Come mai programmi come Ballarό e AnnoZero hanno avuto tanto successo di audience? La risposta è nota e banale: sono l’equivalente dei circenses romani, o anche delle partite di calcio. Lotta “all’ultimo sangue”, anche se sublimata come competizione incruenta. Svaghi piuttosto rozzi, ma divertenti, cui spesso cedo anche io. A volte vi si colgono episodi gustosi, come il pugilato tra Sgarbi e Travaglio, dal quale il secondo usci’ suonato a dovere. Un interesse, infine, più di forma che di contenuto: perché il contenuto è sempre lo stesso: il Governo Berlusconi è roba da truffatori, bisognerebbe liberarsene al più presto. E daccapo, come nelle sonatine di Diabelli che si infliggono ai pianisti bambini.
La volta scorsa, invece, Ballarό ci ha proporcionado, come dicono gli Spagnoli, uno svago di tipo innovato: un delizioso spettacolo d’ira scatenata e impotente, con annesso sfoggio di furente logica coatta. Nell’insieme, uno spettacolo istruttivo, sebbene alquanto allarmante, che ci ha mostrato come le sinistre perdano le staffe allorquando perdono la partita dopo aver per breve ora creduto d’averla vinta. Le ultime vicende politiche, coronate dai referendum, avevano fatto nascere non poche speranze! Ora invece la Finocchiaro, bella donna anche se un po’ scotta, si dava da fare per imbruttirsi. Strepitava mostrando una dentatura e masseteri da molosso, un rictus che più verde non si puo’. Se non stesse bene esprimersi cosi’ a proposito d’una donna, si dovrebbe dire (“lo dico per non dirlo”, spiegava un mio capufficio) che “abbaiava” come un cèrbero. Flores, lui, “si magnava un pezzo di fegato” ad ogni ammissione di Mieli o di Pagnoncelli. E Giannini faceva del suo meglio per far virare a sinistra la barca, che invece mostrava tendenze sempre più marcate verso un sano oggettivismo (“reazionario”, diciamo).
Come accade a tutti gli incacchiati “neri”, questi furenti si sono abbandonati alla solita maniacale, reiterata produzione di frottole. Per esempio la seguente: il nostro Governo è ormai da tempo agli sgoccioli, a pezzi, in putrefazione, come dimostrano gli episodi che ebbero come protagonisti Marrazzo o Gianfranco Fini. E’ questo un teorema (come oggi usa dire) veramente folle, che esibisce addirittura un uso dissennato non solo del rapporto causa-effetto, ma anche delle sequenze temporali. E poi, perché la condotta di Marrazzo e di Fini dimostrerebbe lo sfacelo del Governo? Questo tipo di ragionamenti scervellati ormai li si fa sempre più spesso. Altri esempi: l’immondizia a Napoli. il terremoto dell’Aquila, etc.: tutte colpe di Berlusconi.
Queste non sono esagerazioni mie. Sono convinzioni autentiche, anche se folli, alle quali la gente attribuisce valore di verità e che, pertanto, generano un senso d’insopportabile ingiustizia nella psicologia collettiva.
Di tutto cio’ naturalmente si puo’ ridere, ma non prima di aver letto, ad esempio, Gustav Jung e certe sue analisi dei meccanismi della coscienza. Le convinzioni collettive sogliono deteriorarsi un poco alla volta. La ripetizione all’infinito della balla genera inoltre (effetto “rumore”, lo chiamava Shannon) una progressiva deformazione. E’ un fenomeno altamente pericoloso. Si finisce col credere fermamente cio’ che all’inizio si era “finto” di ritenere probabile.
Conviene seguire gli accadimenti quotidiani, e la loro genesi, con occhio scevro da ideologismi. La nascita nella psicologia collettiva delle convinzioni patologiche dovrebbe averci insegnato molte cose. Non dovremmo dimenticare storture quali il fascismo, il nazismo, il comunismo; e anche esempi più modesti, una qualsiasi “caccia alle streghe”; la affannosa ricerca e poi l’individuazione di quel che Réné Girard chiama il bouc émissaire. C’è un panorama inquietante, fatto di convincimenti inconsistenti, quasi sempre portantori di violenza, che si ripetono benché siano stati già da tempo smascherati e denunciati. Si pensi alla ormai classica Psicologia delle masse di Gustave Le Bon, alle analisi aggiuntive di Freud, alla Rebeliόn di Ortega y Gasset, al concetto di “eterodirezione” di David Riesman, agli studi sul fenomeno della “autorità” della Scuola di Francoforte, all’inconscio collettivo di Carl Gustav Jung… La collettività viene a poco a poco presa da una specie di sonnolenza idiota; poi, quando infine (solitamente troppo tardi) si risveglia, si chiede: “Ma come! Ho creduto seriamente a simili follie!?”
Si ritiene solitamente che contro questi danni sia sempre a disposizione il rimedio del ritorno al sano giudizio; contro i subdoli imbonimenti, il ripristino d’una vergine spontaneità. Ma sono pie illusioni. Chi ha mai detto che la spontaneità sia sempre cosa positiva? Oggi ci si illude perché viviamo l’epoca retorica del “tutti insieme non possiamo sbagliare”. ¡El pueblo unido nunca será vencido! Ma la realtà è ben altra. Tra gli studiosi e i critici della “spontaneità”, paradossalmente primeggia il comunista Giorgio Lukàcs. La “struttura” della nostra psiche parla chiaro: il nostro Io è fatto a strati concentrici, come il tronco d’un albero; e, proprio come accade nell’albero, gli strati più recenti sono quelli superficiali, man mano aggiunti dalle esperienze quotidiane. Essi riflettono principalmente i convincimenti del gruppo: ovvero, i dettami del Super-Io. Per farla breve: quando ci crediamo “spontanei” solitamente non facciamo che ripetere per filo e per segno le banalità del gruppo di appartenenza. La nostra “vera” spontaneità, avverte Lukàcs, sta più all’interno, negli strati profondi della coscienza, quelli cui è arduo attingere. (Per ovvie esigenze di… sicurezza personale, Lukàcs fa questo ragionamento in sede di teoria estetica, ne L’anima e le forme se ben ricordo).
In sostanza, cio’ che correntemente chiamiamo spontaneità non è che la ripetizione “a pappagallo” delle idee introjettate per ordine del Super-Io. Domani mattina, recatevi al caffé dell’angolo e intavolate un qualche scambio d’idee col primo che capita. Farete la triste esperienza di sentirvi ammannire una ennesima volta le fesserie in uso.
Ma non è ancora tutto. Saliamo, per cosi’ dire, ai piani superiori. La gnoseologia ci avverte che persino la produzione del concetto, che dovrebbe essere il portato più libero della nostra mente, è minacciata dal conformismo. E’ per questo che molti gnoseologi, da Hegel a Bachelard, da Croce a Popper a Raffaello Franchini, affermano che il concetto comincia con una negazione – ovvero comincia “affermando non cio’ che la cosa è, ma cio’ che la cosa non è” -, parlano di “filosofia del no”, etc. Insomma: non bisogna fidarsi dei contenuti “spontanei” della coscienza. La coscienza collettiva, cio’ è vero, spesso si rivela una acuta anticipatrice di verità; ma più spesso è soltanto tramite di autoinganno, di opache certezze. I ragionamenti dimostrativi possono andare a parare in una caccia agli Untori, magari agli Ebrei. Lo hanno già fatto.
Si noti che il legame causa-effetto è il più semplice dei modi di ragionamento, ed è pertanto la fonte prima delle verità cosidette “popolari”. Ma ormai, anche sul piano scientifico, è noto che questo è un legame problematico, inadatto alla complessità talora autocontraddittoria dei casi della vita, quindi più lontano dalla verità fattuale di quanto comunemente si creda. Aumenta per converso l’importanza dei legami dialettici, che oggi cominciano ad essere presi sul serio anche da quelli che furono i loro nemici giurati, i logicisti, e ammessi in veste di probabilismo.
Certo, per me e per tutti i non addetti come me, questi sono discorsi troppo astrusi. Ma torniamo coi piedi a terra. A noi basti constatare che tra “immondizia a Napoli” e “politica di Berlusconi”; tra “terrermoto all’Aquila” e “Governo di Centro-destra” non esiste legame alcuno, né causale né altro. Cosi’ come non esiste tra Marrazzo e Ministero degli Interni; o tra Fini e Ministero degli Esteri; tra eclissi di luna e pizza Margherita.
Da questi falsi legami, che i politicamente interessati alla falsificazione mettono in giro e reiterano per farne riflessi condizionati, dico coazioni a ripetere utili ai loro disegni, bisogna guardarsi. Sono pericolose “pieghe” che lentamente la coscienza collettiva assume e poi, poco a poco, trasforma in indelebili rughe.
Si dirà: quanta esagerazione! Ma no: si tratta di problemi assai attuali, anzi: usuali. Si tratta nientemeno che di fabbricare certezze. A questa patologia della mente sociale appartiene, ad esempio, quella triste abitudine psicologica che chiamiamo “demonizzazione dell’avversario”, e che da noi in Italia è ormai diventata, da più d’un decennio, un incoercibile vizio, una sorta di incurabile febbre cerebrale. Dalla quale ormai non si sa più come faremo a liberarci.
Mi domando – la domanda è suggerita dalla… disperazione – se forse da questo tunnel non si potrebbe uscire per omeopatia, dico mediante sempre più insensata, ripetuta estremizzazione della balla. Proviamo.
Proviamo ad esempio col famoso metodo “Giulietto Chiesa”: “Bush fece crollare le Twin Towers apposta, per fottere meglio gli Arabi”. Dunque per ragioni terapeutiche Ballaro’ dovrà continuare a sballarle sempre più grosse, mi raccomando: deve diventare un vero e proprio Sballaro’. Forza, datevi da fare!
Leonardo Cammarano, 24 giugno 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
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