Italia si’ Italia no Italia bum, la strage impunita. Puoi dir di si’ puoi dir di no, ma questa e’ la vita. Prepariamoci un caffe’, non rechiamoci al caffe’: c’e’ un commando che ci aspetta per assassinarci un po’. Commando si’ commando no, commando omicida. Commando pam commando papapapapam, ma se c’e’ la partita il commando non ci sta e allo stadio se ne va, sventolando il bandierone non piu’ sangue scorrerà.
“Ci risiamo, sempre i doveri. Parole del genere mi escono dalle orecchie. È un’accozzaglia di vecchi cretini dal panciotto di flanella e di bigotte con scaldino e rosario in mano, tutti accaniti a rifischiarci: “Il dovere, il dovere!” Eh, perbacco! Il dovere è sentire ciò che è grande, privilegiare ciò che è bello e non inchinarsi a tutte le convenzioni della società con le ignomie che ci impone.”( G.Flaubert)
Parata si, parata no: tanto per eludere i problemi di fondo, val la pena imbastire una chiassosa arruffata polemica sulla cosiddetta Festa delle Repubblica. I Monsieurs De Lapalisse stanno a destra, a sinistra, al centro e pure di sguincio. Da festeggiare non c’è nulla, e da gran tempo non si festeggia che il nulla. È una passerella per istituzioni appassite, cadaveriche, che si prendono una giornata di libera uscita dal camposanto della terra dei cachi, per far finta d applaudire l’esercito applaudendo solo se stessi: imperdibili esternazioni ai microfoni dei tigi’ e ricevimento paludato al Quirinale, buono solo per il settimanale “Chi”.
Una certa educazione caduta in disuso (dopo le speranze della fantasia al potere, ci siamo ritrovati la scostumatezza presuntuosa allo strapotere) ci ammonisce che scimmiottare le cose serie è indice certo di pacchianeria. È ufficiale: siamo dunque pacchiani perché pacchianamente festeggiamo una cosa che non c’è. Avete presente quei matrimoni fatti per “apparire” con abiti sontuosi e tube, il filmino con le dissolvenze tropicali e i pavoni, cappelli copiati dalla Regina Elisabetta che durano lo spazio del viaggio di nozze se tutto va bene? E’ questo. Sia chiaro, non ci iscriviamo al partito dei non festeggiatori per demagogia economica: devolviamo qui, devolviamo li’; no. Non è questo, la pecunia che serve ad onorare una Nazione è pecunia utilmente spesa, ma qui ciò che manca è l’onore.
Il capicchio dello staterello, l’altro giorno tra banalità diverse, si è affrettato a dire la sua sul presidenzialismo: “per carità, il parlamento è sovrano, ma guardatevi bene da cambiare la costituzione, eh? il presidente deve essere super partes”. Ah, si? Buffo, dev’essersi scordato – ad una certa età capita – di essere stato eletto dalla sola sinistra, di aver destituito un presidente del consiglio eletto dal popolo e di dettare il da farsi senza alcuna legittimazione. A lui il Presidenzialismo piace travestito, come a Marrazzo. Se è autentico, non gli va, perché la sovranità deve appartenere a lui, mica al popolo. Al suo squillo di trombone corrisponde quello di Bersani: Mister Pedalo’ non si mostra contrario, ma i tempi non sono maturi, Pecuchet potrebbe facilmente fargli eco con un bel “col tempo e con la paglia matura la nespola e la canaglia”, solo che noi le nespole non le abbiamo mai viste, solo canaglie. E via montezemolando e casinando, approfittare della nostra atavica indolenza mediterranea per fabbricarci un doppio turno della conservazione, rifilarci delle finte preferenze, e vivere tutti (loro, mica noi) felici e contenti e con i rimborsi elettorali un po’ dimezzati, ma superpingui uguale. Anche su questo, del popolo sovrano, se ne catafottono e doppio. L’importante è tenere alto l’antiberlusconismo, da agitare come spaventapasseri contro il presidenzialismo per tenere eccitati i militanti rossi a sentinella della conservazione, e pure i rottamatori azzurri quelli di “fattipiùinlàchemicimettoio”.
Soltanto chi è in malafede o lobotomizzato dall’odiologia può sostenere che serva a Berlusconi cambiare l’architettura istiuzionale. Lui, l’ “abbandanato” da tempo ha perso ogni verve e velleità, con Alfano al Senato ci è andato per dovere, ma senza bandiera e senza sorriso. Lo sa che i tacchini di Montecitorio non faranno certo karakiri da soli ed il popolo azzurro, senza un leader e senza argomenti, non si muoverà dal tinello per espugnare la casamatta. Persino i migliori pensano – a torto – che non sia una priorità. Invece lo è: non credete a tutte le farneticazioni del coro. Se l’Italia è ridotta così è perché ha istituzioni farlocche e debolissime. Ci sono mille prove, da Brindisi ai Maro’, dall’Europa che ci tratta come lacchè alla guerra di Libia, dagli schiaffi delle agenzie di rating (vi ricordate come Sarkò si fece afferrare per pazzo, quando tolsero la tripla A alla Francia?) alle pernacchie della stampa estera lette, sottoscritte ed approvate dai nostri corrispondenti savianizzati.
Un monarca si poteva spedire in esilio con un referendum più o meno truccato: di questi qui, non ci libereremo mai, a meno che non si decida tutti di prendere in mano il nostro destino.
Invece, secondo tradizione, oggi si celebrerà l’orrendo banchetto funebre: qualche fischio all’indirizzo del governo, la tribuna dei “vips”, le nostre forze armate – da sempre vilipese e bistrattate dai nemici della nazione al potere -, costrette a sfilare come in un concorso di bellezza: “ed ecco a voi i bersaglieri!”
Almeno fossero stati capaci, gli elefanti del grande imbroglio, di farci restituire i marò, cazzo!
Noi la festa della Repubblica la vogliamo, eccome. Però dateci prima la Repubblica, quella vera: quella cartacea di Scalfari e compagnucci, al macero!
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.