«Il mio amico Berlusconi ha commesso un crimine». Il beduino non conosce il politichese, e non lo conosceva neanche il Cavaliere, prima che chissà quali congiunture misteriose gli imponessero di diventare un politico tra tanti.
Non conosco il deserto, né mi attira l’avventura, ma questa vicenda libica mi ha scatenato una irragionevole voglia di vincere tutte le mie fobie, ed andare laggiù, a vedere che succede davvero. Quando qualche mese fa sono cominciati a cadere a cascata tutti i cosiddetti “regimi” tutta la stampa nazionale ed internazionale si è fatta in quattro a batter grancassa plaudente, inneggiando ad una nuova e fiorente primavera democratica in tutto il Medio Oriente. Dittatori che scappavano, altri dati per morti in un’atmosfera da lieto fine di ultimo giorno di scuola.
Quando poi, dopo qualche tempo la cosiddetta “primavera democratica ” ha cominciato a germogliare pure in Libia, di tutto il resto, non si è parlato più.
Dissero che il colonnello era scappato, con un aereo per mettersi al sicuro da qualche parte. Era una balla. Lo vedemmo rispuntare, per nulla ammaccato, sotto un ombrellino che lo riparava da una pioggia torrenziale, fiero delle macerie che gli cadevano addosso a dire al suo popolo “Sto qui, e qui rimango e farò fuori i ribelli. Morirò nel mio paese.” Ma dico, volete mettere uno così a paragone di quattro rivoltosi piagnoni che da un lato vantano finte vittorie e dall’altro piagnucolano che hanno bisogno delle potentissime armi occidentali per eliminare il tiranno?
Chiese più volte gli osservatori dell’Onu. Nessun rispose. Adesso saggiamente chiede il cessate il fuoco e lui, che sarà beduino, sanguinario (come gli altri, nella peggiore delle ipotesi), mentre si difende è capace di lanciare anche l’iniziativa politica. E non solo. Le parole del deserto non sono parole a caso: “Il mio amico Berlusconi ha commesso un crimine” vale, a mio avviso, più di tutti i corpi diplomatici europei messi insieme. Perché dice con chiarezza: “hai sbagliato, ma non costringermi a farti la guerra, potresti essere il mio interlocutore, se fossi un uomo del deserto come me, un uomo con l’ombrellino nel diluvio che sa comandare e sa sbagliare da solo.”
Che cosa c’è oggi tra Silvio Berlusconi e la verità? Cosa lo costringe a dire e fare cose che non pensa e non approva? Perché all’improvviso lui, che era un combattente, una specie di beduino di Arcore, si è arreso?
La risposta è forse nella sibillina e laconica frase di Luttwak: “Non è gratificante per gli altri capi di stato incontrare Silvio Berlusconi”. Rimasta senza seguito e senza spiegazioni. Lutwak non è mai stato un antipatizzante. Tutt’altro. Cosa voleva dire e non ha detto? Voleva forse dire che dopo aver tentato la via giudiziaria, invano e con dispendio di energie, i famosi poteri forti internazionali sono riusciti con la potentissima arma del pettegolezzo e della messa alla berlina? Il Cav ha l’aria di avere una ferita nel fianco. Sorride poco e male. Eppure se parlasse, se dicesse la verità, non sarebbe tradito dal suo popolo.
Ma pensate che colpo: togliersi dalle scatole due “irregolari” in un sol botto, il colonnello e il cavaliere? Umberto Eco quando era intelligente, molto tempo fa, divise il mondo umano tra apocalittici ed integrati.
Il mondo “aux normes” ci sta stretto perché è bugiardo. Ci racconta un mondo perfetto che non esiste per colpevolizzare noi, imperfetti apocalittici. E vince, vince sempre. Amico Berlusconi, non vorrai mica finire da integrato?
Angela Piscitelli, 30 aprile 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
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