AVENTINO

È sconfortante constatare lo stato di sudditanza, culturale prima che politica, del cosiddetto centro-destra rispetto alla parte progressista del Paese. L’alleanza di governo è l’atto finale e non rappresenta solo la sconfitta del berlusconismo, ma la sua fagocitazione. I provvedimenti di governo, in particolare gli aiuti (farlocchi) alle imprese, la lotta agli evasori – senza prima aver abbassato le imposte – condivisi appunto anche dalla maggioranza del Pdl, l’incapacità di proporre altro che non sia un mero appiattimento sulle posizioni progressiste significa lo sbando totale, certifica l’assenza di guida e di lucidità del centro-destra.

Ovunque, nei piccoli comuni, nelle regioni, fino al Governo le posizioni espresse dal Pdl sono deboli, si limitano a proteste educate e non troppo chiassose rispetto a chi – ormai in ogni dove e ad ogni livello – governa: la sinistra. La battaglia del Pdl, già prima della condanna che aleggiava nell’aria a Berlusconi, si è smorzata, limitandosi alle lotte animaliste della Brambilla o a quelle anti-fumo della Lorenzin. Non mancano solo le idee, manca la voglia di combattere.

Non impera solo lo sconforto derivante dalla sconfitta subita a causa della magistratura, della stampa main stream e della parte benpensante del Paese, è peggio. Sembra di assistere alla volontà di compiacere ai padroni del vapore, ora che il cappello di Berlusconi ha troppi buchi per offrire un riparo sicuro. Sembra una gara ad apparire dei buoni diavoli: berlusconiani sì, ma innocui, anzi intelligenti (perché annuiscono in silenzio) e collaborativi. Dei nemici di facciata, utili a mantenere l’assetto di potere in atto, a patto di continuare a ricevere un tozzo di pane.

La condanna di Berlusconi mette una pietra tombale su ogni speranza di cambiare direzione al paese in chiave libertaria. Certo, politicamente Forza Italia prima e il Pdl poi avevano già fallito, non sono stati in grado di attuare alcuna riforma degna di questo nome, dimostrando poca incisività e accettando compromessi antitetici ad un libertarismo, seppur minimo. Tanti loschi figuri hanno utilizzato la forza elettorale di Berlusconi per trasformare una battaglia politica in un comitato d’affari, e il Cav. non è stato capace di dire di no a troppi, per non perdere un pugno di voti.

L’ultimo cambio di strategia – passando dallo strillare alle “toghe rosse” alla collaborazione, al senso di responsabilità, ai toni più pacati – non ha pagato. Se qualcuno si aspettava una ricompensa, non è giunta, ma era prevedibile, quasi certo così sarebbe stato. Napolitano se ne lava le mani e mai, nemmeno se il Cav. ne avesse pieno diritto, spenderebbe una parola in suo favore. Figuriamoci se lo farebbe ora, quando la stampa progressista e mezzo paese difendono il pur indifendibile giudice Esposito.

Il problema, però, non è Berlusconi, ma il Paese. E la condanna al Cav. – oltre a dispiacere dal punto di vista umano, come dispiace per ogni qualsiasi altra vittima di ingiustizia – è solo un ulteriore passo verso lo sfracello.

Uno sfracello culturale e politico, dove imperano modelli falsi, tesi a distruggere la nostra società: l’immigrazionismo selvaggio, la demonizzazione di ogni comparto produttivo (ladri ed evasori), l’emanazione di ulteriori leggi per rilanciare l’economia di stampo stalinian-statalista, la restrizione delle libertà individuali – come la limitazione dell’uso del contante e il controllo dei conti correnti -, il giustizialismo politico, la distruzione della famiglia come modello sociale, ecc.

A fronte di tutto ciò Berlusconi rappresentava solo una debole fiammella, la speranza (delusa mille volte) che almeno lui avrebbe potuto tentare di opporsi a tutto questo. Non ci è riuscito. Addirittura molti suoi consiglieri – al peggio non c’è limite – vorrebbero chiedesse la grazia, vorrebbero baciasse l’anello al proprio carnefice! Allora cosa rimane? Può ancora valere il ragionamento “meglio Alemanno che Marino, meglio Moratti che Pisapia, meglio un finto centro-destra che scimmiotta la sinistra, delle sinistre”? Sinceramente no. Grillo, ovviamente, non si considera nemmeno. Non fa testo.

I libertari non sono capaci di fare la rivoluzione, non sono in grado di scendere in piazza e di spaccare tutto o, tanto meno, di usare le P38. L’unica possibilità rimane l’Aventino. Si consegnino le armi, si diano le chiavi di ogni residuo centro di potere alle sinistre lasciandoli governare da soli, senza più alcun alibi alla loro insipienza. Contemporaneamente si smetta di votare e di pagare le tasse. In modo intelligente, ovviamente. Chi ha una attività intesti le proprietà a dei prestanomi fidati, così quando arriveranno i banditi di Equitalia troveranno una scatola vuota. Si usi più possibile il contante. Si faccia attenzione persino alla guida, a non commettere infrazioni: i Comuni vivono di queste. Siate accorti, impeccabili e senza scrupoli: moriranno.

Solo qualche anno di governo con il loro stile, e i danni che produrranno saranno definitivi ed irreversibili (già sono enormi). Saranno costretti ad abbandonare il timone, a gettare la spugna, a chiedere aiuto a chi veramente sa fare, sa costruire e produrre. Allora, solo allora si potrà tornare e, dopo averli presi a pedate, iniziare a ricostruire il Paese.


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