LA RIVOLUZIONE POSSIBILE

“Se puoi sognarlo, puoi farlo.” Walt Disney

C’era una volta la rivoluzione liberale. Sono passati quasi vent’anni. Di questa “Forza Italia” si cominciava a parlare in paese, a mezza voce, ed erano quelli del Msi, abbastanza contrariati perchè quella “cosa” stava facendo proseliti. Ed anche un po’ gli sparuti turisti della sinistra chic fiutando il pericolo, che con una smorfia di disgusto dicevano, incontrandoti per strada: “non andrai mica con quello li’? Con Fini, posso capire, ma…” e cominciavano a non invitarci più alle cene.

“Quello lì” era Silvio Berlusconi. Io credo che poi tutto è avvenuto all’opposto di come si racconta. Fummo noi a trascinarlo (non per i capelli, allora non ne aveva) in questa pazza avventura di svegliare l’Italia dall’incubo di mani pulite e restituirle un sogno. Magari lui ci mise i sondaggi e l’efficace comparsa tivì: “l’Italia è il paese che amo!” – “siiiiiii! anche noiiiiiiiiii”. E si aprirono le danze.

Il Centro destra è nato così: insospettabili signori un po’ attempati con vassoi di sfogliatelle, intere serate a discutere, autoconvocati, sui progetti più fantastici, intere famiglie, carrozzine, bambini, zitelle, salsicce, giornalini. Quando poi arrivarono per posta, i distintivi, le cravatte e la cassetta con le istruzioni, fu un tripudio. Rinati dal grigio in una nuova stagione multicolore. Credo che questa Italia che fino ad allora era rintanata in casa, poetando, facendo la maglia, gingillando nipoti fu per il Cav. come gli spinaci per braccio di ferro. Infatti come è come non è, gli crebbero anche i capelli.

Questa variegata moltitudine di uomini e donne si chiama, tecnicamente, paese reale. Sono gli antiideologici per antonomasia, quelli del buonsenso e del senso pratico, che rifuggono ogni eccesso, ma praticano, senza sensi di colpa qualche vizio capitale e l’allegria. Cav era uno di noi, ed ecco perchè se in fondo – non solo per colpa sua, ma anche – in tutti questi anni l’arrosto preparato non è stato granchè abbondante, ci andava bene lo stesso. Prima o poi, batti e ribatti, l’armata dei grigi in doppiopetto e dei parolai si sarebbe stancata e noi avremmo potuto, fulgidamente insieme, compiere la sospirata rivoluzione liberale.

Invece pare si sia stancato lui. Da quel maledetto 14 dicembre, quando ha smesso di essere creativo, accettando di essere un presidente del consiglio come gli altri. Mi chiedo, negli 86 messaggi che il solerte Palmieri gli ha recapitato, dico quelli stile sms che ti lasciano d’ufficio il pensiero a metà, ce ne sarà stato uno che diceva: “Cav! Va dove ti porta il cuore?” Che spieghi che l’intuizione artistica è alla base di ogni creazione, anche di quella politica? Forse la colpa è anche nostra: ci siamo fatti rincitrullire dai savonarola, molto abbiamo coltivato orticelli rinsecchiti, e soprattutto non abbiamo saputo fargli capire che senza di noi, la rivoluzione non era possibile. Gli abbiamo delegato tutto. Troppo comodo accusarlo di non aver formato una classe dirigente: è come colpevolizzare un Preside di essere a capo di una scuola di asini. Non ci sono stati i congressi, è vero. Ma siamo sicuri che i contenuti dei congressi, cosi’ come è fatta la nostra politica, di aria fritta, sarebbero serviti a selezionare dirigenti migliori? Sono i contenuti ad essere spariti dal linguaggio politico. Nelle democrazie compiute ci si aggrega sulle cose da fare. Allora facciamoli anche, questi congressi. Ma la sola maniera di tornare alle origini è che da essi il politichese sia bandito, vietato per regolamento. Noi non vogliamo più sentire Casini si, Casini no, responsabili ed irresponsabili, Cosentino o Carfagna. Non ci appassiona il ballo di Miccichè, vogliamo sentire aspiranti dirigenti ed amministratori che dicano cosa vogliono fare, e non con chi. Sulle cose da fare, sceglieremo gli uomini, senza delega in bianco, pretendendo di controllarli a vista.

E se le cose non si faranno, che si indichino col dito i responsabili: chiaro, amici leghisti? Ne sapete qualcosa, voi, delle province? Non tessere, ma idee. La sola rivoluzione possibile è questa. E sono certa, piacerebbe anche al Cav. Perchè alla storia dei famigli attaccati ad un tirante per far si con la testa, noi, non ci abbiamo mai creduto. Mai. Mobilitiamoci per ricostruire. Si alzino le chiappe dalle sedie. Occorre spregiudicatezza, senso critico e lucida follia per rompere le catene del convenzionale. Il Cav non sorride più? Facciamogli il solletico. La noia uccide il pensiero. Bisogna farla fuori. Subito.

Angela Piscitelli, 8 giugno 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)


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