Piuttosto puerile e stucchevole l’articolo di Claudio Magris “L’assuefazione per quei morti” dove si batte il petto per la poca enfasi data alla notizia dei forse 200 migranti magrebini affogati in un ennesimo naufragio. Modesta la spiegazione antropologica del meccanismo per il quale proviamo dolore. Sentimento forte e vibrante per amici, parenti e conoscenti; debole ed astratto per gli sconosciuti. Qui la colpa. L’incapacità umana di piangere sinceramente coloro i quali non ci sono vicini, con i quali nulla si è condiviso e dei quali nulla – si suppone fino alla tragedia – si è saputo mai. Tipico comportamento da beceri reazionari, mentre la democrazia no, la democrazia è “invece concretamente poetica, perché sa mettersi nella pelle degli altri”.
Fin qui nulla di che, il solito Magris che troppo spesso ricorre al facile emozionalismo per raccogliere il massimo del consenso con il minimo dello sforzo. Da archiviare tra i soliti tre minuti sprecati per leggere l’ennesimo, retorico, buonista, inconcludente, ma politicamente corretto articolo. Fuffa. Invece no, perché colpisce nel profondo lagrima-facile-Napolitano, il quale prende carta e penna e replica: “Caro Magris, lei ha dolorosamente ragione […] occorre allora scongiurare il rischio di ogni scivolamento nell’indifferenza, occorre reagire con forza – moralmente e politicamente – all’indifferenza […] La comunità internazionale, e innanzitutto l’Unione europea, non possono restare inerti dinanzi al crimine che quasi quotidianamente si compie organizzando la partenza dalla Libia, su vecchie imbarcazioni ad alto rischio di naufragio, di folle disperate di uomini, donne, bambini. È un crimine […]”.
Che avvincente gara di anime belle, degna della noiosa retorica da libro Cuore, al tempo un “must” di ogni scuola elementare. Lacrime di coccodrillo e falsità a profusione.
In primo luogo è proprio questa democrazia ad essere reazionaria ed indifferente. In questo Paese è sempre colpa di qualcun altro, la delega è divenuto il modo per mettersi a posto la coscienza, per scaricare il barile e dormire sonni tranquilli. Figuriamoci se il Presidente Napolitano, che ne è il massimo rappresentante, non vi ricorre: Mi sento chiamato in causa, ma pure tutti voi italiani dovete sentirvi colpevoli. Colpa di tutti, colpa di nessuno, anzi colpa dell’Europa.
Bisogna ricordare che proprio Giorgio Napolitano è stato uno dei più convinti fautori dell’interventismo libico. Cosa si aspettava dallo scatenare una guerra, che non ci sarebbero stati profughi? Non sapeva forse che proprio Gheddafi era il primo argine a queste tragedie? Patetico pure appellarsi all’Europa, è una ammissione d’impotenza, una pubblica dichiarazione di inettitudine, dove di fronte al problema che si è contribuito a causare (e non sappiamo ancora veramente perché) si è incapaci di proporre delle soluzioni.
Ma questo è nulla rispetto ad anni di propaganda che vorrebbe farci digerire guerre giuste o sbagliate. Da una parte feroci mostri sanguinari, dall’altra soldati di pace portatori di giustizia. Le guerre non sono giuste o sbagliate, ma convenienti o meno, portate o subite, tutte sono sporche, cattive, feroci. Causano morti, sofferenze, esodi. I metodi sono gli stessi, cambia la tecnologia, ma il fine è l’annientamento dell’altro. Parte della strategia bellica è la mostrificazione del nemico, più è feroce, più la guerra è giustificata. Mostro Gheddafi, ma non Bashar al-Asad. Mostri Milošević e Mladić, ma non il croato Tuđman, riconosciuto responsabile solo post mortem di una tremenda pulizia etnica che vide vittime più di 200mila serbi.
Meglio sarebbe stato un pietoso silenzio a queste lacrime di coccodrillo, più convintamente democratico, umanitario e meno indifferente sarebbe stato industriarsi a trovare una soluzione politica che risolva la crisi, come più volte richiesto da Gheddafi, invece di fare orecchio da mercante.
Attenzione, inoltre, che a causa di questa retorica non ci si trovi un giorno ad essere dall’altra parte della barricata. Un Bossi qualsiasi potrebbe decidere di passare alle vie di fatto, di armare i famosi 100mila fucili per invocare la secessione e, in virtù della sacra autodeterminazione dei popoli, di una esondata primavera non più solo araba, potrebbe ricevere l’appoggio della comunità internazionale. Una Sua reazione, Presidente, in qualità di capo delle forze armate, in difesa della Sua amata Unità Nazionale, della Costituzione, della Bandiera e che versasse del sangue potrebbe essere narrata come feroce repressione degli insorti, come inumana e sanguinaria strage di “innocenti dimostranti”. Non sia mai il Quirinale finisca sotto delle giuste, politicamente corrette, democratiche bombe intelligenti, divenendo così vittima delle sue stesse panzane che oggi va raccontando.
Paolo Visnoviz, 6 giugno 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
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