Tanto pe’ canta`
perche` me sento un friccico ner core
tanto pe’ sogna`
perche` ner petto me ce naschi ‘n fiore
fiore de lilla`
che m’ariporti verso er primo amore
che sospirava le canzoni mie
e m’aritontoniva de bucie.
Ehi, Cavaliere! scusiiiii… mi consenta due paroline. Lo so, Lei adesso se ne va tranquillo allo stadio, camicina blù, rilassato, meno rughe anche senza butolino. Ed ha pure ragione, tira che tira, la corda si spezza. Adesso non vuole sapere più nulla, facciano quello che vogliono, perfino PierSilvio, massì, levatevi da torno Fede, largo ai giovani.
Nulla da obiettare: la parola “libertà” ce l’ha quasi insegnata Lei, figurarsi se mettiamo in discussione la sua. Tuttavia, Lei non lo sa, abituato a vedere solo gattopardi incollati alle poltrone, c’è un popolo di centro-destra. Abbiamo sentore che esso sia ancora maggioritario nel paese ed è esattamente quel quotone che il mogio Pagnoncelli descrive come la zona del non-voto. E’ a questo popolo che il trio “Loscano” sta sferrando mortali coltellate complottando per una integrale, irreversibile, restaurazione consociativa.
La riforma in senso presidenziale è sparita, fingono di mollarci sotto il tavolo l’ossicino rancido delle finte preferenze solo per ritornare alla grande ad un proporzionale dove ognuno potrà in tranquillità gestirsi la sua quota-parte di potere a spese degli Italiani. Di liberale non c’è più nulla: viviamo in uno stato di polizia dove chiunque voglia produrre è considerato un criminale da guardare a vista. Nessuno compra più un paio di mutande di riserva per tema di veder spuntare dallo scatolino il ghigno del beffardo Befera. Il Pil va male perché la domanda interna è caduta stecchita. Di abolire enti inutili nessuno parla più. Sono utili a loro: a quell’oligarchia del triumvirato che ha bisogno di seggiole per accomodare sederi votanti. Gli altri, quelli che hanno sempre fatto l’Italia, sono i proscritti. Ed ogni giorno qualcuno si uccide, nell’indifferenza di tutti. Ora sono i piccoli imprenditori, poi saranno le casalinghe, quelle che uscirono con la bandiera a rispondere al suo appello. I partiti non esistono più. C’è’ un bipolarismo nuovo. Da una parte, partiti burocrazia e appartati, ben decisi a sopravvivere alla grande con i loro stipendi da favola, le loro conventicole di portaborse, lecchini senza un’idea in testa, spremendo ciò che resta delle nostre misere economie; e dall’altra ci sono gli Italiani che lavorano davvero, che non hanno servizi-scuola, sanità, infrastrutture, difesa, giustizia, nulla! Lo stato insolvente e canaglia mette alla disperazione e bolla come criminali quelli che sono costretti ad evadere proprio per pagare quei servizi che uno stato ha l’obbligo di erogare.
Se non ci fosse stato il ’94 probabilmente saremmo da tempo in fila per la scodella di riso e forse avremmo fatto già una rivoluzione vera.M a avevamo la speranza ed eravamo convinti che insieme avremmo superato ogni difficoltà e saremmo giunti alla meta: stato minimo,libertà di intraprendere, meritocrazia.
Ci dica: se oggi ogni cosa è stata sovvertita, non è che lei ci abbia barattati con la sua tranquillità? Risponda sinceramente. Perché in questo caso, avrebbe potuto farlo prima: ci sono stati tanti agnelli debenedetti (siamo in periodo pasquale) che con il solo credo del cinismo ad oltranza si sono arrangiati alle nostre spalle con lo statalismo burocratico strizzando un occhio e pure l’altro alle sinistre sinistre, responsabili di questa infinita scrivaniopoli improduttiva. Nessuno dei togati Le avrebbe mai torto un capello trapiantato. Invece si mise di traverso: disse: “L’Italia è il paese che amo”. E noi la seguimmo, commossi, perché “quel paese”, lo amavamo anche noi. È come se avessimo seguito tutti una stella, l’ottimismo della volontà ci aveva magicamente contagiati: anche se non succedeva nulla, credevamo che “domani” tutto sarebbe cambiato.
Invece, all’improvviso, ecco che la stella non c’è più. Il cielo è scuro e l’orizzonte non si vede. Chi siamo? Dove andiamo? Perché? Non siamo uomini e donne di plastica. Siamo Italiani. Volevamo un De Gaulle e ci ritroviamo Casini. Contro Monti non abbiamo nulla, è pure un “bravo ragazzo”: ma anche lui, perfino lui, contro la partitocrazia non ha armi… Se anche fosse un creativo, un fantasioso, un lungimirante, non avrebbe margini. È nel parlamentarismo esasperato la malattia mortale che sta uccidendo il paese. La ricetta del farmaco miracoloso è sempre la stessa: rivoluzione liberale, cercasi medico disposto a curare l’Italia, escluso perditempo e partitocrati.
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