LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

Finché Atahualpa – o qualche altro Dio – non ti dica “scànsate ninjo, che continuo io”.
(Paolo Conte)

Dopo lungo tempo si intravede finalmente una luce in fondo al tunnel, dice Mario Monti. C’è da credergli, non è un puzzone qualsiasi, come quello lì, quello di prima (nemmeno voglio nominarlo). E in effetti, a ben guardare, forse ha ragione. La Fiat non investirà più in Italia, almeno fino a quando la crisi non passerà (ma forse a Marchionne non è balenato per la testa che se la crisi passasse, la gente acquisterebbe Mercedes, non Fiat.). Intanto sta facendo faville in Brasile, dove ha trovato governanti più ottimisti o forse solo un po’ più creduloni e sempliciotti cui spillare quattrini. D’altronde è il Paese che ha creduto alle balle di Cesare Battisti. Prima o poi se ne accorgeranno e ci rispediranno indietro una marea di Maree, un pluriomicida e forse pure Marchionne. Ma fino a quel dì, se si prendessero pure la Camusso e Landini, sarebbe perfetto. Accontentiamoci di esserci tolti di torno un criminale, che da noi sarebbe già in permesso-premio per buona condotta, con tanto di rubrica chic su qualche quotidiano radical; meglio quindi che se ne stia sulla Praia de Copacabana, piuttosto che al Lido di Ostia. Ci siamo levati dalle scatole pure una macchina di merda, che per venderla non bastava più nemmeno invocare la carità di Patria e che abbiamo sempre pagato almeno tre volte: dal concessionario, dal meccanico per le infinite riparazioni, e con i pubblici finanziamenti, casse integrazioni, varie ed eventuali.

Anche in Rai ci sono prospettive di miglioramento, ma bisogna ringraziare La 7 per questo. Infatti la fuga di geni – che alcuni paventavano avrebbe ridotto sul lastrico la Tv di Stato – si è sgonfiata notevolmente. Sbarcati in pompa magna su La 7, messi alla prova e immediatamente cacciati a pedate. E tanti saluti a Serena Dandini e Sabina Guzzanti. Plùffete, giù dalla torre (senza nessuno a denunciare diktat di regime). Per gli altri, la Tv di Telekom fungerà da zoo monotematico, brodo di coltura del pensiero unico: ai soliti Gad Lerner e Lilli Gruber si affiancherà pure Michele Santoro. Immaginiamo la gioia di Corrado Formigli, che sarà costretto a ridimensionare il suo spazio. Benissimo, esiste il telecomando e non sono in gioco pubblici denari. Auguri, di cuore (dire “merda” pare brutto).

Santoro ha veramente una marcia in più. Continua a chiedere soldini sul Web per portare avanti Servizio Pubblico, programma che poi venderà, “chiavi in mano”, a La 7. Bravissimo!, mica è facile farsi pagare da qualcuno per un lavoro già venduto ad altri. Santoro ci riesce perfettamente, e innegabilmente sta costruendo un nuovo modello di televisione, dove l’informazione a carattere meramente scandalistico e sensazionalistico viene contrabbandata come giornalismo scomodo e d’inchiesta (basti ricordare le puntate incentrate su Ruby o con ospiti quali D’Addario o ancora le numerose presenze di Ciancimino jr. con fumosi teoremi, oscure trame e pizzini rivelatisi bufale conclamate e per le quali il conduttore mai ha dato rettifica.).

In pratica, con Santoro, assistiamo ad una mutazione della figura del giornalista televisivo, dove l’informazione viene esasperata nel suo aspetto di prodotto commerciale, strillata per far dimenticare che manca qualche “w”, ma è il conduttore stesso ad essere mercanzia, al centro dell’attenzione, apparentemente sempre in lotta contro il potere, qualunque esso sia. Necessario numero da illusionista per nascondere un banale meccanismo di wannamarchizzazione di se stesso. Articolo di risulta che ha sempre bisogno di nemici e minacce per poter funzionare, diversamente si sgonfierebbe sotto la borghese normalità delle sue stesse opinioni.

Ma, appunto – e chiudo -, Santoro fuori dalla Rai è indubbiamente un miglioramento. Dopo lungo tempo si intravede finalmente una luce in fondo al tunnel, dice Mario Monti. C’è da credergli, non è un puzzone qualsiasi, come quello lì, ma il resto alle prossime puntate.


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