E’ all’epilogo l’esperienza berlusconiana? Così tanti pensano, anche le mie ultime uscite parrebbero andare in una direzione comune a posizioni che, invece, non condivido. Mi tocca precisare, ricordando che la mia critica è positiva, mai contro Berlusconi, evidenzia la necessità dell’oltre non della Restaurazione.
Criticai Berlusconi già nel maggio 2009, apparendomi chiari i limiti della sua esperienza. Criticavo l’incongruenza tra ampiezza-ambizione della sua politica nel Mediterraneo e forza del paese, debilitata dallo stato del Meridione, del quale tuttora non vedo l’inizio di una revisione radicale dell’impostazione colonizzatrice imposta dal Risorgimento sabaudo-garibaldino e dall’occupazione statalista, dell’economia e dei servizi, della sinistra democristiana. Con questo Mezzogiorno, l’avventura nel Mediterraneo è destinata a fallire e ad essere pericolosa per chi la intraprende. Al proposito consigliavo l’apertura di una Vertenza Europa, per le evidenti conseguenze disastrose per il Paese del Patto di stabilità, in particolare, per il Sud, una vera e propria camicia di forza!
Nei recenti eventi, questa incongruenza, tra ambizioni e forza, afferra l’intero campo del cambiamento che occorre al paese, dell’intervento su Costituzione, Giustizia e fisco. Tutto si tiene e fa corpo con una questione storico-politica, la meridionale, è del tutto naturale che squilibri nazionali e Libia esaltino i limiti, qui segnalati, della forza ora in campo.
In un recente articolo dicevo che, su festeggiamenti dei 150 anni e sulla Libia, Berlusconi rischia di perdere Sud e Bossi, per ragioni essenziali, non per le miserabili critiche di elettoralismo rivolte alla Lega, emerse dalle opposizioni, ma, ancor più grave, dal PdL. Tra politica nel Mediterraneo, debolezza del Sud e governo dei flussi migratori, v’è così evidente connessione che solo i ciechi non la vedono. Quale che sia la profondità della visione nazionale della Lega, è indubbio che essa ha antenne più sensibili ai contraccolpi al Nord della crisi mediterranea, il che, da sempre, spiega il suo spontaneo e naturale riferirsi alla Germania come ancoraggio, ancoraggio forse illusorio, frutto, però, di una percezione esatta del pericolo.
L’appiattirsi di Berlusconi su un superato establishment italiano, su un non meno superato establishment internazionale, Alleanza Atlantica, spiazzata dalla caduta del muro, ed europeismo datato, fronti non a caso collocati sotto l’ombrello protettivo del Quirinale, smentisce la politica finora seguita, interna ed estera, contraddice amicizie come quelle con Putin ed Erdogan, per dire le maggiori, che inevitabilmente alludevano a una revisione del sistema di alleanze che, senza mollare le amicizie, con l’America in primo luogo, richiede forti integrazioni e ridefinizione delle gerarchie, ponendo fine allo stato di figlio di un Dio minore inflittoci dai trattati di pace, sanciti nell’art. 11 della Costituzione del quale si mena vanto, quando è marchio a fuoco di una sconfitta, che Craxi, con Sigonella, ritenne superata da una lunga quaresima, nella convinzione che il nostro Paese potesse tornare nella serie superiore.
Se Berlusconi sviluppa, come credo, questo tentativo, preoccupano il fatto che la sua esperienza sia entrata in un cono d’ombra assai pericoloso e la possibilità di un epilogo infausto. Vale la pena, più del maramaldeggiare di vecchi amici, di chiedersi perché quest’esperimento sembri insabbiarsi e arenarsi?
Se si manca di porre ciò al centro di riflessioni, discussione appassionata e approntamento di decisioni forti e radicali, per il macabro gioco del capro espiatorio, ciò che è in pericolo non è Berlusconi, ma l’unità del Paese e la prospettiva della soluzione dei suoi mali storici. L’unica forza nazionale in piedi è quella creata da Berlusconi, le altre sono territoriali, la sua fine aprirà un periodo di anarchia non necessariamente destinato a concludersi con un nuovo processo unitario, con un vero Risorgimento.
Forse occorre sparigliare di nuovo, un nuovo Predellino sul quale, però, salga, questa volta, direttamente, il popolo. Bisogna riconoscere che il PdL è un Ircocervo pieno di aspiranti Maramaldo. Mitico, strano animale, l’Ircocervo caprone e cervo, veloce come cervo, subito si stanca e, caprone, frena. E come frena!
Il primo Predellino ebbe un alleato nell’opposizione, tuttora c’è, forse più forte, anche lì si è fatta strada l’idea della legittimazione popolare, il cervo, non di quella dei quadri di partito, il caprone! Le Primarie, istituzionalizzate per legge, magari di iniziativa popolare, sono la soluzione perché territorio e popolo selezionino candidati ed eletti, una nuova leva politica, Costituente!
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