COMICI

Oh sì, è stato indecente Berlusconi quando fece il cucù alla Merkel, volendo risultare spiritoso in un contesto ufficiale. Pessima l’uscita, sempre del nano malefico, quando affermò fosse meglio essere appassionato di belle ragazze che essere gay: decisamente politically incorrect. Tremendo quando affermò fosse il caso di investire in Italia perché c’erano belle ragazze e molti meno comunisti di un tempo (forse sbagliando).

Che dire dell’intemerata «Ho troppa stima dell’intelligenza degli Italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse.»? Che scandalo!, superato solo quando diede dell’abbronzato a Barak Hussein Obama. Non parliamo poi di quando, volendo fare lo spiritoso e il galante d’antan, esagerò in un insistito doppio senso, chiedendo ad una promoter quante volte venisse.

È patetico, certamente, quando si vuole fare gli spiritosi e si sbaglia mira, scivolando nel cattivo gusto – per colpa propria – e perché la stampa, non attendendo altro, ne dà lettura in chiave univoca e assai poco condiscendente. Voler risultare divertenti e suscitare l’effetto opposto è, appunto, penoso, fa girare la testa dall’altra parte e ci strappa un “Mio Dio!” di disapprovazione, ma c’è una cosa peggiore ancora: voler essere seri, impegnati, autorevoli e non accorgersi di far ridere l’universo mondo.

Ridere di gusto, anche se in modo amaro, perché la realtà supera di gran lunga l’immaginabile, sortendo un effetto comico, involontario quanto inevitabile. La stampa main stream, quella che conta, cerca di far finta di nulla; registra, riporta, ma a differenza dei casi di cui sopra – protagonista il Puzzone – mantiene uno stile british, trattenendo i commenti.

E allora zitti, guai a ridere di chi ha ridato dignità internazionale all’Italia, il sobrio stil loden, che con il caso dei due marò ci ha fatto diventare uno zimbello anche per le foche degli eschimesi. Guai a far notare quanto sia comico Grillo – anche quando non vorrebbe esserlo – per l’attacco ai presidenti di Camera e Senato, dopo aver contribuito a far eleggere Pietro Grasso sullo scranno più alto di Palazzo Madama. Meglio non esagerare nell’attaccare il leader 5 volte stellato: il momento è delicato.

Inarrivabile, per comicità involontaria, Bersani. Tanto che, fossi in Crozza, sarei sinceramente preoccupato per la concorrenza. Il presidente del Pd non accetta di fare un governo con il Pdl perché con questa forza politica non sarebbe possibile rinnovare il Paese. E per far vedere quanto tenga al rinnovamento, come capogruppo al Senato ha spedito Luigi Zanda, uno che ha iniziato la sua carriera all’Iri, in un altro secolo, e sembra appena uscito da una riunione del Komintern.

Da rotolarsi a terra per le risate il giro di consultazioni per la formazione del nuovo governo, incominciato incontrando Susanna Camusso, segretaria della Cgil, Roberto Saviano (colloquio definito illuminante), l’Anci e il Forum del Terzo settore per proseguire il giorno seguente con Confagricoltura, Cia, Copagri, Confcooperative, Coldiretti, Censis, Confindustria, Abi e Ania. Caspita!, qualcuno avrebbe la gentilezza di spiegare a questo signore che i governi si fanno in Parlamento? Ma a questo forse ci stanno pensando Ugo Sposetti, senatore Pd, beccato in cordiale colloquio con quell’«impresentabile» di Denis Verdini.

Nel frattempo, causa il grave momento, il Pd è passato da posizioni Sì-Tav a quelle No-Tav, spedendo al corteo Laura Puppato. Quale migliore occasione di incontrare dei parlamentari grillini se non una bella e sana manifestazione? Ci è andato pure Michele Emiliano, sindaco di Bari, che per recarsi al lavoro passa per la Val di Susa ogni mattina.

Qualcuno ha chiesto a Bersani una dichiarazione sulle posizioni di quelli che, nel suo partito, pensano ad un governo di scopo col Pdl. «Mi sono occupato di tutt’altro» ha risposto «e intendo occuparmi di tutt’altro.». Al riguardo ci sono pochi dubbi, a breve Bersani si occuperà di tutt’altro, per la disperazione di Crozza e nostra: era da tempo che, seppur amaramente, non ridevamo tanto.


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