IL SANGUE DELLA BESTIA

En effet, j’en coupai un morceau gros comme une olive, je l’imprégnai d’autant de beurre qu’il était capable d’en éponger, et, en écartant mes lèvres, je le portai à mes dents, plutôt par une mauvaise honte que dans l’espoir de vaincre ma répugnance. Mon hôte, debout derrière moi, suivait tous mes mouvements avec l’impatience bienveillante d’un homme qui se fait un bonheur de la surprise que l’on va éprouver. La mienne fut grande, je l’avoue. Cependant, je n’osai tout à coup manifester mon opinion, je craignais de m’être trompé ; je recoupai silencieusement un second morceau d’un volume double à peu près du premier, je lui fis prendre la même route avec les mêmes précautions, et, quant il fut avalé :
– Comment ! c’est de l’ours ? dis-je.
– De l’ours.
– Vraiment ?
– Parole d’honneur.
– Eh bien, c’est excellent

Alexandre Dumas, Impresions de voyage (1835)

 

Ragioniamo. Il liberalismo non può fermarsi sul limitare del desco e diventare al di là integralismo alimentare. Certamente, nel caso che un tale tagli con cura a pezzi il vicino e lo serva in salmì, o in stracotto, è cosa buona e giusta indignarsi e denunciare il cannibale assassino al più vicino commissariato prima di finire in pentola pure noi col rosmarino in bocca.

Diverso il caso del cannibalismo rituale, in auge ancora in certe tribù dell’Africa, nel quale incorse un amico di famiglia, medico e missionario laico, che per estrema gratitudine dei pazienti ebbe l’onore di sedere al banchetto funebre del nonno del padrone di casa e si vide servire, con estremo sussiego e magistralmente bollita, la mano del trapassato: e lo sventurato ingurgitò per non ferire la sensibilità dell’ospite.

Ogni comunità ha antiche tradizioni culinarie; e dalla notte dei tempi siamo venuti fuori – come è come non è – più o meno sapientes e più o meni carnivori (più carnivori che sapientes?). Le nostre tenerezze e le nostre indignazioni animaliste sono tutte infarcite d’un’ipocrisia di fondo: per mangiar carne occorre che noi, o qualcuno in nostra vece uccida un animale.

Così il fatto che mi vengano agli occhi le lacrime quando di notte dal fondo del giardino si levano le grida strazianti – umane, troppo umane – delle madri mucche a cui portano via i figlioletti, non m’impedisce di comprare il giorno dopo il quarto di vitello per lo spezzatino. Nemmeno la visione del terrificante documentario di Franju, Le Sang des bêtes, ci distoglie dal giustare vitel tonné, fiorentina, scaloppe e cotolette.

Si ama per contiguità, convivenza e tradizione e si mangia per le stesse ragioni.

Della bistecca di orso gustata in Svizzera da Alexandre Dumas si è assai favoleggiato; lui, che ammetteva di «mettere incinta la storia» e farle fare dei marmocchi potrebbe non averla mai neanche vista, ma qualcuno potrebbe avergli descritto il sapore gustoso e la prelibatezza della preparazione. Perchè l’orso, «lassù, sulle montagne tra boschi e valli d’or» non è visto precisamente come Yoghy ghiotto e scemotto, è un predatore di campi, ingombrante e minaccioso. In più, una bella riserva di carne: ci mangia un intero villaggio. Pertanto in Slovenia si macella e si vende, con regolare bollo veterinario, cosi’ come noi mangiamo cavalli, gli stessi che carezziamo, spazzoliamo e coccoliamo quando sono nostri e che facciamo crepare di brutta morte nelle corse per puro divertimento.

Se dunque i leghisti trentini vogliono fare la festa all’orso, nel senso di offrirsi un banchetto con orso di supermercato cucinato in tutte le salse, innaffiato dell’immancabile litrozzo rosso, non v’è nè da strapparsi le vesti, nè farne un caso politico con relativa indignazione ministeriale doppia (Frattini e Brambilla).

Il leghista Fugatto (nomen omen, lo è ancora ma il sorcio è l’orso) ha pazientemente spiegato che trattasi non di battuta di caccia contro specie protetta, ma di semplice carrello di supermercato estero tanto per zingarare provocatoriamente e con profitto del palato contro il paventato ripopolamento di orsi, sulle montagne del trentino che ha messo in effervescenza i locali.

Peccato che don Alessandro non sia più tra noi da tanti anni: ci avrebbe regalato su questi fatterelli, un racconto scoppiettante.

La verità è che l’unica specie da proteggere sarebbero i liberali intelligenti; credo che in circolazione ne siano rimasti due o tre; il resto, sono stati tutti mangiati. E non si trovano più manco al supermercato in Slovenia. Con poca spesa però, ora che la mucca non è più pazza, si puo’ comprare il cervello. Ottimo, e migliore di tanti che circolano dalle nostre parti.

Angela Piscitelli, 2 luglio 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)

Commenti

Lascia un commento