Dalla “scoppola” in poi, il nostro Berlusconi sembra aver cambiato carattere. Cambiarlo non deve, assolutamente, perché andava già benissimo. Ma modificarlo, ebbene si’.
Dall’incontro organizzato da Giuliano Ferrara al teatro Capranica sono usciti in buona sostanza alcuni consigli preziosi per il Presidente Berlusconi: il primo è quello di “rimettersi in causa” personalmente; il secondo, “entrare in rete” seriamente e al più presto; poi ancora, fare nel PdL le “primarie”, per scovare i seguaci che possano creare seguito, e anche per assumere l’ossatura, o le fattezze, di “partito”; infine, tendere con forza al ripristino dell’immunità parlamentare, immunità che sarebbe di nuovo l’unico reale, effettivo e possibile contrappeso – come giustamente ha ricordato Feltri – allo strapotere della magistratura. Ottimi consigli, specialmente gli indispesabili primi due. Ma il consiglio a mio modesto migliore di tutti, mi permetto di darlo io: “Presidente, corpo di mille bombe, si incazzi -, ma sul serio, per favore!”. (Questa volta la mala parola ci vuole: dire “si arrabbi” varrebbe trenta volte di meno). So bene che ci sono moltissimi modi di incazzarsi. Ci si puo’ incazzare “senza concetto”, un po’ alla stordita, come fa quella toressa (si puo’ dire “toressa”? Sarebbe la moglie del toro) di Conchita De Gregorio, innanzi alla quale basta mettere un drappo rosso con sopra scritto “rivoluzione!”, e subito parte in quarta a corna irte, anche se di fronte c’è il solido muro). Lui Berlusconi invece saprà bene incazzarsi a ragion veduta: perché di buone ragioni ne ha a bizzeffe, e le conosce tutte.
In realtà il suddetto ultimo consiglio, come tutti i consigli buoni, è in parte entrato in funzione già da sé. Dalla “scoppola” in poi, effettivamente, il nostro amato Presidente (cosi’ lo chiama Ferrara, e fa bene) sembra aver cambiato registro. Si mostra già, molto utilmente, un bel po’ “immusonito”. E io so perché. Egli ama noi Italiani, bontà sua, e realmente voleva e vuole aiutarci. Ma ci aveva giudicati con troppo ottimismo. Spesso noi Italiani esibiamo spontaneamente una presenza che è migliore di noi. Siamo il contario dei Francesi, che solitamente esibiscono ceffi da galera pur essendo persone a modo. Diceva Jean Cocteau: Les Français sont des Italiens de mauvaise humeur. Noi diremo l’inversa: gli Italiani sono dei Francesi di buon umore. In realtà, l’Italia è un teatro: tanto, che certe volte esageriamo, come fa D’Alema, che è “un ritratto che cammina”, come diceva D’Aurevilly non so più di quale fanfarone.
La “scoppola” elettorale, dunque, ha fatto aprire gli occhi al Presidente. Che si è bruscamente ricordato delle oceaniche acclamazioni a piazza Venezia, e di coloro che fino a mezz’ora prima erano probabilmente contrari al sopravveniente regime. E di Piazzale Loreto, dove ci fu l’altra vergognosa, repentina mezza giravolta. E dell’ottobre 1989, quando, dalla sera del giovedi’ alla mattina del venerdi’, tutti diventarono anticomunisti come per incanto… O delle famose “Quattro giornate di Napoli”, dove i Napoletani cacciarono via i Tedeschi che non se ne accorsero neppure. Ha finalmente capito che sì, noi Italiani siamo brava gente, ma… con moderazione. Questa rivelazione, credo, ha perfezionato la buona qualità del suo carattere. Perché ha probabilmente pensato che non è il caso di essere sconfinatamente gioviali, e che le pacche sulla spalla spesso, ahimé! – o meglio: ahinoi! -, danno un affidamento illusorio, e poi scorrono via come acqua fresca. Del resto dappertutto, a questo mondo, è facile sentirsi amici per la pelle e per sempre, ma beninteso sempre “fino al rogo escluso”, come diceva François Rabelais. Da noi cio’ è ancora un poco più vero, perché siamo gente assai sensibile (lo dico senza ironia), e il rogo lo vediamo anche di lontano, anzi: ci spaventa già “alla sola idea”. Non voglio infierire, ma noto che Voltaire (oggi sono in vena di citazioni), osservando i suoi ingrugniti Francesi, sentenziava: “il guaio delle brave persone è che, in genere, sono dei vigliacconi”. In conclusione: si ricordi Berlusconi che noi Italiani siamo brave persone se altre mai.
Veniamo ora direttamente a lui, il Cavaliere, ed alla sua psicologia. La faccia di noi umani molto spesso è inespressiva. Nei momenti tristi della mia esistenza, quando sentivo il dolore quasi deformarmi il volto, sono andato a rimirami in qualche specchio, sicuro di vederci il ritratto stesso dell’umana sofferenza. E invece niente: eccola là, la mia solita faccia, tra cretina e soddisfatta di sé, come se nulla fosse. A volte tuttavia, su volti particolarmente leali, il disgusto, il dolore, il disappunto, si vedono e come. Questo è il caso di Berlusconi. Il suo occhio si è fatto serio, il suo sguardo un po’ diffidente. Anzi, un po’ sprezzante, e ne ha ben donde perché glie ne abbiamo fatte di tutti i colori. Il suo eloquio non è più eccessivamente amichevole; v’è in esso qualcosa di reciso, un tono che attende obbedienza. E’ fin troppo evidente che il tempo delle canzonette allegre e delle barzellette spinte è passato; e che, se tornerà, ora tornerà a tratti, e solo in dosi ragionevoli. Per l’osservatore spassionato del fenomeno-uomo, tutto cio’ è interessante. Si è ancora una volta dimostrato che l’esperienza è una grande maestra di vita; e che l’apprendimento ch’essa largisce non si arresta ai contenuti della coscienza, ma tracima, per cosi’ dire, informando di sé non solo i modi di pensare, ma anche il sentire, il reagire, la stessa maniera di presentarsi sul palcoscenico dell’esistenza. Io poi, dal mio modesto angolo di osservatore, ho avuto alcune conferme piuttosto significative. Del tuo braccio, la gente si prende non solo il tratto che tu le offri, ma anche un supplemento, un’ aggiunta, quasi per tastare il terreno: evidentemente col premeditato scopo di prendersene sempre di più. Questo è cio’ che si dice: “prendersi confidenza”, e “permettersi”. La persona bennata non si prende mai confidenza, e non “si permette”, neppure col proprio portiere. Bisogna rispettare l’uomo in quanto tale, ovunque e comunque, a parte ogni ruolo sociale e ogni livello d’importanza. Ho avuto il piacere di esser amico di Ladislas Posfay, una delle persone più raffinate d’Europa, e di Francesco Alberto Caracciolo, un nobiluomo talmente tale che Ladislao diceva di lui “è talmente beneducato, che non si capisce come faccia a vivere”. Ebbene, quei due, e tutte le persone per bene come loro, si distinguono per avere un tratto sempre identico, sobrio al millimetro, sia col principe che con il pescivendolo.
Berlusconi invece, per eccesso di bonomia, ha dato troppa confidenza a tutti i maleducati del mondo, che se ne sono approfittati. Ma ora basta. Ristabilisca le distanze, dica: “Io sono io, e tu sei solamente tu”, ed esiga che i trasgressori siano puniti, segnatamente quando si prendono confidenza e “si permettono” addirittura a colpi di teleobbiettivo.
In quanto Capo del Governo, egli ha facoltà di dire chiaramente cio’ che vuole, senza tanti complimenti. Vada avanti con decisione e a muso duro, faccia fare anticamera a tutti, Papa escluso. E sorrida solo dopo aver fatto congruamente attendere chi ha di fronte. Pensi che Sarkozy, che dal punto di vista umano, sinceramente, vale meno d’un terzo di lui, da’ della “cretina” alla giornalista che si permette di frugare nei suoi fatti privati.
Adotti una preziosa norma: quella di non rimandare. Nemmeno di un giorno. Egli ben sa che la baracca sta e starà in piedi finché in piedi ci sta e ci resterà lui. Non vede come i gioviali clowns e altri fantasisti del PD, da quando lui periclita, hanno moderato i toni e abbaiano solo per non far troppa differenza coi latrati di prima? Essi sentono che, se parte lui, partono non solo molte poltrone, ma anche molti spropositi. La loro politica è audace proprio perché sanno che, finché c’è lui, non ci sarà la prova dei fatti. Allungano il passo, si’; ma se lui obliterasse la strada praticabile, resterebbero con la zampa per aria, come il cane che fa pipi’, o, peggio, cadrebbero a faccia in giù. Ricordi tutto questo e, ripeto: faccia oggi quel che si propone di fare oggi, non rimandi più, si incazzi. In una parola, faccia quel che è, e cioè il liberale. Gli concediamo che si’, riuscire ad essere quel che si è, è la cosa più difficile al mondo. E mandi a memoria i meravigliosi versi che Marziale rivolge a “Postumo”, suo interlocutore dal nome eloquente:
…hodie jam vivere, Postume, serum est. “Si’, Postumo: vivere oggi – è già troppo tardi”.
Leonardo Cammarano, 11 giugno 2011
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