Il risultato dei referendum mi ha coinvolto esclusivamente per ragioni concrete. Sono tra quelli che danno fiducia agli esperti del “no”: le energie eolica e fotovoltaica non riusciranno mai a soddisfare il fabbisogno di energia di 6 miliardi e passa di individui. Chi punta sulle energie pulite (come ad es. la Germania) lo fa, io sospetto, per motivi demagogici, elettoralistici, in attesa che l’onda dei “sί” si calmi (ci vorranno pochi anni, o mesi!). E intanto adopereranno l’energia nucleare prodotta dalla Francia. Tutti sanno che Sarkozy si sta fregando le mani.
Come ho scritto altra volta, penso ancora e sempre che Berlusconi, ancora indispensabile nell’ora che volge, debba farsi più coriaceo, e debba insitere…, ma anche farlo con dosi maggiori di furberia. Ad esempio, dire pubblicamente “Io a votare non ci vado” è stato un gravissimo errore, perché questa dichiarazione è stata letta come una sfida ad andarci, a votare. A noi Italiani piace fare le cose a dispetto: siamo “uόmmene de sfizie”, come si dice dalle mie parti con stolta soddisfazione. Doveva dichiarare il perfetto contrario. I tempi ormai volgono decisamente alla demagogia pura, sono cinquant’anni che si lavora per questo risultato, e finalmente ci stiamo riuscendo (parlo ovviamente del policorrect). Bisogna adeguarsi, come appunto dice Berlusconi: ma adeguarsi anche e specialmente nelle tecniche mediatiche. Se non lo fa lui! La guerra è guerra.
Berlusconi sta perdendo colpi? Sembra di sί; ma poi a me ritorna un dubbio che di recente mi è già affiorato più volte: che si sia scocciato? Che voglia finalmente mandarci tutti a Patrasso e andarsene in luogo ameno, in compagnia di pochi amici e miliardi molti, a godersi finalmente la vita? A godersela – concediamo anche – più… indisturbato di prima? Se intende far questo, ebbene ha ragioni da vendere. Noi non ci meritiamo altro.
Ma l’uomo ha uno stile, è leale: e mantiene le promesse. Lealtà. Nel ’94, con voce più forte del fragor di dentiera del sibilante Scalfaro, già disse: “Restero’ fino in fondo, non dubitate di me”. Io, a quella promessa, sono stato e sono tanto ingenuo da crederci.
Dal punto di vista loro – dico di quelli che da sinistra, all’epoca, stavano agguantando il potere – Berlusconi merita la morte, e peggio. Perché è stato l’unica barba d’Italiano capace di tenerli a bada, loro, il Debenedetti, lo Scalfari e compagni, per circa vent’anni. Questo il “peccato” che non gli hanno perdonato, e che non gli perdoneranno mai.
Bisogna riconoscere che adesso l’umore delle Sinistre dev’essere molto torbido. Un sentimento di vittoria? La quasi bisecolare parabola è stata miseranda. Cominciarono con clangore di trombe, cent’anni prima di Scalfari e di Scalfaro, volevano liberare non solo il proletariato, ma l’intero universo. Liberarlo del triste peso dello Stato; instaurare il Regno della Libertà, quello nel quale ci si sarebbe potuti occupare di caccia la mattina, di pesca il pomeriggio, di critica-critica (e magari di Dario Fo) la sera… Ebbene, eccoli intenti a difendere i diritti delle Gay e dei Lesbo (inverto i sessi a ragion veduta, per evitare accuse di monosessismo), e a fare le boccacce a braghe calate in piazza San Pietro. E tutto cio’, sempre con il solito piglio sacerdotale, come se si trattasse chissà di che. Ma si tratta solo di lasciare che gli omosessuali continuino a fare quel che già facevano anche prima. “Scopate a volontà – dice Sgarbi – e non rompeteci le scatole”. Ma Sgarbi non fa i conti con l’esibizionismo: la cretineria mediatica non ha fine. Scopare è bello, ma far vedere che scopiamo alla faccia vostra è meglio. Avevano cominciato, nel 1848, promettendo che avrebbero svelato e debellato i vergognosi disegni dei capitalisti. Son finiti tentando di svelare, a colpi di teleobbiettivo, com’è che fa l’amore Topolanek. La parabola non poteva essere più utile, e nobile. Ma – questo il conforto – potevano almeno afferrare il “potere”… ed ecco che Berlusconi gli ha rotto le uova nel paniere, gli ha precluso il conforto sostitutivo per circa vent’anni. Ora basta.
Berlusconi, e noi, dovremmo accontentarci? Lui certo sί. Siamo noi a restarci alquanto male.
Berlusconi. La catasta immane di grandi porcate, porcherie medie e porcheriole piccine che hanno tentato di scaricargli, e poi gli hanno scaricato addosso, è stata ignobile. Il fondato sospetto di una sua stanchezza non è dato da sintomi diretti, o da pettegolezzi di palazzo. E’ piuttosto suggerito da una nuova incuria nel fare, di lui stesso e di tutto il suo entourage. Ad esempio: perché impegnarsi in modo cosi’ incauto e ingenuo, fingendo di non impegnarsi, per la riuscita dei referendum -, quando in realtà e in verità a lui, al PdL ed a noi dei risultati, di un si’ o di un no, non poteva importare di meno? Bastava far capire alle turbe: “votate come volete, perché comunque vada sarà comunque lettera morta”. E dirlo fin dall’inizio, con un po’ di capacità di previsione, che diamine! Tanto più che, trattandosi di contese puramente strumentali, gli stessi fautori del Sί domani faranno ancora la capriola, e promulgheranno nuovamente il No. Quante volte ancora si volterà gabbana e si sosterranno tesi opposte a quelle attualmente caldeggiate? Questa volta io non condivido l’opinione di Giuliano Ferrara. E’ lui l’unico, o pressoché l’unico, osservatore politico intelligente di cui noi si disponga. Eppure questa volta, io mi permetto di pensare, ha drammatizzato il “contenuto” dei referendum. Invece son tutte, e restano, questioni di forma: come fregare l’avversario? Se, come è ben possibile, la “materia” che c’è sotto è seria, ebbene non mancheranno tempo ed occasioni per tornarci sorpra ancora, ancora senza serietà alcuna naturalmente, finché – come spesso accade in Italia – sarà la stessa forza dei fatti a constringerci a far scegliere, beninteso da altri, il meglio o il meno peggio. Questo è puro stile Prodi? Sί, ma è Prodi che fa come noi, non noi come lui. Si tratta, ripeto, di referendum che riguardano la lotta, la lotta politica e basta. Avete in mente le partite di calcio? Sono quelle il paradigma Italia. Ma le si faccia con astuzia, almeno da questo punto di vista.
Ma a proposito, non ci vorrebbe una scuola, una sorta di “Frattocchie”, anche per noi poveri diseredati del Centrodestra? Gli errori cominciano ad essere troppi. Anche se, all’italiana, “non è mai troppo tardi”. Ma ad un certo punto, perché no, puo’ diventar troppo tardi continuare a dire che non è mai troppo tardi. Non bisogna mai dimenticare che i consigli, i criterî e le divise politiche ed etiche (meglio etico-politiche, ma forse sarebbe troppo onore) sono tutti muniti di un angolino in cui si nasconde il meccanismo autorefenziale, l’applicazione di sé a se stesse. Esempio: non è mai troppo tardi per smetterla di credere che non sia mai troppo tardi.
Stasera, un poco disgustato dalla piega presa dagli eventi, mi sono messo a leggere le Lettere di Plinio il Giovane. Ebbene, grandezza delle voci del passato! Ho subito trovato qualcosa che faceva al caso mio; anzi, diro’: al caso nostro. State a sentire:
Libro VI, 20. A Tacito.
(Plinio e i familiari vagano nelle tenebre, sotto una pioggia di cenere calda e di lapilli, preoccupati per il destino del coraggioso zio – che ormai è morto, ma essi non lo sanno): “… Nel bel mezzo di cosi’ gravi pericoli, non mi sfuggi’ neppure un sol gemito, neppure una sola parola di debolezza. E di questo potrei vantarmi, se pero’ non avessi trovato un gran motivo di conforto nel pensiero che, se stavo per perire, ebbene perivo con l’universo tutto, e che l’universo tutto stava perendo con me”.
Questo, a proposito di noi Italiani e del “Donde veniamo, chi siamo, e dove andiamo?“, di cui ho scritto altra volta. Dopo duemila anni, ecco una buona risposta: veniamo di là, siamo come allora, e andiamo tutti là, come Plinio e suo zio.
“Là”: avete capito dove.
Leonardo Cammarano, 14 giugno 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
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