Molte volte abbiamo avvertito che il problema della giustizia italiana era grave. Marsilio, da queste pagine, lo ha fatto con cognizione di causa e in punta di diritto. Nemmeno ad un incompetente in materie giurisprudenziali, quale io sono, sfugge siano necessarie la separazione delle carriere e la responsabilizzazione della magistratura. Temi affrontati ed esposti anche da Marco Taradash, il quale ha pure ricordato come un referendum di 24 anni fa, che mirava ad introdurre la responsabilità civile per i magistrati, fosse stato disatteso.
In La Malapianta libro/intervista di Antonio Nicaso a Nicola Gratteri – uno dei magistrati più impegnati sul versante della lotta alla ‘ndrangheta -, si afferma che le intercettazioni sono un formidabile strumento di indagine, da non limitare in alcun modo, ma si riconosce pure che esiste un grave problema relativo alla fuga di notizie.
Quindi oltre ai noti mali della giustizia – che vanno dalla irresponsabilità all’autoreferenzialità e giungono fino all’esondazione plateale dei propri compiti attravarso il Csm per mezzo di pareri che invadono compiti e prerogative parlamentari -, si deve anche sommare una parte della magistratura che per bussola non ha le leggi dello Stato, ma l’ideologia politica. Eclatante il caso del comizio di Antonio Ingroia al congresso del Pdci. Questi pm sono affiancati da testate giornalistiche che nel corso del tempo si sono guadagnate sul campo la qualifica di “gazzette delle procure” per l’uso mediatico che hanno fatto delle inchieste, anche pubblicando parti di intercettazioni irrilevanti dal punto di vista penale. Tutte cose arcinote.
Chi sperava però che il clima si sarebbe svelenito non appena Berlusconi avesse fatto un passo indietro e che gli attacchi mediatico/giudiziari sarebbero diminuiti, deve ricredersi. Non solo i processi a Berlusconi continuano, ma i molti successi a scapito delle procure segnati dall’ex premier vengono sistematicamente silenziati. Ne ricordiamo alcuni: 20 settembre 2011, viene archiviata l’accusa di aggiotaggio per aver invitato gli imprenditori a non pagare inserzioni pubblicitarie ai giornali che “remano contro”; 20 ottobre 2011, archiviata l’inchiesta sui voli di Stato; 31 ottobre 2011, non luogo a procedere per Berlusconi, imputato di aver diffamato Di Pietro; 17 novembre 2011, Mediatrade: “inutile fare il processo” – affermò il Gup – “non ci sono prove”; 23 novembre 2011, archiviate le accuse di insider trading e aggiotaggio nel caso della vendita di Alitalia. Di ieri la video-deposizione dell’avvocato Mills il quale, con le sue affermazioni (coerenti con quanto già accertato dalla magistratura anglosassone), ha sferrato un duro colpo all’impianto accusatorio dell’omonimo processo nel filone stralciato che vede imputato Silvio Berlusconi. In breve ha ribadito di non aver ricevuto i 600mila dollari da Bernasconi, uomo Fininvest, ma da Attanasio e di aver mentito perché «dovevo dimostrare al fisco inglese che avevo commesso un errore in buona fede e non volevo cercare di evadere le imposte».
Nella giornata di ieri, mentre tutti i maggiori quotidiani on-line davano spazio alla notizia, il Fatto Quotidiano la relegava in fondo alla pagina, a caratteri microscopici, nella sezione “Giustizia & Impunità”. Oggi le dedicano un riquadro un po’ più evidente, ma sempre a fondo pagina e la riportano come «versione b». Quello a cui davano maggior evidenza era invece sintetizzato da due titoli sparati su Alfano. Uno riguardava direttamente l’ex guardasigilli: «Accusato di riciclaggio, affittava la casa in centro a Roma ad Alfano», l’altro riguardava suo fratello: «Laurea e concorso pubblico “taroccati” Guai per il fratello di Angelino Alfano». Di oggi la notizia delle immediate dimissioni di Alessandro Alfano dalla carica da lui ricoperta di segretario generale della Camera di Commercio di Trapani «per evitare strumentalizzazioni politiche e per rispetto a chi svolge le indagini».
Ovvero sembra stia accadendo quanto era facile prevedere accadesse: trovato un metodo lo si applica a tutti gli avversari politici. Quindi ora che Berlusconi ha fatto il tanto desiderato “passo indietro”, l’attenzione di alcuni media e di taluni magistrati si sta spostando verso chi potrebbe prenderne il posto. Rimane solo da sperare che Angelino Alfano mantenga comportamenti privati e usi il telefonino in modi più prudenti di Berlusconi, perché anche se Gianluigi Nuzzi – molto vicino agli stessi ambienti di Travaglio – ha dichiarato tempo fa su Facebook che l’attuale segretario del Pdl fosse “al di sopra di ogni sospetto”, scavando, tagliando e cucendo qualche ombra la si può proiettare su chiunque. L’importante è che un pm apra una inchiesta per farci un titolone, se poi le accuse finiscono nel nulla, pazienza: basta non dar enfasi alla notizia. Tanto i magistrati non pagano e certi giornali mica sono la “macchina del fango”.
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