schietto in cui nessuno pensi di essere esente dal mettersi in discussione, in cui venga finalmente fuori il dormiente uomo religioso, che non è quello appartenente a questa o quella confessione ma colui che riflette, si raccoglie in sé, recupera la facoltà del pensiero, prega.
Ma so che anche queste parole – dalla bocca di un tuo fratello impotente, privo di senso di colpa ma non per questo indifferente alla tua e alla sua tragedia, bombardato dalle opposte retoriche ad uso di bassa politica domestica, che ti scrive da una terra che è la porta d’Europa dell’immigrazione, una terra lasciata a sé stessa, quando si tratta di governare questo fenomeno, ma oggetto di imposizioni e ricatti da cui non sa liberarsi, quando si tratta di decidere del suo destino, un paese e una nazione che non contano nulla – serviranno a un cazzo e hanno solo il valore di uno sfogo da social network…
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