MARCIO NUZIALE – di Angela Piscitelli

Matrimoni per amore, matrimoni per forza
ne ho visti di ogni tipo, di gente d’ogni sorta
di poveri straccioni e di grandi signori
di pretesi notai e di falsi professori
ma pure se vivrò fino alla fine del tempo
io sempre serberò il ricordo contento
delle povere nozze di mio padre e mia madre
decisi a regolare il loro amore sull’altare.

 

E’ in questi giorni cosi’, che si deve far festa per forza, fingere di essere allegri, ingozzare pasticcini controvoglia che quella specie di groppo, che alcuni chiamano anima, si fa strada tra le lasagne, le grigliate, i peperoni fritti e sputa fuori qualche interrogativo filosofico, magari fuori luogo, per rendere ulteriormente complicata la digestione.

E’ molto difficile distinguere un sentimento autentico da uno fasullo. Ma una cosa è certa: cio’ che più è ostentato, meno è vero. L’amore non si sottrae a questa semplice legge: sono sempre le coppie abbarbicate in web cam, sbaciucchiatori al flash, e prodighi di “tesoro, tesorino, amore, amoruccio, ciccina” a finire in aceto. L’abuso dell’orrido sostantivo esclamativo monco: “amo’!” che viaggia sulle bocche e sui telefonini in milioni di multipli ha strappato alla parola non soltanto la sillaba, ma anche la poesia. Le effusioni in pubblico, un tempo, erano sintomo certo di pessima educazione. Nel tempo in cui fummo bambini la vita privata non aveva bisogno nè di essere definita, e tantomeno di essere regolata da neologismi o da leggi. Semplicemente, “era”.

Un’infantile domanda impertinente era sempre sanzionata con un’occhiataccia o uno schiaffetto sulla bocca: “non si chiedono, queste cose, sei maleducato!”. Ed il piccolo indiscreto non ci riprovava più, anzi, faceva scuola presso gli amichetti per avvisarli del pericolo. Guai a dire perfino: “con questo cappellino sembri un lampione stradale, zietta”, oppure “nonno, hai la brachetta sbottonata”, che veniva giù il soffitto. Le coppie assaggiavano in perfetta sincronia, senza mai sfiorarsi, ma c’era nel loro incedere, come nei loro sguardi un’atttitudine che raccontava tutto di loro, senza dir nulla.

Abbiamo avuto, mio marito ed io, molti amici omosessuali. Coppie che si amarono con straziante dolcezza, che ebbero un focolare identico e migliore del nostro, che condivisero gioie e dolori e che insieme invecchiarono. Di loro potrei raccontare delicatezze infinite, tenerezze silenti, complicità e drammi, come quelli di ogni altra coppia. I superstiti sovente non sopravvissero a lungo al compagno, come accade ogni tanto agli uomini e alle donne che avendo percorso per mano la strada della vita, ricevono il privilegio di ritrovarsi quasi subito insieme, dall’altra parte.

Dell’ostentazione di certa omosessualità urlata, schiamazzata, rivendicata, avevano orrore. Per loro sarebbe stato oltremodo offensivo proporre un “matrimonio”, figurarsi una manifestazione “gay”.

Se siamo ridotti a discutere sui costumi sessuali di un pupazzo, o delle percentuali di ormoni come criterio di spartizione dei poteri, e se abbiamo bisogno di mostrar troppo cio’ che non si puo’ mostrare, è che forse il frastuono di un mondo fasullo ha disorientato i nostri stessi sentimenti, rendendoli copie sbiadite, buone per le copertine dei rotocalchi, per i filmini familiari e per le pagine di facebook. Non certo per uomini e donne che, avendo avuto la sventura di mutarsi in “sapientes” perchè scoprirono la poesia, vanno estinguendosi inesorabilmente perchè l’hanno perduta.

L’amore e il pensiero stanno andando via. Certo l’uno non lascerà l’altro, sono fatti per essere insieme, oppure per non essere. E partiranno senza rimpianto, è certo, se continueremo a ridere di loro ed a sostituirli con fantocci grotteschi. Si è perso il bandolo. Per le coscienze sopite, prive di riferimento non c’è che l’adorazione della dea norma e la fede cieca nella sua onnipotenza giustizialista.

Si puo’ legiferare sul sogno, sul sentimento, sulla fantasia, dissezionare i cuori con i commi, normalizzare per decreto il mistero? L’originaria funzione del diritto come: “Complesso di regole finalizzate all’organizzazione della Società ed alla disciplina dei rapporti” si è totalmente smarrita. Ed il suo totem avanza, insieme alla massa, oscillando scomposto e beffardo sopra la moltitudine incattivita dal deserto interiore.

Dove andranno? Dove andremo? Per far cosa? Sono forse domande stupide. Si puo’ sempre chiedere al navigatore satellitare. Se poi si confonde, e ci porta dritti nel lago, pazienza. Affogare è meglio che pensare.

 

Angela Piscitelli, 16 agosto 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)


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