Gente che ama la luce, che non prova invidia e odiare non sa. Gente che non ha rancore che ha come valore la sua libertà e porta insieme una bandiera nuova, che non si arrende e non si arrenderà, che lotta sempre per la felicità, è questo il Popolo della libertà. Grande sogno che ci unisce, il nostro sogno sogno si realizzerà, grande la forza che ci chiama, la forza che ci dice che il bene vincerà per sempre. Grande la voglia di votare, la voglia di cambiare l’Italia che verrà. Noi siamo il Popolo della Libertà…
Compagni, avanti! Il gran partito
noi siam dei lavorator.
Rosso un fior c’è in petto fiorito,
una fede c’è nata in cor…
Un gran stendardo, al sol fiammante,
innanzi a noi glorioso va.
Noi vogliamo per esso giù, infrante,
le catene alla libertà.
Che giustizia venga chiediamo:
non più servi, non più signor,
fratelli tutti esser vogliamo
nella famiglia del lavor.
Su, lottiam! L’ideale ecc.
L’ultima volta per me fu a Palermo. Di un congresso, dico. Ripenso a quelle tavolate gioiose, alle nostre cartelline, ai garofani, al viaggio sul postale insieme ad Enrico Berlinguer e noi tutti ad accalcarci per stringergli la mano, e strappargli un sorriso. Ricordo le notti di Terrasini, uomini e donne, camerate, docce, ceffoni, abboccamenti.
L’internazionale fu anche nostra. E l’intervento di Bettino finiva sulle sue note, mentre lui inalberava i fiori, come se fossero una bandiera. E lo erano. Era il 1981, credo. Trent’anni sono tanti, ma confesso che tutte le volte che ci penso, mi sale il groppo in gola.
Fu una dittatura malvagia, prepotente e becera, cresciuta in seno alla nostra democrazia, a spezzare sogni, aspettative, vite. Di noi, poi, si disse di tutto, prendendo a pretesto i profittatori e i mariuoli che inevitabilmente si attaccano ad ogni movimento politico, sovente facendo la parte del leone. La damnatio memoriae colpì indiscriminatamente, come sempre accade quando una stagione finisce e cuocere tutto nella stessa pentola qualunquista è d’obbligo per estirpare “il male di turno”, alla radice.
L’Italia aveva però robusti anticorpi e molti ideali: dunque, sopravvisse alla tempesta, e ritornammo a sperare. Il nemico non si arrese, tutt’altro. Consolidate le sue posizioni, prese a fare il cecchino della democrazia e di ogni soffio riformatore.
A posteriori, forse si può dire che il più grande errore di Berlusconi sia stato il provincialismo. Bettino, forse perché era alto di statura, guardava intorno e lontano. Conosceva ed amava la storia, unica grande maestra per una politica compiuta che ci avverte delle insidie che attendono fuori dei confini, per sopraffare i popoli più deboli, o soltanto più distratti. Fosse pure sceso Garibaldi in persona dalle nuvole a far da suggeritore, nessuno avrebbe potuto imporre a Bettino Craxi una soluzione tecnica. Nessun popolo può sopravvivere senza politica, lui lo sapeva. E poi, che la soluzione tecnica sia semplicemente “un’alternativa” imposta alla democrazia, è evidente.
Bettino Craxi perse il suo popolo, ingiustamente; se gli fosse rimasto, un’altra storia sarebbe stata scritta. Oggi è diverso: è il Popolo della Libertà ad aver perso il suo leader. Ed è così che tutti quelli che presero sul serio l’istanza di libertà e di giustizia che si levò da ogni parte d’Italia nel ’94, si ritrovano smarriti, con un pugno di mosche in mano ed una canzonaccia cacofonica.
Ma intanto noi siamo cresciuti. Non siamo più timidi. Siamo militanti appassionati ed elettori critici. E siamo stufi di essere indottrinati da mezzetacche reticenti, imbottiti di propaganda idiota e trattati come se fossimo bimbi dell’asilo senza poter denunciare le maestre per violenza morale.
Noi vogliamo-esigiamo che si apra subito un dibattito su questa Europa. Noi pretendiamo di sapere quali siano gli obbiettivi strategici in nome dei quali vengono oggi mortificati ed affamati interi popoli, le motivazioni per le quali da uomini liberi stiamo diventando schiavi d’uno stato di polizia che ci conta perfino i capelli, le ragioni nobili od ignobili che ci fanno prostrare di fronte a questa Unione Europea vessatoria, inutile, costosa, antidemocratica. Non abbiamo nulla contro Monti o Berlusconi, a condizione che si presentino insieme, mano nella mano e ci dicano la verità. Perché loro, la verità, devono conoscerla. Ce la spieghino, questa Europa, se hanno coraggio. Parlino. E subito. La libertà non è una canzonetta.
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