“Il computer più nuovo al mondo non può che peggiorare, grazie alla sua velocità, il più annoso problema nelle relazioni tra esseri umani: quello della comunicazione. Chi deve comunicare, alla fine, si troverà sempre a confrontarsi con il solito problema: cosa dire e come dirlo” (Bill Gates)
“Le anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece schiamazzano come impazzite. Qual è la conseguenza? Tutto il mondo mangia uova di gallina” (Henry Ford)
“Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare. E di correre il rischio di vivere i propri sogni”. (Paulo Coelho)
Io sono “nata” alla mia passione politica nel tempo antico delle sezioni. La mia era la gloriosa “Chiaia Posillipo San Ferdinando” del Partito socialista. Due piani di scale a piedi, tre stanze con soffitti alti, una scrivania consumata, vecchie sedie, il ciclostile. Allora c’erano i massimalisti, una o due generazioni prima di noi, puri e duri, nazionali senza filtro. E noi, profumati di latte, i riformisti, i pulcini di Bettino. Per raccontare questa storia occorrerebbero molte pagine. Chi della mia generazione non sia caduto almeno una volta nella sua vita con i piedi nel secchio della colla dei manifesti alzi la mano. Quasi tutte le sere ci si riuniva a discutere, a mettere nero su bianco le nostre idee, e ficcare nel ciclostile i nostri sogni da distribuire. Sovente volava qualche sedia: era fisiologico. Ma poi finivamo tutti i pizzeria, contando gli spiccioli e continuando a parlare di politica fino a notte fonda. Da quella sezione uscirono due sindaci e non pochi parlamentari. Era naturale: e nessuno di loro mai perse il contatto con quelle stanze riscaldate a stufa e con tutti noi, che continuavamo – per così dire – a dettare la linea politica. Ricordo anche che nei casi più delicati, si prendeva l’automobile e si correva al Raphael per sottoporre a Bettino la questione, perchè operasse lui stesso la sintesi.
Negli anni 90 la nascita del Club di Forza italia segnò un ritorno al fervore della comunicazione politica: questa volta in senso familiare. Noi avevamo messo su famiglia e alle riunioni c’erano le suocere, i bambini, gli zii. Era nato il Fax per inondare il segretario del Cav di idee, proposte, notizie di manifestazioni. Avevamo rifatto la gavetta: i signori di Pubblitalia arrivavano forniti di cassette, inno, spillette e ci spiegavano che il sistema pensionistico andava cambiato perchè stavamo consumando le riserve per i nostri figli. L’avvento dei professionisti della politica smorzò troppo presto questo nuovo fervore, che aveva un grande potenziale creativo pieno di passione. Si cominciò a dire che eravamo un partito di plastica: non era vero. Non è vero. Quelli di noi che sono restati hanno serbato il sogno di tornare ad una politica che sia costruzione dal basso, a misura di cittadino, ma soprattutto a misura del nostro grande paese, l’Italia, che insieme alle sue ombre possiede, a dispetto della generale entropia contemporanea, diversità creative che se convogliate nella giusta direzione, possono farlo grande come merita.
La comunicazione digitale distrugge le distanze, vanifica i pretesti di chi vuole “dividere per imperare” e perfino rende possibile una conoscenza profonda tra le persone e la nascita di collaborazioni proficue ed amichevoli che nate sul web, continuano nella vita. Come dimenticare il mitico incontro tra noi e Paolo Visnoviz nell’impossibile groviglio di bandiere, cappelli, persone nel crepuscolo del comizio a Piazza San Giovanni nel 2010? I telefonini che squillavano continuamente: “dove siete?” Lato destro, sinistro, dietro le transenne, sotto il palco, no, un po’ più verso la chiesa….”. E poi finalmente, riconoscerci subito da lontano, noi che ci eravamo visti soltanto su internet. Zona di Frontiera è nata così’. Così come è nato l’incontro di sabato di uomini e donne libere che vivono e lavorano in Europa. Le nostre idee, le nostre proposte viaggiavano sul web – è quasi una magia – e si sono incontrate con l’entusiasmo della comune passione civile e la voglia di contribuire, nel nostro piccolo, ma sempre più numerosi, a costruire un’Europa autentica, che valorizzi la parte migliore di ogni diversità, e ponga l’uomo, il cittadino al centro della costruzione. Si può dire, con una metafora, che l’Europa è ancora troppo “virtuale”: sta a noi portarla, attraverso la volontà e il nostro bagaglio di conoscenze, passioni, sentimenti, nel mondo del reale. È come se fosse nata una “sezione virtuale”. Non si salgono più le due rampe di scale: si accende il computer. A volte siamo tanti, a volte pochi. La tastiera e lo schermo raccontano ciò che veramente siamo. Siamo certi che le sezioni virtuali nasceranno come funghi intrecciando nuovi cammini per le idee e per la selezione dei rappresentanti. Le idee cambiano in tempo reale ed è più facile smascherare i pesci in barile ed i falsi duri d’orecchio. Angelino Alfano, nel presentare l’accademia digitale del Pdl ha tenuto a dire che lui si mostra “come è”, senza filtri. Il passo successivo è il raccordo stretto tra vertici e militanti, un’interazione costante. Se i cittadini si sono allontanati dalla politica, è perchè la politica spesso li dimentica, derubricandoli come numeri, categorie, contribuenti. Ed è così che il paese reale continua a sopravvivere, grazie alle immense potenzialità creative, seppure in sofferenza, ma la democrazia si svuota della sua ragione di essere facendosi vuoto burocratico. Poco a poco si è costruito un muro. Non ci piacciono i muri. Questo è il nostro piccone. Con tutta la forza, gioiosamente, il primo colpo. Coraggio! Si è aperta una breccia. Prendete i martelli, e venite con noi. Cerchiamo di tornare all’antico spirito della politica delle “sezioni”: entusiasmo, convivialità, progettualità nella “Piazza Grande” virtuale.
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