Il comportamento delle forze politiche nell’era Monti era largamente prevedibile. Da un lato Lega e Idv hanno trovato più naturale e conveniente porsi all’opposizione, dall’altro le forze che appoggiano l’attuale governo si limitano ad abbaiare, senza mordere.
Dalle dimissioni di Berlusconi nulla è ancora mutato, rendendo impossibile la via alle urne. Nessuna forza politica – nemmeno le attuali opposizioni – si prenderebbe mai la responsabilità di far cadere Monti, esponendo ancor più l’Italia agli attacchi dei mercati. Fino a quando graverà questa minaccia l’attuale esecutivo potrà dormire sonni tranquilli, anzi potrebbe pure osare più autonomia nelle decisioni rispetto le forze che lo sorreggono. La soluzione del problema dei debiti sovrani non risiede a Roma, ma a Bruxelles.
In questo contesto i partiti sembrano in vacanza, sollevati da ogni responsabilità vivono da cicale, incuranti del futuro. L’unico che non sta con le mani in mano, ma che anzi approfitta del governo-badante, è Angelino Alfano che si dà un gran daffare per costruire il Pdl del dopo-Berlusconi. Attività lodevole e necessaria, ma da affari interni. Non è iniziato ancora il dibattito più importante, quello che disegnerà lo scenario del dopo-Monti, quasi non dovesse avvenire mai.
È impensabile, difatti, che alla fine di questa parentesi emergenziale tutto ritorni come prima. Questo non solo perché le coalizioni si sono frantumate, ma perché non è mutato lo scenario istituzionale e costituzionale. L’attuale situazione è come una somma nella quale si possa scambiare l’ordine degli addendi senza mutare risultato.
A gennaio, inoltre, pende la pronuncia della Consulta sul referendum elettorale. Decisione non scontata, in quanto abrogando l’attuale Porcellum non automaticamente verrebbe reintrodotto il Mattarellum. Risulta ovviamente impensabile che un paese democratico rimanga privo, anche temporaneamente, della sua più importante legge, garante della stessa democrazia rappresentativa.
Al di là degli aspetti tecnici rimane il fatto che il Porcellum non piace a molti e pertanto su questo aspetto le forze politiche dovrebbero confrontarsi per cercare di giungere ad una soluzione. Uno degli intenti che l’attuale legge elettorale voleva raggiungere era quello di assicurare la governabilità alla coalizione vincente. Abbiamo visto che non basta, ovvero proprio questa legislatura ha evidenziato che non è sufficiente assegnare un congruo numero di seggi alla formazione politica vincente se non si vincola anche il mandato parlamentare. Il voltagabbanesimo o il saltaquaglismo si sono dimostrate pratiche più vive che mai e i conseguenti nefasti effetti sono sotto gli occhi di tutti. Bisogna porvi rimedio.
A differenza di un tempo, gli elettori votano avendo ben chiaro in mente quale premier e quale programma darsi. Ovviamente il programma può mutare in funzione delle contingenze, ma per evitare l’insorgere degli abituali pollai si dovrebbe considerare il Premier come garante dello stesso. È legittimo, e dovrà continuare ad esserlo, cambiare idea per chiunque, ma questo evento, che determina una implicita frattura con il mandato popolare, dovrà avere come conseguenza le dimissioni del deputato, permettendo alla coalizione la sostituzione dello stesso con il primo dei non eletti. Automaticamente dovrebbero decadere anche le cariche istituzionali acquisite per merito della coalizione nella quale si è stati eletti.
Questa è solo una idea grezza e appena abbozzata, che da sola non risolverebbe i tanti problemi della politica italiana, ma potrebbe essere sufficiente a far finire di colpo molte congiure di palazzo e il mercato parlamentare cui abbiamo ripetutamente assistito, cause prime delle paralisi di governo. Vi sarebbe pure il gradito effetto collaterale di spingere gli attuali troppo frammentati assetti in direzione bipartitica.
Chissà se anche con questa norma Gianfranco Fini avrebbe portato la situazione al punto di rottura nel Pdl, dimostrando di tenere di più alle sue idee che alla poltrona? Ognuno si dia la risposta che crede. Io, ridendo, la mia me la sono già data.
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