Quello della casta non è solo un problema di costi, ma è anche un problema politico-giuridico e, soprattutto, etico. La casta, è un gruppo o ceto sociale chiuso, i cui membri hanno in comune uno specifico connotato (la religione, la lingua, la professione, eccetera), ma è anche indicativo di qualsiasi gruppo cui sono attribuite posizioni privilegiate, onde si dice che la classe politica e, più in generale, la classe dirigente (compresi i magistrati) costituisce una casta. Nell’immaginario collettivo, poi, il termine ha un significato assolutamente negativo in quanto assunto come denotante una ingiustificata disparità di trattamento fra tutti i componenti della collettività: solo le varie caste esistenti, tra cui quella politica, quella delle toghe, quelle sindacali, beneficiano di posizioni privilegiate, sicché il complesso delle caste viene a connotare una specie di nomenklatura, come quella del regime sovietico, nel quale i privilegiati avevano la dacia, tutti gli altri la povertà più nera.
Il costo delle caste o – come più ipocritamente si dice – il costo della politica, si può rappresentare metaforicamente come la mangiatoia per una famelica classe politica (e dell’intero apparato governativo), comprensiva di regioni, province, comuni, enti vari (una miriade), compresi quelli destinati, quando che sia, alla estinzione, comunità montane e chi più ne ha più ne metta. La nomenklatura si è estesa in modo esponenziale. C’è stato nei decenni scorsi un assalto alle casse dello Stato, anche per effetto di ideologie discutibili (il posto fisso assicurato, a scapito dell’intraprendenza individuale, diploma o laurea a tutti, senza tener conto delle esigenze della società, un welfare indiscriminato – specialmente quello sanitario – da paese ricco, senza distinzione tra abbienti e non abbienti), che ha dato origine a quel mastodontico debito pubblico, che ora è una palla al piede, la quale ha impedito ed impedisce alla nostra economia di crescere. A parte, poi, il numero ingiustificatamente pletorico dei componenti il Parlamento (deputati e relativo personale amministrativo) che costa un occhio; ed a parte le spese di mantenimento della Presidenza della Repubblica e delle varie Autority, il cui costo supera di molto quella dei più ricchi Paesi (si pensi soltanto alle quaranta auto blu in dotazione al Quirinale).
Ormai l’opinione pubblica conosce bene quanto costa la casta e grida allo scandalo, soprattutto per la discriminazione che produce tra i consociati: c’è chi porta a casa meno di un migliaio di euro al mese e, quindi, vive negli stenti, e chi, invece, può godere di un reddito (ovviamente a carico della collettività) pari ad un numero di euro a doppia cifra, sempre mensile, senza una reale o utile prestazione o una corrispondente utilità sociale.
Tali inaccettabili disparità di trattamento – che costituiscono un grave e non plausibile vulnus all’uguaglianza – principio iscritto tra le norme fondamentali dell’ordinamento giuridico ma che esprime l’eterna aspirazione degli uomini alla giustizia – avrebbero un rimedio, in teoria facile, non nella loro soppressione, sarebbe una utopia, quanto in un loro significativo ridimensionamento.
Sennonché la classe governante, cui incomberebbe il compito di provvedere alla bisogna, non è in grado di usare il bisturi o la cesoia e, men che meno, l’ascia; gli interventi al riguardo spesso sono pannicelli caldi, che perciò non rappresentano la soluzione del problema sia sul piano del rilancio della economia che, soprattutto, su quello del rispetto del principio di uguaglianza (la questione morale, che è quella che più angustia l’opinione pubblica). Non basta la “stangata” di cui al recente decreto-legge (che, peraltro, come è prevedibile, sarà annacquato in Parlamento); occorre, invece, una forte riduzione del costo esageratamente elevato delle caste, a cominciare da quelle politiche: mi rendo conto che non saranno mai i parlamentari a produrre il miracolo – che potrà essere solo opera di un’Assemblea costituente -, tuttavia ci si poteva attendere la doverosa eliminazione dei numerosi benefit di cui gode la casta.
Il problema a mio parere potrà trovare positiva soluzione solo con una rivolta morale di tutta la collettività contro tutto il sistema attuale, a cominciare da quello politico. Come? La risposta non è semplice, ne sono perfettamente consapevole, onde dedicherò a questo interrogativo successivi interventi, nei quali potrò fare un’analisi non superficiale del nostro malandato sistema ed indicare qualche rimedio: comincerò dalla casta delle toghe, che a parte il costo, costituisce la più grande anomalia del sistema Italia.
Marsilio, 17 agosto 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.