STATO DI PAURA

Non si offenda Giuliano Ferrara se noi lo consideriamo un maître à penser. Non è colpa sua, e tantomeno nostra. Di ʺmaestriʺ, ce ne sono d’ogni colore e forma, dal maieutico Socrate al loffio Scalfari. Ma fare paragoni non sta bene, non è elegante… Io sono elegante -, quindi lasciamo perdere. Ferrara è problematico senza eccedere, spinge a dubitare con lui, poi ragiona per convincerti e, se ti convince, ti fa la strizzatina d’occhio. Questo a me piace, perché è poco ʺitalianoʺ (esistono, dirò con orgoglio, Italiani come me,…eleganti, che sono tali perché di esserlo gli piace sì e no).

Ha rinfrescato anche a me l’anima il fatto che Sarkozy abbia perso la partita e se ne sia andato a Patrasso. E poi l’insopportabile questione di gusto. Quell’asessuato mandrillo travestito da donna che si dava arie, nudo con chitarra!… vocina flebile…; no, meglio no. Si dirà: ma piaceva persino alla Regina d’Inghilterra! Appunto: l’appendipanni di feltri multicolori, intendo la Regina, è peggio della Queen di Lewis Carroll, ha la ʺcapa tostaʺ, le piace la ʺmusicacciaʺ…; non è una referenza buona. In punto di morte, come ora ci troviamo, tanto vale dire la verità. Sennò, dopo una vita di bugie, che si muore a fare?

E poi Ferrara ha ragione anche sul piano punitivo. Sarkozy rise dei nostri guai? Ora, ʺtiéʺ. A proposito, di eleganza! Berlusconi è stato, prima e poi, molto più elegante di lui. Però, maledizione, si fece prendere per il naso proprio dal futuro derisore, sul tasto dell’assassinio libico. Imperdonabile.

Sarkozy obbediva alla Merkel fingendo di non farlo. Voleva che noi ci credessimo, così poi avrebbe potuto fare il capocosca. Questo è troppo. La vanità passi -, ma la pazienza!… E poi, ʺla grandeurʺ. C’è grandeur e grandeur. A Napoli, un tale invece di dire ʺLeonardo, sei grande!”, mi disse ʺLeona’, si’ gruóss!” Geniali, i Napoletani! Non avrebbe potuto insultarmi meglio. Grandeur!? A noi piace quella segnalata dal portale ovest della Cattedrale di Chartres, che credo piacque assai anche a Gustav Meyrinck; quella espressa dalle meditazioni di Proust sulla morte di Bergotte e poi nel salotto dei Guermantes; dalle disavventure di César Birotteau; dalle Féeries pour une autre fois; da certe frasi di César Franck e di Débussy. Questa sì che è grandezza; non i trecentottanta metri della Torre Eiffel o la ʺmanhattizationʺ di Grenelle, il grado di invecchiamento d’un Musigny o d’un Soumaintrain… Parliamoci chiaro, di scemenze snob, formaggi, mostarde, vini millesimati, Fauchon e Hédiard, ʺne abbiamo bastaʺ. Parafrasando Henry Miller: ʺNoi dobbiamo decidere se Dio esiste o no, e voi…, voi ve ne venite col Romané Conti!?” O, aggiungendo anche il parere di Isidore Ducasse: ʺQui si combatte contro l’insonnia della vita, e voi ci rompete i barili con le ostriche al sale di Guérande!?”

Anche dell’idolo ʺEuropaʺ non ne possiamo più. O la si fa come si deve, o la si mandi a tenere compagnia a Sarkozy. Scegliere. O a Strasburgo ci si convince che gli uomini possono anche essere bipedi intelligenti, e si torna agli inizi, quando a far l’Europa si mandavano persone di prim’ordine, di quelle spregiudicate e disinteressate -, o lasciamo perdere una volta per tutte. Se i bureaux d’Eurolandia debbono colmarsi di ʺrimanenzeʺ, Santori, fondi di magazzino e scocciatori da levarsi dai piedi, non vale la pena. Notatelo: da quando c’è l’ʺEuropaʺ, non s’è più vista in giro nemmeno una sola idea intelligente. ʺNormeʺ, quelle sì, a bizzeffe; ma non bastava la Francia, e non bastavamo noi, per una ricca produzione di prescrizioni inutili? Non eravamo già fessi abbastanza?

Insomma, da Eurolandia vorremmo vederci giungere qualche lampo d’intelligenza. E non venite a sostenere che, senza la cinghia di trasmissione ʺcircolareʺ costituita dall’Europa, la Merkel potrebbe fare di noi quel che vuole. Siamo sempre alle solite: ingenuamente crediamo che ʺstrutture appositeʺ possano sostituire la volontà buona, il retto sentire, le decisioni audaci. Magari! Ora, con la Merkel azzoppata, dovrebbe cambiar musica? Ma no, per questo ci vuole la paura. Come se per giudicare insulse certe ricorrenze, occorressero trenta ufficî con due scrivanie e cinque segretarie ciascuno. O, viceversa, come se per distribuire stipendi e sinecure, ci volessero ancora altre poltrone, ufficî e segretarie. La Merkel s’è aumentata lo stipendio senza bisogno di uffici, europei o no.

Bene. Quel che ora ci interessa è il tono festoso col quale Ferrara ha dato l’annuncio: Sarkozy kaputt. Mio zio Guglielmo Ciamarra, tornando dalla Conferenza di Lausanne del 1923 (c’era anche il futuro Benito), emise le seguenti parole: ʺLa vendetta è un piatto che si mangia freddoʺ: neppure lui sapeva quanto! Stiamo aspettando ancora! Berlusconi pure! Freddo, è vero: ma non troppo. Secondo me la vendetta buona è quella a temperatura media.

Eccoci ora alle prese con ʺMonsieur Personneʺ, alias ʺo’ zi’Nisciunoʺ, come si direbbe a Napoli. Sapete, l’ex marito di Madameʺ oui, je suis furieuseʺ ovvero ʺmo’ m’incacchio pe’ daveroʺ. Ma queste precisazioni meramente segnaletiche non siano lette come segni di spregio, tutt’altro. Io credo che ora ci vuole proprio un tipo come Hollande. E’ il tipico caso della poltrona-che-fa-l’uomo, voglio dire: è il tipico uomo che assume le qualità della ʺsuaʺ poltrona. Probabilmente valeva quanto il proverbiale Due di Coppe, ma ecco che la poltrona di presidente gli dà la grinta, lo fa grande come i Francesi lo vorrebbero, perché non ne possono più di essere considerati dalla Merkel men che zero. Pensavamo che i Tedeschi fossero forti e basta; e invece ʺin Europaʺ ci stanno anche loro. Ed a chi domandasse: ʺsí, va bene, ma a noi di tutto ciò che importa?”, risponderò con un motto che purtroppo appartiene alla solita morale disperata degli Italiani (ʺFrancia o Spagna…ʺ, etc.): ʺI ciucc’ s’appiccicano -, i varil’ se scassanoʺ, che significa: quando si è deboli e mal diretti, è (forse) conveniente che i forti si tirino i capelli tra di loro. E questo è non tanto un mio desiderio represso, quanto la mia profezia. Intanto, c’è al lavoro, a nostro favore, qualcosa di imbattibile, che si chiama ʺpauraʺ. Il Ferrero aveva ragione, sì, ma più di quanto egli stesso potesse immaginare! Lui credeva ancora alla ʺdignitateʺ dell’uomo descritta da Pico della Mirandola!

In verità il gioco di sopravvivere a spese dei più deboli è ignobile: ma purtroppo (pensate seriamente a questo che sto per segnalarvi) è il gioco stesso che la natura fa per creare la vita. E’ un fatto terribile: Anassimandro già lo aveva capito, e fu questa la prima constatazione della ʺstoria della filosofiaʺ. Whale eating fish. Walter Benjamin fece la stessa scoperta, ma a rovescio: tutto ciò che è naturale deve ispirare solo vergogna. Infatti: da oggi in poi, se sentite qualcuno dire che state facendo qualcosa ʺdi naturaleʺ, ebbene incacchiatevi. Ed ora la domanda è questa: se questa triste legge è quella che governa l’esistere sul piano fisico, perché a governarlo sul piano morale dovrebbe essercene un’altra, voglio dire: una diversa? Certo: bisognerebbe impedire che ciò sia: ma questo è tutt’altro discorso. Impedirlo: ovvero trovare qualcosa che consenta di vivere, senza nuocere altrui. Cercare… trovare…Buon lavoro! Neminem ledere: è il sogno plurimillenario di tutti gli uomini degni del nome. Ai quali si dovrebbe rispondere con una domanda: ma voi, volete vivere, o no?

Sia come sia, è un fatto che questo dispositivo ignobile è stato adottato spesso (da noi Italiani più volte). Talora con esito disastroso: come per esempio quando tentò il gioco Mussolini, come è saputo e risaputo, all’inizio del disastro del nostro ingresso nella fornace della seconda Guerra Mondiale. Come dire: bisogna essere ignobili, ma anche saperlo fare: la vera legge è questa.

Ora però si afferma che finalmente c’è del nuovo. Sento già le cosiddette persone serie alzare la voce per tacitare i nostri pessimismi esistenziali con l’argomento ʺglobalizzazioneʺ. Ma è proprio qui che io volevo arrivare. Si pensa che la globalizzazione impedirà finalmente ogni sopruso e promulgherà l’universale giustizia distributiva. Ebbene, ciò non è vero; è vero il contrario.

Fino ad ieri, l’umanità viveva nell’illusione dell’infinito. Infinite le risorse per la sopravvivenza, inesauribili le fonti di energia; l’ecumene aveva spazio per tutti, e per tutto, anche per le infinite montagne di scorie che la vita produce. Oggi, la globalizzazione ci ha aperto gli occhi, ci ha insegnato il perfetto contrario. Fino al giorno in cui riusciremo, se mai riusciremo, a colonizzare i pianeti più prossimi, ebbene ormai sappiamo di essere simili a mosche chiuse in un barattolo. La penuria, che il secolo scorso ci aveva fatto credere debellata per sempre, si ripresenta più incombente e preoccupante di prima.

La verità è che la globalizzazione ci ha finalmente insegnato che il mondo è piccolo, e non è inesauribile. Con ciò non voglio dire che siamo fritti. Voglio dire solo che le possibilità di salvezza sono diventate più ardue, come sempre succede quando alla beata ignoranza subentra la fastidiosa conoscenza. All’orizzonte è spuntata di nuovo la paura.

L’ottimistica sociologia dei positivisti parlava di ʺsistemi a somma zeroʺ. La vita invece genera danni irreparabili, e irreparabile dolore alle vittime, vittime che non saranno risarcite né oggi né domani. ʺChi ha avuto, etc…ʺ, come recita l’ignobile cantilena… Conviene ripeterlo: la giustizia può essere solo frutto di volontà buona; non c’è una ʺmano invisibileʺ che raddrizzi i torti; e non c’è tanto meno oggi, in regime di globalizzazione.

E’ vero, la globalizzazione inaugura in grande stile l’epoca dell’etica, ma in un senso del tutto particolare. Oggi, già il semplice essere si è rivelato qualcosa di ingiusto nei confronti di chi non ce la fa. Finalmente si profila nettamente all’orizzonte la verità scomoda: le soluzioni buone, se ci sono, sono esclusivamente frutto di nobiltà d’animo e di sacrifici, non mai di strutture, casuali o meno, che possano raddrizzare la barca. Dite che la buona volontà è merce rara? Nessun timore: se e quando non c’è, è pronta a sostituirla la solita e solida legge della paura.

E’ vero. Dobbiamo tutti rinunciare al poco o al molto, tendere la mano al fratello, smetterla di dar retta ai mille Dulcamara che ci propongono false ricette. Io credo che sia giunta l’ora non del Globalismo, che già c’era nei fatti, travestito; ma bensì l’ora della Fratellanza Universale.

Certo, ma come? La storia ce l’ha già detto varie volte, ʺcomeʺ! Chi vuole intendere, intenda! Ce lo disse verso l’Anno Mille. Poi di nuovo dopo Nagasaki ed Hiroshima. Ancora una volta sembra stia dicendocelo con la Grecia, con la Spagna, con l’Italia stessa… Persino la Merkel è alle prese con una maledetta fifa… Forse dovremo diventare gentiluomini per forza. La paura è benefica. Un piccolo ʺcompletamentoʺ della teoria sociogenetica di Guglielmo Ferrero! E non è colpa sua: egli credeva (bei tempi, i suoi!) che l’essere umano valesse un poco di più.

Non voglio certo dire che questa sia una cura infallibile (di paura si può anche morire). Ma di solito ha dato buoni risultati.


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