Le recenti dichiarazioni di Berlusconi sono molto importanti: hanno riaperto le nostre orecchie alla voce liberale, la voce più importante della coscienza politica, proprio quella che i ʺtecniciʺ ci avevano fatto dimenticare.
Il quesito di base è sempre lo stesso: la libertà è un valore ʺpreponderanteʺ (liberalismo), del quale la libertà economica (liberismo) e i suoi aspetti tecnici sono solo un importante annesso. E questo perché il liberalismo è anzitutto uno stato d’animo. Ovvero è la vera voce dell’uomo-che-si-realizza, che è sempre qualcosa di più e di diverso delle definizioni che possono darsene, perché è un soggetto vivo.
Ma quando si parla di ʺvitaʺ si rischia sempre di cadere nella vuota retorica. In effetti: che si intende dire quando si dice ʺvitaʺ? Si intende: aprirsi al futuro, dunque innovare. Significa lottare contro la natura in quanto tale, che è ripetizione o, per dirla con i biologi, entropia. Altrimenti detto: significa… fare compromessi. Sostituire l’umana pieghevolezza alla ʺdurezza della vitaʺ, ch’è sempre iterativamente in agguato.
Mi domanderete ora che cosa c’entri tutto cio’ col rientro in gioco di Berlusconi. C’entra e come, perché Berlusconi è il ritratto stesso d’un liberale, e cioè di uno che sa che una divisa politica eticamente valida è buona se non è assoluta. Oggi che il comunismo come teoria politica è caduto, grazie a Dio, lasciando dietro di sé solo (com’era prevedibile) un nefasto ʺstile di vitaʺ, robaccia pacchiana che sarà difficilissimo eliminare, questa faccenda umana della necessaria pieghevolezza e relatività d’ogni prospettiva, politica e non, mostra tutta la sua importanza. Il ʺtotalitarismoʺ è un errore teorico indotto da una malattia della ragione; il liberalismo è il contrario di tutto cio’.
Non ho nessuna voglia di trastullarmi con le chiacchiere: ma se c’è qualcosa che bisogna enunciare con serietà e con forza, è quel che si crede sia la verità. Anche se cio’ facendo si contraddice alla premessa: abbiamo or ora sostenuto che l’umanità è pieghevolezza. Dunque la sola cosa che bisogna dire con durezza è che bisogna far le cose senza durezza. E rida chi vuole. Cosi’ è, se ci pare.
Berlusconi ha ripetuto in chiaro cio’ che va dicendo dal ’94: una volta scelta una soluzione politica, sia per le cose da farsi che per la ristrutturazione del già fatto, bisogna rompere gli indugi e fare: il miglior banco di prova d’una prospettiva è la sua attuazione, salve restando le possibilità di correggere le cose fatte, ma dopo averle fatte. Questo è liberalismo. In Italia invece vive la stolta convinzione che le cose possano e debbano correggersi prima di farle. Questo invece si chiama ʺimmobilismoʺ: ed è la nostra secolare malattia, utilissima a chi pesca nel torbido. Non v’è nulla di perfetto, a cominciare dalla realtà stessa del fenomeno vita. Dunque la via liberale è: fare fin dove possibile le cose, farle anche se poi generano disfunzioni. C’est la vie.
Tutto cio’ puo’ esser detto ancora meglio. Lo stato liberale è il contrario dello stato naturale. Voglio dire: un profittatore di tipo DC, un mafioso, uno yes-man alla Gramsci, che ʺorganizzaʺ le altrui decisioni politiche, sono molto più ʺnaturaliʺ d’una persona per bene.
Molti anni fa, si era con mio zio Eduardo presso le mura medievali della Campobasso vecchia. Da una finestrella d’uno dei torrioni due megere, madre e figlia, strepitano contro un’altra a sua volta strepitante vipera, che si sporge da una finestrella di fronte vomitando parolacce. La figlia, rivolta alla madre che ha appena emesso un ricco rosario di insulti immondi:
-Mamma, ma’!, dílle ʺputtana!ʺ prima che te lo dovesse dire lei a te!
In Italia siamo ridotti a questo. Per fortuna c’è quel genio di Giuliano Ferrara (dicoʺgenioʺ senza ombra di ironia) che sa trovare la parolaccia innovata, rifusa, giusta, prima ma molto prima che ʺgli dovesse venireʺ in testa ai giornalisti oppositori (che poi oppositori non sarebbero né sono, perché per riuscire ad essere oppositori di Ferrara ce ne vuole). La preziosa parolaccia è: ʺcazzoniʺ, rivolta in primis ai nostri ʺpoliticiʺ di destra. E da noi poi, anzi prima, a quelli di sinistra; che sono cazzoni gramsciani, ovvero ʺorganiciʺ.
Ma vediamo: perché ʺcazzoniʺ? Questo ottimo lessema, come ogni ʺlessoʺ che si rispetti, va consumato e usato caldo, con salsetta menta e aceto, contro quei truffatori elettorali, cervelli furbi ma senza fosforo, luciferi senza luce, oscuri imbastitori di ignobili trame, che sono quel che resta dei gonfi cadaveri DC e PC che ornavano i nostri cimiteri, le due ʺcamereʺ (ardenti) d’una volta. Erano gonfi, mosci, pericolosissimi, untuosi, muniti della magica capacità di riprodursi senza fine mediante amplessi alla formaldeide. Appunto, con termine omnincludente: ʺcazzoniʺ.
Ma basta parolacce. Invece di ʺcazzoniʺ, diro’ d’ora in poi pazzoni, come diceva olim, con neologismo eufemizzante, un mio amico amministratore di Marcianise (don Gennarino si chiamava): ʺMuglièrema nun capisce nijente, è ‘na pazzonaʺ.
Tutta questa pappolata linguistico-politologica per dire che oggi i troppi pazzoni stanno esagerando. Vorrebbero riesumare il ʺpazzificioʺ d’una volta. Ci sono in giro poche persone serie che, come tutte le persone veramente serie, non sono seriose. Uno, il migliore tra di loro a mio modeeto avviso, è Berlusconi, odiato a morte et pour cause, perché ha avuto l’idea grande, indispensabile, di tentare in Italia un vero liberalismo. Eugenio Scalfari, quando ci pensa, ci perde ogni volta la dentiera. Ma come! Liberalismo in Italia, la patria di Mussolini, di don Sturzo, di Umberto Eco, di don Calogero. Di don Dindon! La patria di Al Pazzone! Ma no! E che ne direbbe Giovanni Agnelli, se fosse ancora non-morto? E Scalfaro, e il Re di Picche? Anzi, ripensandoci, qui do’ del ʺpazzoneʺ a tutti quelli che se lo meritano, ʺprima che me lo dovessero dire a me!”, come suggeriva l’arguta figlia di mignotta campobassana dalla finestrella medievale! Tié!… Pazzoni, andatevene in giro a godervi col vostro Presidente ʺorganicoʺ Napolitano i ricordi d’un tempo, che pazzo!, quello dei comunisti ora defunti.
C’è in giro un po’ di mondo irreale. Si dice sí per dire no; si accusa l’innocente e si manda assolto il colpevole; si trova importuna la presenza troppo protratta di Berlusconi, ma non quelle di Veltroni o di D’Alema per esempio, che ci rompono il pazzo da molto tempo prima di lui. Veramente, chi li paga questi laudatores temporis acti? Non ci si accorge del fatto che Vendola è nato vecchio, adopera un galimatias-per-impressionare-i-fessi che era già in uso ai tempi delle fortune (già allora assai postume) di Ferdinand de Saussure? Chi era costui? Quello che diede da mangiare (dico cibo ideale) a moltissimi fessi. A lui risale anche uno che pazzone non è, ma lo è (uso la negazione alla Hegel): dico Umberto Eco che, appunto come la ʺrealtàʺ di Hegel, è cosi’ perché non è cosi’ e comunque se non lo fosse lo sarebbe: l’idea viene dopo ma solo se è stata enunciata prima. Lo sapeva Hegel che in Italia avrebbe trovato la sua fortuna politica? Se non fosse stato per Benedetto Croce, oggi saremmo tutti hegeliani di ʺquelʺ tipo, dico pazzoni-che-lo-sono-perché-non-lo-sono, in sé, per sé e per tutti i diavoli. Infatti i pazzoni sono come l’amore. Non satis nisi nimis.
Iersera un tale che si chiama Untale ha detto che Berlusconi per 17 anni ha promesso di fare mare e monti (non: Monti), ma che invece poi ci ha dato solo il bunga bunga. Ma che pazzo dice!? Berlusconi voleva dimezzare i pazzoni, e quei due ceffi di Casini e Fini glie lo hanno impedito. Voleva iniziare una repubblica presidenziale. No, proibito. Come sarebbe a dire? Vorrei chiedere a Untale, se fossi beneducato come D’Alema: ma perché dici tante pazzate, chi ti paga? Ma io non sono d’Alema, quindi non dico ʺchi ti paga?”, che è linguaggio elegante per gente che frequenta scrittori di vaglia (Eugenio Scalfari), filosofi esperti (ad es: Eugenio Scalfari), analisti politici che ci azzeccano ekkome (Eugenio Scalfari, per esempio), e persone eleganti come Eugenio Scalfari.
Berlusconi, come tu e come me (ma forse non come Santoro e Travaglio, che di sesso non ne vogliono sapere -, sapete, c’è di quelli che, da intenditori, amano solo le cose fatte a mano), Berlusconi dico, fa ʺun po’ di saponeʺ (dicono a Roma; traduco: un poco di sesso, di pomicinate, di rimiramento di rotondità etc.) tutte le volte che puo’. ʺCrescete, e moltiplicateveloʺ. Si fa quel che si puo’, il sesso è delizioso, e poi, come si dice, ʺfatevi i pazzi vostriʺ. Ci fu pure un presidente della Repubblica Francese che, come sapete, ci mori’ sopra, o sotto, comunque da quelle parti. Orbene, che pensano di fare persone accuratamente giornalistiche tipo Santoro, Travaglio, Untale etc.? Cominciano ad accusare di ʺbunga bungaʺ il Cav., come se tutti noi avessimo letto Virginia Woolf e magari Pivert de Senancour. Cosi’, tanto per mostrare la loro guldura. Pagano persino un telefotografo che sa fotografare i bidets. E dàgli oggi, e dàgli domani, di gente golda in giro come sapete ce ne siamo molta, eccoci tutti insieme ad urlare: ʺVergogna, il Presidente Berlusconi fa il bunga bunga! Al rogo! Pazzoni di tutto il mondo, unitevi!” Lascio, da parte l’ovvia controdomanda: ma Santoro, Travaglio e Scalfari che fanno la sera? Si fanno le sigarette a mano, quelle col rotolino? Si fanno ʺuna manoʺ di bridge?
Bene, Berlusconi che è come voi e come me, cioè uno che preferisce fare e non dire, lascia dire e fa. Macché! Tutti a sbraitare: ʺfà il bunga! Ammazzàtelo!” E il sig. Untale, che è un giornalista accurato, trae da queste pazzonate la giusta conclusione: Berlusconi invece di fare il presidente ci informa sulle sue bungate. Ci scodella le sue bungate. E le fa. Non si vergogna? Etc. etc.
Questo da noi, nella ideale repubblica dei goldi, si chiama una pazzonata indegna: come!? Voi ve la fate e voi ve la dite; parlate per primi e per ultimi di bunga bunga, e poi dite che il Cav. ci sta rompendo le orecchie col suo bunga? Giustizia, dove sei? Abiti a casa di donn’Eugenio ‘a Macchietta, per caso?
Conclusione: io non posso credere che ci siano tanti hegeliani al mondo. Direte voi: e Santoro, e Travaglio, allora? Piano. Io, una spiegazione ce l’ho. Esistono pazzíe molto ʺpazzoneʺ, come la scatologia làlica, la pazzomanía, la smegmofagía, la coprolagnía, la stercosmía e ʺcompagnia cantandoʺ.
Il liberalismo italiano è caduto nelle grinfie di questi parafiliaci. Non dobbiamo permettere che esso e il Cav. siano eliminati da consimili infermi. Prepariamo bidoni di estratto d’immondizia, sterminate quantità di boccette di colonia allo smegma, unguenti alla cacca, fiumi di tanfo di pazzone, e distribuiamoli ai giornalisti bisognosi. E diciamogli ʺpazzoni!” -, ma sùbito, dico, ʺprima che lo dovessero dire loro a noiʺ.
E Ferrara ci scusi se usiamo il suo lessico. E’ lessico troppo buono.
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