Il problema del Pdl non è quello di non saper competere nelle amministrative, ma di mancare completamente di una classe politica. A meno di non considerare Alemanno, Gasparri, La Russa, Santanché, Scajola, Cosentino, Bondi, ecc., la classe dirigente. Così fosse, per carità, si smetta di leggere ora, perché probabilmente sfugge alla comprensione la differenza tra “classe dirigente” e “classe digerente”.
Mancanza di struttura dirigenziale, si diceva, perché non si è mai voluto costruire un partito, e non lo si è voluto fare perché latita completamente la politica. Partito leggero, rapporto diretto del leader con i propri elettori, meno male che Silvio c’è, ecc.: tutte balle. Solo delle labili scuse alla mancanza di idee, alla capacità di progettare una società e un Paese nuovi. Tutti al traino di Silvio, con i voti in franchising. Prima o poi – procura o non procura, di certo per legge di natura – il Pdl potrà solo cantare meno male che Silvio c’era. È inevitabile. Nel frattempo, nulla avendo costruito, nulla resterà.
Il Pd è più o meno nella stessa situazione: poche idee e ben confuse. A differenza di quelli del Pdl però, esprimono l’assenza di pensiero in modo chiassoso. È così che nascono le risse: non perché si voglia difendere una convinzione, ma per non averne affatto. Alla fine della pugna nemmeno ricordano perché la battaglia sia iniziata: tutti al bar a festeggiare, tanto il voto di scambio funziona sempre. Intanto però, zitto zitto, un merito questo partito ce l’ha: quello di aver annichilito ogni suo alleato: da Rutelli a Di Pietro a Vendola. Da qui non passa Rodotà.
Grillo ha iniziato un declino tanto rapido quanto è stata veloce la sua crescita. Destino inevitabile per chi si è ritrovato a gestire gente di destra e di sinistra, senza riuscire ad unificarle in un disegno comune. Impegno ciclopico, ma unica via percorribile per evitare di ritornare nelle caverne (si fa per dire). Unica alternativa al continuare ad aizzare l’indignazione popolare, sollevando scandali. Strategia che l’ha portato nelle stanza del potere, ma che non è riuscito ad alimentare svelando qualche segreto di Palazzo come promesso. E già, perché i pescecani che pullulano il Transatlantico aspettavano Crimi o Lombardi per confidare loro intrallazzi e furberie. Ladri, mica fessi.
La crisi non è quindi solo di un partito, magari!, ma di tutta la classe dirigente in senso proprio: capitalistica, politica, culturale. Si sono smarrite (da tempo ormai) quelle élite capaci di guidare intellettualmente e moralmente la società, della quale però continuano a detenere un vuoto potere.
L’idea d’Europa nata con Altiero Spinelli, la demonizzazione delle identità nazionali, culturali, popolari, religiose ha prodotto una forza centrifuga inarrestabile che continua a disgregare la società e di conseguenza gli Stati. Bisogna ritornare a difendere gli antichi valori, per poter sperare di ritornare ad avere quel minimo di forza e determinazione necessari per far crescere la nostra terra, le nostre aziende, le nostre genti e le nostre famiglie. Non è fascismo, il fascismo era un metodo (sbagliato, dittatoriale), nemmeno retorica, qui si tratta di semplice buon senso. Quello che dovrebbe prendere il sopravvento, per semplice spirito di sopravvivenza, di fronte a catastrofi imminenti, come quella che ci sta precipitando addosso.
Invece chi governa si muove in direzioni opposte o non fa nulla, non hanno fatto nulla fino ad adesso, attendendo cada la procedura d’infrazione per eccesso di deficit, e continueranno a temporeggiare sperando cada la Merkel. E chi vive sperando…
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