La pressione politico-mediatica su Berlusconi, affinché si arrenda e si dimetta, mai aveva raggiunto questi vertici. Con vari gradienti, da quelli più ragionati ed educati di Sergio Romano (soluzione Zapatero) a quelli più rozzi e minacciosi di Antonio Di Pietro (prima che ci scappi il morto), tutti chiedono a Berlusconi di fare un passo indietro.
In mezzo, a far da coro perfettamente intonato, ci sono tutti gli altri: dalla Marcegaglia che si vergogna più del Premier che dei guai giudiziari di famiglia, a Bersani che con lo scandalo Penati non ha nulla da insegnare ad alcuno.
Non solo, ma la stura a questa nuova ondata di monocorde litania che indica nelle dimissioni di Berlusconi l’unica possibile salvezza per il Paese è nata da intercettazioni illegali (non si può intercettare un parlamentare, neanche accidentalmente, senza l’autorizzazione della Camera), illegalmente divulgate da tutti i media (rivelazione segreto d’ufficio) e dalle quali non si evince reato alcuno. L’incompetente Lepore continua a perseguire una interpretazione delle norme in chiave difforme dalla legislazione in essere, con grave danno non solo per gli indagati, ma soprattutto per la “parte lesa”, in realtà vero obiettivo degli attacchi.
Berlusconi ha sbagliato? Certamente, ma non nel suo privato. Ha sbagliato nel pubblico. Non ha avuto sufficiente forza o coraggio di imporre quella politica di centro-destra per l’esercizio della quale era stato eletto. Ha tentato di governare senza giungere allo scontro, sempre mediando, succube di Re Giorgio il quale quando non gli piaceva una legge la rimandava, senza pensarci due volte, alle Camere. Berlusconi ha sempre taciuto o protestato solo debolmente, conformandosi. La grammatica istituzionale sarà anche stata rispettata, ma il risultato e stato quello di adeguarsi a scelte politiche improprie, fino a giungere alla paralisi.
Il Presidente della Repubblica può esercitare il “veto sospensivo” per respingere un decreto legge, ma se questo venisse nuovamente approvato dalle Camere non potrebbe rifiutarsi, per la seconda volta, di apporvi la sua firma. Ripresentare nuovamente al Colle il medesimo decreto, senza alcuna modifica, viene considerato una forzatura e uno sgarbo istituzionale, ma quello che ha subito il Presidente del Consiglio, in tutti questi anni, è stato molto peggio, e senza che mai Napolitano alzasse un solo sopracciglio in sua difesa. Inoltre, non aver insistito su alcuni principi ritenuti sacrosanti, anche a costo di scontrarsi con altre istituzioni, enunciati in una campagna elettorale risultata vincente, quindi condivisi, ha prodotto i danni cui oggi tutti assistiamo: la barbarie delle intercettazioni, la loro diffusione e nessuna riforma della giustizia.
Si dirà che Re Giorgio rappresenta solo il primo ostacolo, poi tocca alla Consulta. Vero, ma questo governo non ha esercitato sufficientemente la prerogativa dello spoil system, invece sempre attuata senza pietà dai governi di sinistra. A tutti i livelli. Si pensi al caso di Matteo Brigandì, silurato dal Csm con il pretesto dell’incompatibilità, o alla riconferma, nel 2010, di Vasco Errani alla Conferenza Stato-Regioni. Ovviamente non basta ottenere la maggioranza in Parlamento per poter insediare nei luoghi-chiave i propri uomini, essendo la nomina di molte cariche dipendente da tutt’altri meccanismi, ma nemmeno sembra la maggioranza abbia agito con sufficiente decisione, preferendo, appunto, perseguire politiche di compromesso.
Per evitare scontri sociali, istituzionali o di arrivare al muro contro muro con le opposizioni questo governo ha camminato sulle uova per varare una manovra finanziaria degna delle sinistre, e in contropartita si è ritrovato ad essere ripagato da una ennesima gogna mediatica-giudiziaria, illegale e diffamatoria, innescata per fini politici.
Non sarebbe stato meglio usare meno tattica, meno diplomazia, andare anche allo scontro, ma portare avanti quelle riforme che si credevano, si credono e sarebbero quanto mai necessarie ora? Forse avremmo avuto scioperi ad oltranza, scontri, tensioni sociali, si sarebbe gridato alla dittatura, ma non sono tutte cose cui abbiamo comunque assistito e pagato per non avere nulla in cambio? Anzi, per ritrovarci in questo insopportabile clima da scandalo gossipparo permanente, con un Paese peggiore di prima e non di certo per le private abitudini del Premier.
Nel poco tempo che rimane si persegua qualcosa di liberale. Non ci si faccia mettere nell’angolo da strumentali finti moralismi, si picchino i pugni sul tavolo, si decreti contro le intercettazioni, si mandino gli ispettori alla procura di Napoli. Grideranno alla legge-bavaglio? E chi se ne importa? Mica le elezioni le hanno vinte loro.
Liquidato Berlusconi inizierà la “normalizzazione” di questo Paese, la stampa “veramente libera e democratica” abbasserà i toni, i pochi Minzolini spariranno, come d’incanto le cose sembreranno andare meglio. Ma non sarà così. Semplicemente finiranno i toni melodrammatici da tregenda per ogni cucù alla Merkel, mentre gli incontri di D’Alema con esponenti degli Hezbollah finiranno, senza commento alcuno, a pagina venti di Repubblica. I Penati saranno silenziati. Se le cose andranno male (e andranno male) e non si potranno nascondere, la colpa, per anni a venire, sarà attribuita a Berlusconi.
Il tempo è poco, la situazione è periclitante, ma non c’è più nulla da perdere. I compromessi, le buone maniere, le politiche moderate non hanno fin qui pagato e continuare ancora per questa via non farà altro che rafforzare le procure, le opposizioni e la stampa “veramente libera e democratica”.
Morire tocca a tutti, ma farlo con il moschetto in mano è certamente più onorevole.
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