INEDITE ALLEANZE FIGLIE DEL CAOS – di Loris Perone

L’impressione che si ricava dalla lettura della stampa di questi giorni o degli atti del dibattito parlamentare dell’11 agosto (audizione di Tremonti alla Camera) è che mentre le cose cambiano rapidamente negli umori del paese, il mondo della politica e quello dei leader d’opinione segue un passo diverso.
Le domande sono cresciute di livello, le risposte (con alcune eccezioni) si trascinano stancamente nel risaputo.

Lasciamo perdere alcuni ritornelli che non rappresentano neanche tentativi di risposte, ma si spiegano forse con la fisiologia di organismi sclerotizzati: semplici coazioni a ripetere, provenienti da apparati concettuali da troppo tempo non irrorati. Mi riferisco, ad esempio ai perduranti editoriali del Corriere della Sera contro la casta o alla proposta di una polizia internazionale contro la speculazione (una specie di universalizzazione del grido demenziale lanciato Oltralpe “Indignez vous !”). Sul piano più strettamente politico, dello stesso segno trovo, ad esempio, la reiterata richiesta di dimissioni del Governo da parte di Bersani e Di Pietro che sembra andare avanti quasi per forza d’inerzia, dal momento che è evidente anche a un bambino che – a questo punto – conviene per prima all’opposizione far gestire al Governo in carica questa fase. Tanto più se è per operare sotto dettatura del Presidente della Repubblica.

Preciso: non escludo che queste correnti di pensiero (si fa per dire) non abbiano una loro propagazione sociale o non possano assumere d’improvviso concretezza maggiore, traducendosi in movimenti di piazza o in manovre di palazzo. Dico semplicemente che si tratta di balbettii che non hanno nulla a che fare con la soluzione dei nostri problemi.
Ma qui non vorrei segnalare solo questi casi-limite. Vorrei invece parlare di un tono medio delle risposte che non è in sintonia con il tono medio delle domande. Le domande che gli italiani si pongono, riguardano e pongono in discussione il Sistema-Paese, in quanto ne sentono a rischio la stessa sopravvivenza, almeno per quello che esso è stato finora.

Le risposte eludono questa sfida.
Vorrei indicare alcune mezze verità e alcune vere e proprie omissioni che giornalisti e politici di professione ci propongono e dei rischi che questo comporta.
In primo luogo osservo una macroscopica omissione. Noto che, pur essendo noi nel mezzo di una crisi internazionale, pochissimi commentatori – fra questi un lodevolissimo Quagliariello sul Foglio del 9 agosto – abbiano dato a questo aggettivo il significato che esso ha. “Internazionale” non dovrebbe significare banalmente “ciò che riguarda molti paesi oltre all’Italia”. Internazionale è invece ciò che coinvolge e muta gli equilibri e incide sui rapporti geopolitici. Il ruolo e la posizione dell’Italia in questa crisi non possono essere banalizzati in un numero (il quarto debito del mondo, o altre simili semplificazioni) o in uno stato d’animo (cospargiamoci il capo di cenere) o in una fede, cara come è noto al Quirinale, ma ormai al tramonto (l’Europa ci salverà dall’irrilevanza). Qualcuno dovrebbe provare a dire quale è stato il ruolo dell’Italia sulla scena internazionale, a partire dal ruolo nelle istituzioni europee, e quale sarà in futuro, a seguito della tempesta finanziaria e di tutte le manovre in cantiere. Per cominciare: intendiamo rimanere nel sistema euro?

Un’altra omissione che rilevo riguarda il fatto che nel mettere in discussione l’Italia ci si dimentica che il nostro sistema economico, sociale e politico è attraversato da un profondo dualismo fra Nord e Sud. Per la verità qualcuno (il solito Quagliariello) ha osservato che la crisi mette in tensione ancora maggiore questo dualismo. Quello che manca completamente è un discorso sul rapporto fra questo dualismo e le ipotizzate vie d’uscita dalla crisi. A partire dalla famosa manovra in corso di elaborazione. Il Governo si propone di avvicinare il Nord al Sud o di allontanarlo? E con quali strumenti?

E vengo al punto finale. A quella che mi sembra la più grave omissione, che assume la forma ingannevole della mezza verità. Il mondo politico e gran parte della stampa stanno dicendo – o comunque stanno dando per scontato – che l’Italia non può che cospargersi il capo di cenere perché il debito pubblico che abbiamo è molto alto e i nostri creditori giustamente reclamano ciò che è a loro dovuto.

Questa è una mezza verità che deforma un dato oggettivo, lo isola e lo trasforma in retorica politica. Essa è costruita sovrapponendo al dato del debito una delle tesi più povere e riduttive della tradizione azionista italiana. Si tratta, come tutti sanno, di una tradizione sempre minoritaria dappertutto, tranne che nelle redazioni dei grandi giornali improduttivi finanziati dallo stato e dal capitalismo del salotto buono. Oggi invece questa tesi, tutta politica, è improvvisamente maggioritaria: ha invaso l’intelligenza collettiva e inquina l’intero arco delle forze politiche.

Ma questa tesi è infondata. E’ un’illusione ottica. Infatti è chiaro che il forte debito pubblico accumulato rappresenta un fattore di debolezza della nostra specifica posizione internazionale. Ma è altrettanto evidente che la crisi coinvolge, con la stessa intensità, paesi diversissimi dal nostro e con livelli di debito inferiori, proprio perché è una crisi sistemica che non può essere capita né affrontata scrivendo la lista dei buoni e dei cattivi.

Nel mondo politico e della stampa sta rapidamente venendo meno ogni distinzione, in un magma che non è l’unione nazionale per salvare la patria in un momento estremo di pericolo, ma una melassa stomachevole (e fra l’altro non priva di forti linee di tensione al suo interno).
Sui giornali di oggi fa un po’ effetto leggere che Bossi è in sintonia con la CGIL, Berlusconi con Draghi e… Ferrara con Alesina e Giavazzi!

Per concludere. La classe politica e i leader d’opinione non stanno rispondendo in modo convincente alle domande poste dalla crisi. E’ significativo che – in questi giorni – appaiano spunti di riflessione più interessanti nei circuiti non tradizionali e non riconosciuti, a partire dai blog e dai siti web non conformisti.

Questo fatto però comporta anche un rischio e approfondisce un gap. Oltre a rappresentare un elemento di debolezza per tutti noi.

Sarebbe meglio per tutti che alcune risposte agli interrogativi più impegnativi cominciassero ad arrivare. E magari dalla fonte giusta: quella che è stata legittimata dal voto popolare!

Loris Perone, 12 agosto 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)


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