«POLIZIOTTO NON SIGNIFICA MANGANELLO»

Intervista a Maurizio Cudicio, Sovrintendente della Polizia di Stato, segretario provinciale di Trieste del Sindacato “A.D.P. Nuova federazione autonoma di Polizia”, fondatore del “Movimento Poliziotti” su Facebook.

Movimento Poliziotti” nasce nel 2010 per creare uno spazio di dialogo con le persone, per far comprendere alla gente che poliziotto non significa repressione, manganello, “sbirro”, ma che le forze dell’ordine sono a fianco e a tutela del cittadino. Facebook mi è sembrata la via più rapida e democratica per spiegare il nostro mondo e per mettere in evidenza i molti aspetti positivi che non vengono mai riportati dalla stampa, perché il “poliziotto buono” non fa notizia.

Chi sono gli iscritti al vostro blog, principalmente agenti?
Ad oggi ci sono più di 6200 simpatizzanti ed i colleghi sono una minoranza, rappresentano circa il 30% del totale, ma è anche logico: c’è ancora una certa paura ad esporsi in prima persona, anche perché i nostri vertici non vedono di buon occhio le dichiarazioni in libertà, preferendo che se ne occupi solo l’Ufficio Stampa. Difatti sono dovuto diventare sindacalista per poter godere di una certa libertà d’azione. Libertà d’azione che ci serve non tanto per denunciare malfunzionamenti o problemi all’interno del corpo, che comunque, quando ci sono, vengono segnalati, ma principalmente per cercare di creare un rapporto diretto con i cittadini, per instaurare un dialogo che non c’è mai stato.

Ci sono persone che utilizzano la pagina per farvi domande o chiedere aiuto?
Tutte le Questure sono dotate di un Ufficio Relazioni con il Pubblico, ma è uno strumento purtroppo poco utilizzato. Attraverso la nostra pagina, invece, rispondiamo quotidianamente a moltissimi cittadini che, via mail, ci pongono le richieste più disparate. Ovviamente la pagina Movimento Poliziotti non è ufficialmente riconosciuta dalla Polizia di Stato, noi possiamo consigliare, commentare ed aiutare tutti nel miglior modo possibile, ma ripeto, il nostro scopo è specialmente la ricerca del dialogo costruttivo.

Lei ha raggiunto una certa notorietà scrivendo che se mai fosse passato per Genova avrebbe portato un fiore per Carlo Giuliani, simpatizzante no-global ucciso da un giovane carabiniere il 20 luglio 2001 negli scontri durante il G8.
A dir il vero fece piuttosto rumore anche la precedente lettera aperta indirizzata agli studenti che protestavano contro la riforma Gelmini, dove affermavo di comprendere le ragioni dei manifestanti e li invitavo a non considerarci dei nemici. Per quanto riguarda Giuliani lo confermo, se mai passerò per Genova mi fermerò a portare un fiore sulla sua tomba. Questo per la tragedia della sua giovane vita spezzata, per umana comprensione, ma anche per far capire che le forze dell’ordine non devono essere considerate dei nemici: molti di noi sono padri e madri e non siamo di certo insensibili di fronte a certi drammi.

E riguardo il carabiniere che ha sparato, Mario Placanica?
Al suo posto avrei fatto lo stesso: avrei sparato. Come avrebbe fatto chiunque di noi si fosse trovato in quella situazione: minacciato e in trappola. Sono momenti concitati, dominati dall’adrenalina e bisogna decidere in pochi secondi.

Non molto tempo fa, a Trieste, tre Rom sono stati arrestati per aver commesso una rapina con aggressione in una abitazione di Trieste, ma sono stati subito liberati, scatenando nella pubblica opinione una reazione piuttosto indignata. Come è possibile?
La legge è una sola e i giudici la applicano come deve essere fatto, poi ovviamente ci possono essere varie interpretazioni come nel caso specifico, comunque uno è tutt’ora in carcere in quanto socialmente pericoloso.

E gli altri due?
Uno è agli arresti domiciliari, mentre l’altro è stato denunciato a piede libero. Forse, sono i primi effetti dalla legge “svuota carceri”, cui seguiranno migliaia di “rapinatori” rimessi in libertà.

Legge per la quale dovrete tenere in custodia i fermati fino a che non verranno sentiti da un giudice per la convalida dell’arresto e il giudizio direttissimo. Questo presuppone un discreto sforzo logistico. Siete pronti?
Non proprio. A Trieste, per esempio, non abbiamo celle di sicurezza. Erano state soppresse proprio su indicazione della magistratura già negli anni ’80. Fisicamente esistono ancora, ma risalgono al dopoguerra e sono adibite ad archivio.

Quindi? Bisognerà pur dare un letto ai fermati, dei servizi igenici, del cibo…
Sono state create nuove strutture ad Opicina (in periferia di Trieste, nda) sfruttando un centro per il contenimento degli immigrati clandestini, ma per il momento non abbiamo ancora dovuto utilizzarlo.

C’è, a suo avviso, un incremento dei reati minori, quelli legati alla crisi, quali furti negli alimentari o supermercati, i cosiddetti furti per fame?
Certamente, anche se quando interveniamo per questo tipo di reati cerchiamo di evitare che si arrivi ad una denuncia a piede libero, molte volte rendendoci disponibili a pagare anche di tasca nostra per quanto sottratto. Spesso però sono i commercianti che non vogliono sentir ragione, ma anche loro bisogna comprenderli: sono esasperati. Purtroppo capita che chi compie una rapina venga liberato quasi subito, mentre chi ha rubato una mela, magari strappando la confezione, debba passare una settimana in carcere.

A proposito di leggi e di governi, da quando Berlusconi si è dimesso sembra che i problemi dei mezzi e della mancanza di benzina siano stati risolti, visto che non protesta più nessuno. È proprio così?
No, i problemi sono quelli di sempre. Proprio pochi giorni fa in una intervista il segretario del Sap, Nicola Tanzi, affermava che il 50% delle volanti di Roma non possono prendere servizio perché sono rotte o senza carburante. Sono difficoltà contro le quali combattiamo almeno dagli anni ’90 e lo abbiamo sempre denunciato. Almeno da quando prendevamo servizio su vecchie “Alfa 33” distrutte o su delle “Alfa 155” con 250mila chilometri. Usiamo ancora delle vecchie “Fiat Marea” alcune delle quali con oltre 300mila chilometri di onorato servizio alle spalle. Tutte rigorosamente senza revisione alcuna.

Non ci sono officine interne alla polizia?
Tutte chiuse già negli anni ’90. Abbiamo ancora un paio di volonterosi meccanici che si prodigano come possono, senza attrezzi. D’altra parte sulle automobili di oggi, oltre alla piccola manutenzione, si può far ben poco: hanno troppa elettronica.

O.P., Ordine Pubblico e scontri di piazza. Ci sono differenze a fronteggiare dei No-Global, No-Tav o pescatori esasperati dalla crisi?
Non c’è differenza alcuna. Per noi sono persone. Il nostro compito e difendere la pubblica sicurezza, non entriamo nel merito delle proteste. E spesso ci si dimentica che se si può manifestare liberamente è solo perché noi garantiamo l’ordine pubblico, altrimenti ci sarebbe guerriglia e anarchia.

Trieste, città di confine. Qual’è il grado di collaborazione con i vostri colleghi Sloveni?
Ottima. Svolgiamo indagini congiunte, intercettazioni telefoniche, pedinamenti e ci sono colleghi che si recano frequentemente oltre confine e viceversa. È una collaborazione proficua: non più di poco tempo fa, grazie a questa sinergia, si è potuto sconfiggere un importante traffico di eroina. Inoltre e purtroppo, quasi il 70% dei reati a Trieste viene compiuto da stranieri, quindi la collaborazione con le forze dell’ordine slovene risulta indispensabile.

Questo e molto altro ancora sono tutti temi che affrontate sulla pagina Facebook “Movimento Poliziotti” per cercare di avvicinare l’opinione pubblica verso una figura dell’agente più “umana”, collaborativa, veramente al servizio del cittadino, contrapposta all’idea che molti ancora hanno di poliziotto con il manganello. Com’è vista questa iniziativa dai vostri superiori?
Preferiscono ignorare la nostra esistenza.

E dalla stampa?
Non è interessata. Si preoccupa di noi solo quando c’è il morto, il ferito o lo scandalo. Il poliziotto “buono”, idealista che crede di svolgere una missione per la società non fa notizia.


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