AVVISO DI CANDIDATURA


Il primo a segnare la strada fu Di Pietro. Dopo l’inchiesta “mani pulite” che affondò la partitocrazia della prima Repubblica si dimise dalla magistratura e, su chiamata di Romano Prodi, accettò di divenire Ministro dei Lavori pubblici. Era il 1996. Lasciò dopo soli sei mesi. Nel 1997 Pino Arlacchi (Pds) venne chiamato all’Onu e, alle successive elezioni suppletive, Massimo D’Alema offrì a Di Pietro il blindato Mugello. Vinse, divenendo Senatore della Repubblica, battendo Giuliano Ferrara. Nel 1998 fondò l’Italia dei valori.

Una carriera fulminante, iniziata combattendo la classe politica per poi divenirne parte integrante. Ormai la via era tracciata e, successivamente, è stata seguita da molti magistrati, più di sinistra che di destra.

Di Pietro ha certamente incarnato nell’immaginario collettivo, almeno per un periodo, la lotta alla corruzione, al malaffare e la speranza di una nuova pubblica integrità morale. La notorietà derivata da “mani pulite” lo ha proiettato nel mondo politico come primo attore. Ma al di là della enorme fama conquistata con le manette bisogna riconoscergli che ci ha messo del suo: non si rimane per 15 anni sotto i riflettori per caso. È sopravvissuto all’inchiesta di Brescia (2005); si è avvalso dell’immunità parlamentare europea (diffamazione del magistrato Filippo Verde); è stato accusato più volte di gestire familisticamente il partito; è finito nei guai per vicende riguardanti i rimborsi elettorali; sono apparse foto che lo ritraevano in un ristorante a Zlatni Piasazi, sul Mar Nero, in compagnia di un boss bulgaro; in altre istantanee è stato ritratto a Palermo in compagnia del discusso Bruno Contrada poco prima venisse arrestato; a lungo si è parlato dei suoi (poco chiari) affari immobiliari; suo figlio Cristiano è finito indagato a Napoli per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Ne è sempre uscito, più o meno bene, ma aprendo dei varchi a posizioni più integraliste e manettare o semplicemente più coerenti delle sue.

Spazi riempiti da un lato da Grillo e dall’altro da De Magistris. Se il primo è un fenomeno (in tutti i sensi) che incarna l’antipolitica tout court, l’altro ha ripercorso le orme di Di Pietro, lasciando una procura per divenire eurocandidato Idv. Seguace, ma non suddito, ha manifestato frequentemente autonomia da Di Pietro e ha più volte vagheggiato di progetti politici alternativi. Non solo, ma De Magistris si è spinto ben più in là di quanto fatto dal suo “maestro”, giungendo a nominare in giunta a Napoli un altro pm: Giuseppe Narducci, già pubblica accusa nel processo al leader regionale Pdl Nicola Cosentino.

La strategia politica di De Magistris è forse appena all’inizio e, in barba ai progetti di Di Pietro che vorrebbe candidare Lombardo a sindaco di Palermo, potrebbe appoggiare quella di Antonio Ingroia. Per il pm che rischia di rimanere bruciato dai falsi pizzini fabbricati da Ciancimino la poltrona di primo cittadino di Palermo potrebbe essere una gradita svolta.

Significherebbe la definitiva discesa in campo della magistratura più politicizzata che disporrebbe dell’appoggio incondizionato di alcune Procure, di cui Lepore, a Napoli, potrebbe essere calzante esempio. Assisteremmo così alla definitiva nascita di una nuova classe politica che disporrebbe della potentissima arma di tribunali amici ai quali solo un pazzo potrebbe opporvisi. Ma a ben pensarci, sfacciataggine a parte, la novità quale sarebbe?

Paolo Visnoviz, 7 luglio 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)


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